Com’è il Ramadan quando sei una drag queen

Asifa Lahore, inglese e musulmana, racconta il dolore e la bellezza della sua ricerca spasmodica di mediazione tra Islam e mondo LGBTQI.

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Asifa Lahore è un personaggio interessante che tanto racconta delle tensioni del nostro tempo perché in qualche modo cerca di tenere insieme cultura tradizionale musulmana e mondo LGBTQI. Londinese nata in Pakistan, Asifa si esibisce col sari e rivendica il suo amore per l’Islam, senza però rinunciare alla sua identità queer. In un articolo per Gay Star News ha raccontato come vive il periodo del Ramadan una drag queen musulmana (che certo vive a Londra, quindi in una situazione molto più leggera rispetto a altri contesti geografici e culturali).

Il Ramadan è, per i musulmani, il mese in cui si pratica il digiuno diurno. Con esso viene celebrato l’annuncio della Rivelazione fatta dall’angelo Gabriele a Maometto e durante questo periodo è precetto inderogabile che ci si astenga (dall’alba al tramonto) dal bere, dal mangiare, dal fumare e dall’avere rapporti sessuali. Ma com’è vivere il Ramadan quando sei una drag queen?

“Ho sempre avuto un rapporto di amore/odio con il Ramadan” confessa Asifa, “i miei primi ricordi risalgono alle feste in famiglia in Pakistan, quando vedevo parenti e vicini di casa alzarsi prima dell’alba per mangiare e pregare. Alla sera quando il digiuno veniva interrotto si facevano delle cene coloratissime con del cibo delizioso. Amavo essere parte di quella cosa, iniziai il mio primo digiuno quando avevo nove anni, a Londra”.

L’iniziale senso di unione e armonia però col tempo lasciò il posto a un’inquietudine insopportabile. I problemi di Asifa non sorsero tanto per il digiuno in sé: “stare senza mangiare e senza bere è impegnativo ma il corpo e il cervello si abituano. I musulmani inglesi lo vedono come un periodo di detox”. Le difficoltà di Asifa maturarono soprattutto alla fine dell’adolescenza, quando ancora non era dichiarata e le tensioni in famiglia presero a farsi intollerabili. Iniziò allora a odiare il Ramadan in quanto rappresentava il culmine del suo doloroso conflitto interiore in quanto individuo musulmano LGBTQI. “Per rispettare le regole del Ramadan, che sono fondate su sottomissione, sacrificio e riflessione, avrei dovuto stare un mese senza frequentare i locali, senza andare ai gruppi di supporto e avrei dovuto non fare sesso. Lo vedevo come una cosa troppo estrema”.

 

Asif Quraishi who performs as drag queen Asifa Lahore.

Asifa iniziò allora a ignorare il Ramadan. Tenere insieme i due aspetti della sua identità era troppo difficile, così decise di rifiutarne uno dei due: “Non avevo ancora fatto i conti con chi ero all’epoca, non avendo incontrato altri musulmani LGBTQI e non mi era chiaro cosa il Ramadan rappresentasse per me o se quella cosa mi riguardasse. Era più semplice andare a ballare, mangiare quello che volevo e osservare dall’esterno il digiuno della mia famiglia”. La posta in gioco non era affatto bassa: il digiuno durante il Ramadan rappresenta uno dei Cinque pilastri dell’Islam. Chi non lo rispetta è colpevole di empietà massima e viene escluso dalla condizione di musulmano. In alcuni paesi a maggioranza islamica è imposto per legge: il mancato rispetto del digiuno nei luoghi pubblici è sanzionato penalmente in quanto urta la morale comune.

Quando Asifa decise di parlare apertamente ai suoi genitori della sua identità le cose presero una piega ancora diversa: “fu un’enorme liberazione che mi aiutò a rimettere insieme fede e identità sessuale. Ripresi a fare ciò che la maggior parte della comunità LGBTQI musulmana in UK oggi fa, ovvero smettere di uscire la sera, di bere e avere contatti sessuali per un mese: sottomissione e sacrificio totale. Ma questo mal si conciliava con il mio modo di essere. Tornai a sentire un senso di disequilibrio. Rifiutare tutto ciò che aveva a che fare col mondo LGBTQI era estremo come rifiutare il Ramadan”. 

Negli ultimi anni Asifa dice di aver maturato un nuovo punto di vista sulla faccenda e di aver trovato almeno alcune delle risposte che ha sempre cercato. “Dal 2014 il Ramadan cade durante il mese del Pride di Londra. Come ogni drag vi potrà confermare il mese del Pride è un periodo in cui si guadagna molto ed è anche importante per l’aspetto celebrativo e politico. Il momento perfetto insomma per risolvere il mio dilemma. Nel 2014 ho deciso di rispettare il digiuno, andare alla parata, pregare e poi alla sera esibirmi. È stata un’esperienza sfiancante ma appagante perché ho fatto quello che entrambe le mie identità volevano fare. L’una non era venuta meno a causa dell’altra, non sperimentai il senso di vuoto che avevo sempre avvertito”.

Asifa, va detto, rappresenta un caso più unico che raro: se è vero che la comunità LGBTQI musulmana oggi è ancora divisa su quale sia il miglior modo di praticare il Ramadan, la maggioranza non sarebbe d’accordo col suo modo di praticarlo. Girare per locali, andare alla parate e esibirsi mentre si digiuna poco si accorda col senso di penitenza e riflessione richiesto dal periodo. “La maggior parte delle persone LGBTQI non esce durante il Ramadan e solo pochi vanno alla parata e alle altre celebrazioni del Pride. Tutti i locali gay asiatici chiudono per un mese”. Con l’immaginabile impatto anche economico sulla vita di queste persone.

Insomma, se molti finiscono per abbracciare un estremo o l’altro – l’espressione personale o il rispetto della tradizione – quella di Asifa sembra una terza coraggiosa, spregiudicata via mediana. Ci tiene però lei stessa a sottolineare come per molti le cose siano ancora assai complicate, anche se vivono in Occidente. La strada per molti è ancora molto lunga e il capitolo sui nuovi possibili modi di intrecciare e far convivere le identità pressoché ancora tutto da scrivere.

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