Regno Unito: è allarme “chemsex”, sesso sotto sostanze stupefacenti

A lanciarlo è il British Medical Journal che parla di priorità di salute pubblica

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Chi è stato a Londra sa bene che il problema esiste. Ma sa bene che questo non riguarda né solo Londra, né il Regno Unito. Anche in Italia, specie sulle app di incontri, ci si imbatte a volte in alcuni profili che riportano questa parola allusiva che non tutti capiscono, “chemsex”: chi la scrive, fa riferimento a questa “moda” che viene in particolare dai paesi del nord (Regno Unito e Germania in primis) per la quale, imbottendosi di sostanze stupefacenti, si da vita a party con sesso di gruppo per nottate intere o addirittura per weekend. E’ il prestigiosissimo British Medical Journal ad aver lanciato l’allarme, parlando addirittura di “priorità di salute pubblica“.

Leggi anche l’intervista a Paolo tra amori, droghe, sesso e salute: “non rinunciate mai a voi stessi”. Hai una storia da raccontarci al riguardo? Scrivila nel forum dedicato o mandaci una mail a redazione@gay.it

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Il fenomeno è conosciuto molto bene e, come sappiamo, riguarda non solo le case private, ma anche alcune discoteche e, ancor più, certi cruising. Le sostanze tipicamente usate sono quelle che provocano euforia ed eccitamento sessuale: il GHB (gamma-idrossibutirrato) più conosciuto come “G”, il Gbl (gamma-butirolattone), il mefedrone e le metanfetamine (crystal meth). I primi due sono potenti disinibitori psicologici ed anche lievi anestetici, mentre le altre sono stimolanti fisiologici che aumentano la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna ed innescano euforia ed eccitazione sessuale. Utilizzando queste sostanze, sta crescendo questa “moda” di fare nottate intere a far sesso spesso di gruppo organizzando party ad hoc e invitando altri uomini. In certi casi, si arriverebbe a organizzare party di 72 ore. “Racconti aneddotici e alcuni piccoli studi qualitativi del Regno Unito – riporta l’articolo del giornale inglese – ci dicono che le persone che praticano il “chemsex” sostengono di avere una vita sessuale migliore, perché così riescono a ridurre le inibizioni ed ad aumentare il piacere sessuale. Tali sostanze facilitano l’eccitazione in modo sostenuto e inducono una sensazione di poter avere rapporti immediati con i partner sessuali. Alcuni utenti segnalano che le utilizzano per gestire anche i sentimenti negativi, come la mancanza di fiducia e autostima, l’omofobia interiorizzata, e la stigmatizzazione del loro status di sieropositività”.

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L’unico studio quantitativo fatto al riguardo è il “Chemsex Study ” della The Health Foundation: di 1142 omosessuali intervistati in tre città inglesi, circa un quinto ha utilizzato il “chemsex” negli ultimi cinque anni e un 10% nelle ultime quattro settimane. Nella comunità gay, pertanto si tratterebbe di una minoranza, anche se, riporta sempre il giornale inglese, il 64% di coloro che si sono rivolti ad Antidote (una sorta di SERT londinese specifico per le persone LGBT) lo ha fatto proprio per queste sostanze.

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Le sostanze di cui stiamo parlando non sono esattamente innocue: il mefedrone e il crystal meth possono creare una potente dipendenza psicologica, mentre il GHB ed GBL possono dar vita ad una pericolosa dipendenza fisiologica. Fare sesso compulsivo, senza mangiare o dormire, per nottate o giorni interi, è evidente possa poi nuocere alla salute generale. Chi ne fa uso, poi, non può sempre poi essere ammesso alla profilassi post-esposizione per la trasmissione dell’HIV, la cosiddetta PREP: in molti casi, infatti, sarebbe troppo tardi per intervenire. Un aumento del numero dei partner sessuali può ovviamente anche aumentare il rischio di contrarre altre malattie sessualmente trasmissibili. I dati in possesso dicono che la media dei partner sessuali per ogni “sessione” è di cinque e che il sesso non protetto è spesso (ma non sempre, grazie al cielo) la norma. Vi sono poi alcune pratiche del “chemsex” particolarmente pericolose: in particolare iniettarsi le sostanze, pratica che sarebbe in uso, viene definita come una vera e propria “tempesta perfetta” per la trasmissione sia del virus dell’HIV che di quello dell”epatite C.

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Aldilà di ogni facile moralismo (la notizia è stata data da alcuni quotidiani conservatori italiani in modo vergognoso), è chiaro che il problema esiste e non vada sottovalutato, specie all’interno della nostra comunità. Tacerlo sarebbe completamente sbagliato. Diversamente, sarebbe bene che l’approccio pragmatico inglese fosse importato anche nel nostro paese dove su questi temi c’è sempre la solita ipocrisia di fondo: se proprio uno deve infatti usare sostanze stupefacenti per far sesso, infatti, andrebbe invitato con campagne informative a farlo consapevolmente, badando alla propria salute, senza esagerare e soprattutto prendendo tanto più le dovute precauzioni per evitare malattie a trasmissione sessuale, ad iniziare dall’HIV. Infine, purtroppo, nel nostro paese non ci risulta esistano associazioni impegnate sul tema. Ma, purtroppo, si sa, siamo in Italia.

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