I gay italiani hanno tanti difetti, ma non si può dire che manchino di prudenza. La maggior parte di loro è sempre molto attenta a non dare nell’occhio e a fugare ogni possibile sospetto, anche a costo di costruirsi una facciata "etero" con tanto di moglie e figli a carico. Difficile dire dove finisce la prudenza e dove inizia l’omofobia interiorizzata. Sta di fatto che il gay medio italiano sta alla larga dalle situazioni compromettenti e non parteciperebbe a un video hard gay nemmeno se venisse pagato a peso d’oro, soprattutto se ha una famiglia o una carriera "normale" da portare avanti. Invece lungo le due coste degli Stati Uniti, dove la realtà gay è vissuta in maniera più libera e meno conflittuale, molti gay non si sentono troppo vincolati ai pregiudizi e ai problemi legati all’omofobia.
Anche per questo motivo i ragazzi che fanno casting presso le case produttrici di hard gay non mancano mai. Purtroppo però queste realtà rimangono delle isole felici, e l’omofobia è sempre in agguato. Ne sanno qualcosa quei "performers" (questo è il nome tecnico degli attori hard) che non circoscrivono la loro vita e il loro lavoro nelle città costiere gay friendly come New York, San Francisco e Los Angeles. L’ultimo caso di discriminazione ha coinvolto il performer emergente Roman Ragazzi: ovviamente si Oltreoceano l’omofobia colpisce gli attori hard: anche il figlio di Jeff Stricker picchiato dai compagni di scuolatratta di un nome d’arte, visto che all’anagrafe si chiama Dror Barak.
Il problema nasce dal fatto che Roman Ragazzi è un disinibito performer gay con un corpo da urlo, mentre Dror Barak era un ufficiale presso l’ambasciata israeliana delle Nazioni Unite. Ho detto "era" perchè dopo che un giornalista in cerca di scoop lo ha scoperto e ne ha parlato lo scorso 4 maggio sul New York Post (realizzando un outing in piena regola) il povero Dror Barak/Roman Ragazzi è stato silurato dall’ambasciata. Forse la carriera di performer inficiava il suo lavoro nell’ufficio amministrativo? A quanto si dice al ragazzo interessava davvero fare politica ed era molto preparato, ma ora deve fare i conti con l’ipocrisia e il perbenismo di un ambiente che non tollera gli omosessuali troppo disinibiti.
Altri ambienti, però, sono ancora meno tolleranti. Nel settembre del 2004 un quattordicenne di nome Joseph Peyton era stato pesantemente aggredito da nove coetanei all’uscita della scuola che aveva cominciato a frequentare, finendo all’ospedale. Per quale motivo si erano accaniti tutti contro il povero Joseph? Quando suo padre commentò l’accaduto davanti alle telecamere tutto divenne più chiaro: lui era Charles Peyton, meglio noto con il nome di Jeff Stryker, icona del cinema hard gay e bisex degli anni 80 e 90. A quanto pare non aveva considerato che, trasferendosi in una cittadina di provincia (proprio a causa dei problemi di bullismo avuti dal figlio), avrebbe potuto correre ugualmente questo tipo di rischi.
Oltretutto la scuola di Joseph era piena ragazzi ispanici e armeni, ovvero molto cattolici…Una situazione poco felice che però fa riflettere: negli Stati Uniti ci sono dei gay che vogliono essere performers, anche se questo comporta dei rischi concreti, ma da noi tanti gay rinunciano ad essere semplicemente se stessi pur rischiando molto meno.
Video shock sull’aggressione omofoba al figlio di Jeff Stryker.
di Valeriano Elfodiluce
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