Festival gay, festival camp. Così titolava qualche giornale sciattino a proposito dello spazio che le tematiche omosex hanno avuto in questo Sanremo 2001. Più che altro Festival schifezza, ma diremo poi. Allora, per la precisione: Raffaella Carrà era un’icona gay. I gay l’hanno sempre amata e sostenuta durante tutta la carriera. Lei lo sapeva e se ne è bellamente strafregata. Ha invitato Eminem che canta “Tu fottuto frocio/ ti ammazzo/ scopiamo gli animali”, ecc., ecc. Incensandolo come il miglior artista rap dell’orbe terraqueo. E’ stata la regista occulta di un candido siparietto Grillini – Ceccherini al dopofestival, buono solo per risollevare le sciagurate sorti del programma di Papi e ha chiesto scusa perchè Brian Molko (che è gay) ha rivitalizzato il mummificato proscenio dell’Ariston spaccando una chitarra, da vero signore del rock.
Un’illustre collega de La Stampa ha scritto: “far presentare il Festival a qualcuno che chiede scusa perchè Molko ha rotto la chitarra, è come far seguire una partita di calcio ad un esperto di rugby”. Ci permettiamo anche di più: definire icona gay chi balletta con le stesse movenze di un orsacchiotto a pile sulle note di una canzone omofoba e violenta è come nominare Bossi direttore artistico del World Pride.
Ma entriamo nel dettaglio:
Carrà – Presenta il Festival come Carramba. Ma il Festival non è Carramba e gli ascolti lo provano. Su un palcoscenico ornato di fiori spelacchiati muove le sue zampotte da cinghialina, ride sguaiata e si esibisce in penosi intermezzi. Alla sufficienza arriva solo nel duetto con Fiorello, ma certo non per merito suo. Il massimo del disgusto si rileva durante il balletto con le violiniste dell’orchestra Rai. Di cui non ce n’è una che vada a tempo. Del resto, sono musiciste, mica ballerine. E poi “Siamo donne” è una brutta canzone anni ’80 che ci eravamo già dimenticati, era proprio necessario riesumarla?
Raffaella ammette a denti stretti l’immane fiasco e in conferenza stampa si mette a cantare, suscitando più compassione che comprensione.
Per il resto non dimostra di avere nessuna intesa con gli altri componenti del cast, Iapino compreso. Consigliata lunga pausa di riflessione in Spagna.
Megan Gale – Nonostante ogni malignità è una bellissima ragazza. Ma buona solo per gli spot dei telefonini. A Sanremo si limita a fare la bella statuona e a incazzarsi con Ceccherini. Uno sbaglio madornale degli organizzatori.
Papi – Il terrorista del dopofestival non è un imbecille, ma nessuno se ne accorge. Insulta, senza volere, i cari immigrati argentini, litiga con Ceccherini e viene rimbalzato da tutti gli ospiti internazionali. Crediamo che desideri al più presto dimenticare la sua partecipazione a Sanremo. Anche noi.
Ceccherini – Ma chi credevano di avere alle mani, gli organizzatori? Corrado Augias? Ceccherini, abitualmente, dice una parola e cinque parolacce. Lo sanno tutti, fuorchè la Carrà e Maffucci. Per come lo hanno ingabbiato si è comportato fin troppo bene. Ha ironizzato sul proprio essere gay senza grevità. E se poi ha fatto qualche mano morta, non è il caso di inalberarsi tanto!
L’organizzazione – Speriamo se ne vadano tutti a casa. Prima Clinton, poi Madonna, poi questo, poi quello e alla fine nessuno. Gli ascolti a picco, le canzoni terribili, le continue sedute di autocoscienza durante le conferenze stampa. Una Caporetto totale.
I cessi dell’Ariston – Ultimamente molto considerati a causa dei falsi amplessi descritti da uno scemo, titolare di rubrica su un quotidiano poco letto. Sono fetidi, sporchi e piccolissimi. Credete, neanche dai quei luoghi oscuri sarebbe stato possibile trarre qualche timida emozione.
di Paola Faggioli
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