Singapore: si è tenuta il 4 giugno l’annuale “Pink Dot Parade”, il gay pride locale. A differenza di altre parate, quella di Singapore è un evento a rischio carcere visto che l’omosessualità è ancora reato: l’articolo 377 del codice penale dell’Impero Britannico la criminalizza con 2 anni di prigione. Ma dal 2009, anno della prima edizione, sono sempre più i cittadini che con coraggio scendono in strada. L’anno scorso si sono superati 28mila partecipanti. La lista dei diritti chiesti è lunghissima visto che non sono riconosciute le unioni civili né, ovviamente, le famiglie omoparentali. Non bastasse, radio e tv hanno il divieto esplicito di promuovere l’inclusione della comunità LGBTQI nella società.
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Invece di far volare lanterne rosa come da tradizione, i partecipanti hanno scritto i loro pensieri su un cuore rosa e poi hanno formato un enorme “pink dot”, appunto, visibile dall’alto. Non esiste una piazza abbastanza grande per poter tenere assieme tutti i partecipanti, e quindi il punto era più una linea, sparsa per una vasta zona della città.
Quest’anno, oltre alle 15 associazioni che organizzano l’evento, ci sono stati grandi sponsor: Facebook, Apple e Microsoft si sono uniti a Google e Barclays che sono in partnership già da anni.
Il ministero degli affari interni di Singapore ha però rilasciato ieri una dichiarazione con cui chiarisce che intende far sì che in futuro sponsor stranieri non interferiscano più con la vita sociale e politica del paese, specialmente su questioni delicate e controverse. “Queste sono questioni su cui i cittadini di Singapore devono poter decidere in autonomia. Le questioni LGBTQI sono tra queste“. Il governo non specifica che tipo di azioni verranno intraprese. Gli organizzatori della manifestazione non si sono lasciati intimorire e hanno precisato che le aziende in questione sono in realtà parte del tessuto sociale ed economico di Singapore, dando lavoro con le loro sedi a molti cittadini.
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