“Gay di merda, fissi il mio ragazzo?!”. Picchiato a sangue va in coma

L'aggressione su un bus di Genova, il giovane stava tornando a casa dalla fidanzata

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Per aizzare il branco è bastata un’occhiata: “Gay di merda, ma che cazzo guardi?! Il mio ragazzo?!“, ha esordito la ragazza seduta davanti a lui. Luca in quel momento aspettava con un amico la partenza di un autobus notturno per tornare a casa. “Niente, ero sovrappensiero“. Ma il gruppo cercava la rissa e per i due amici si è messa malissimo: li hanno pestati in sei, tra loro anche due ragazze, usando persino delle catene. Dopo essere sfuggito ai suoi aggressori, Luca è tornato a casa e ha raccontato tutto alla sua fidanzata, spiegando che li avevano massacrati soltanto perché li credevano omosessuali. Luca non sapeva che le percosse gli avevano provocato un ematoma celebrale che dopo una settimana lo avrebbe mandato in coma, ridotto in fin di vita e costretto ad un intervento neurochirurgico d’urgenza che lo ha salvato in extremis. Nonostante al momento Luca non parli e lo alimentino a fatica, amici e familiari hanno ricominciato a sperare di vedere il ragazzo di prima.

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La procura di Genova ha aperto un’inchiesta per tentanto omicidio e mentre si cercano i responsabili dell’aggressione, l’autista del mezzo, che non ha mosso un dito (manco una telefonata) per bloccare il massacro, è stato denunciato dagli inquirenti con l’accusa di favoreggiamento. Pochi gli indizi per chi indaga, l’unica traccia è rappresentata dalla sequenza del pestaggio, ricostruita solamente attraverso dichiarazioni indirette: l’amico di Luca ha lasciato Genova e l’unica in grado di fornire una pista utile è la compagna del ferito più grave.
La ricostruzione: 14 luglio, Luca (nome di fantasia), quarantenne, ha trascorso la serata nel centro storico bevendo qualcosa nei pressi del suo luogo di lavoro. Alle 3.49 l’sms alla ragazza per avvisare che sarebbe rientrato poco dopo perché in procinto di prendere l’autobus. Il finimondo appena saliti sull’ “1”. Scesi dal mezzo Luca e l’amico barcollano per i colpi, ma riescono ancora a reggersi in piedi. Luca, il più malridotto, rientra a casa in taxi, racconta dell’accaduto alla fidanzata Chiara (altro nome di fantasia), e ribadisce di non voler andare in ospedale. Fra il 21 e il 22 luglio le sue condizioni si aggravano, e Chiara chiama un’ambulanza. Giunti all’ospedale Villa Scassi Luca viene immediatamente sottoposto alla Tac: i risultati sono allarmanti, il giovane viene immediatamente dirottato al Galliera per essere operato d’urgenza, ed entra in coma farmacologico. Solo il 23 luglio i carabinieri vengono a conoscenza della situazione gravissima del ragazzo (la prognosi è ancora riservata), che ormai non può raccontare nulla.

Genova, estranea a questo genere di episodi, è sotto shock. Nessuno si aspettava un aggressione omofoba nella città che oltre ad aver ospitato lo Human Pride pochi giorni prima, ha istituito il registro delle unioni civili. Forse, dice la ragazza, “il suo look eccentrico” ha creato l’equivoco, se così lo vogliamo definire. Nella speranza che Luca si riprenda presto e questo gruppo di “bestie” venga affidato alla giustizia, non mancheremo di tenervi aggiornati.

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