Un’idea per un regalo chic? Le lampade ‘queer’ di Orlando Montserrat

Intervista all’architetto venezuelano fondatore dello studio milanese ‘Montserrat1968’ che realizza stilose ‘microarchitetture per l’illuminazione’. “La clientela gay? Più attenta al design d’autore”.

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Cercate un regalo raffinato e vi state strologando sperando che s’accenda la lampadina con l’idea giusta? La risposta è insita nella domanda, ovvero: perché non scegliere una stilosa lampada di design, ideale per qualsiasi ambiente, bella e funzionale? Può venire in aiuto a questo proposito ‘Montserrat1968’, studio milanese di design nato cinque anni fa dalla passione, dalla curiosità e dal coraggio imprenditoriale di tre professionisti – l’architetto venezuelano 45enne Orlando José Montserrat Freites e gli artigiani milanesi Mauro e Giovanni Ardemagni – la cui sinergia ha dato vita a eleganti creazioni che definiscono “microarchitetture per l’illuminazione che non si prefiggono di provocare effimeri stupori, ma di essere il naturale frutto di continui impulsi innovativi”. Opere di alto design in cui l’essenzialità della linea è legata indissolubilmente alla praticità e a un’attenzione particolare all’impatto eco-sostenibile. La lampada ‘Alfalfa’, realizzata con Mirco Fragomena nell’ambito del progetto Decò Ter a maggio 2013, ha anche vinto il Premio del Pubblico alla Triennale di Milano. Potete trovare i loro lavori sul sito www.montserrat1968.com. Abbiamo intervistato l’anima dello studio, il designer Orlando Montserrat, attivo a Milano da oltre dieci anni.

Lo slogan della ‘Montserrat1968’ è “different design”. In che cosa è differente?
È al di fuori dei soliti canoni. Quando nasce un’idea cerco di passare direttamente alla realizzazione del prodotto finale. Non faccio né rendering né prototipi e soprattutto non seguo le tendenze del momento. Mi piace l’idea che le mie opere possano essere definite ‘queer’, eccentriche.

Credi che la clientela gay sia più attenta al design d’autore?
Assolutamente sì. Ma non faccio differenza tra chi è gay e chi non lo è, è un modo di distinzione che odio. Una persona è una persona. Ma chi fa architettura spesso è gay perché di solito ha una sensibilità molto particolare. I gay amano le cose belle per natura, anche se non sempre: alcuni hanno gusti davvero trash. Ma di solito prediligono il dettaglio curato. All’omosessuale piace essere in contatto con le cose belle.

Come nasce l’ispirazione per realizzare le tue lampade?
È molto varia. Io lavoro continuamente, anche quando dormo. Spesso mi sveglio di notte con un’idea che devo assolutamente disegnare prima che svanisca. Faccio uno schizzo, lo metto via. Poi lo recupero e lo sviluppo. Devo quindi scoprire che funzioni per me e per tutti gli altri. Realizzavo lampade già quando ero studente, alcune delle opere che propongo adesso erano idee di quando ero un ragazzetto.

Quali sono i materiali che preferisci?

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Preferisco quelli duttili che si possono modellare come dico io. Così posso creare forme nuove, sperimentare. La creazione delle mie lampade nasce dal gioco con i materiali. A me piacciono molto l’acciaio e il metallo sia smaltato che bianco. Cerco le trasparenze per giochi di luce e ombre. Per esempio, nella lampada ‘Narciso’ ci sono due calotte divise da una lastra d’acciaio lucido: se la vedi dall’alto, riflettendosi, si completa la metà che manca. Sembra intera ma è solo un gioco.

L’eco-sostenibilità è particolarmente importante per la Montserrat1968…
Sì. Di solito utilizzo LED per quanto riguarda la luce e non lampadine a basso consumo perché contengono il mercurio, preferisco evitarle. Ma i LED che utilizzo si trovano normalmente in commercio. Il LED ha una durata incredibile, più lunga di qualunque lampadina. Non scalda e non inquina l’aria mentre gli alogeni bruciano ossigeno. Fino a poco tempo fa il LED serviva solo come segnaletica e non riusciva a illuminare: ora è stato potenziato.

Le tue origini venezuelane hanno influito nel tuo lavoro?
Sì, in particolare due famosi artisti venezuelani: Carlos Cruz Diez e Jesus Rafael Soto. Il primo lavora con forme in movimento, il secondo su forme statiche. A Caracas i passaggi pedonali sono stati disegnati dal cinetista Carlos Cruz Diez come anche il pavimento dell’aeroporto internazionale e molte facciate di palazzi che s’integrano col contesto urbano. Da noi le stazioni della metropolitana sono vere e proprie gallerie d’arte moderna contemporanea. L’Università Centrale del Venezuela è patrimonio dell’Unesco: in ogni aula ci sono opere di Calder. L’arte la respiriamo nell’aria. Oltre alla luce e al mare tutto l’anno.

Come mai hai dedicato diverse opere all’architetto spagnolo Santiago Calatrava?
Lui fa in grande ciò che io faccio in piccolo: la ripetizione delle forme per creare altre forme. Mi piace tantissimo. Non trovo ispirazione nelle sue opere ma molta similitudine nel suo modo di pensare quando si crea: una cosa deve essere bella ma funzionale. Non necessariamente gli spazi devono essere utili se occupati: anche il vuoto può essere utile. Condivido in pieno questa idea anche se forse inconsciamente a livello artistico.

Tornerà la mostra ‘Fluiditas’ di cui sei stato direttore artistico?
Mi chiedono di rifarla, vedremo. Era un’esposizione del 2011 allestita nel Giardino d’Inverno dell’Acquario Civico di Milano, ideata e creata da me. Aveva come tema principale l’acqua. Tracciava un percorso tematico e un itinerario creativo alla scoperta di segni visivi e di immagini archetipiche sulla simbologia acquatica nei popoli primitivi dei camuni e dei Caribes, attraverso le lampade di Montserrat1968 e con l’apporto delle ceramiche di Artek design.

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