Carlo Deodato, classe 1967, è il giudice del Consiglio di Stato che ha redatto la sentenza che ha bocciato le trascrizioni all’estero. Il Consiglio di Stato (III sez., Pres. Romeo, Rel. Deodato) ha infatti deciso sull’appello promosso dal Ministero dell’Interno e dai Prefetti delle Province di Roma, Napoli, Pesaro Urbino, Milano e Udine, contro la sentenza del Tar del Lazio che, accogliendo il ricorso presentato dal Codacons, bocciava non solo la circolare Alfano sulle trascrizioni dei matrimoni tra coppie omosessuali contratti all’estero, ma anche gli atti dei Prefetti che avevano annullato le trascrizioni registrate dai sindaci. Ciò che manca alla coppia omosessuale, hanno detto nella sentenza pubblicata stamani i giudici del Consiglio di Stato, è un requisito essenziale che definiscono «ontologico»: la diversità fra i sessi. Se l’Italia vuole davvero riconoscere l’unione fra coppie dello stesso sesso allora deve introdurne il principio: senza di quelli, sostiene il Consiglio di Stato, i matrimonio celebrati all’estero da coppie di cittadini italiani omosessuali non possono essere trascritte.
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Ma non è un caso.
Carlo Deodato, infatti, su Twitter si presenta cosi: “Giurista, cattolico, sposato e padre di due figli. Uomo libero e osservatore indipendente di politica, giurisdizione, costumi, societa'”. E’ lui che ritwitta post come questi, della rivista cattointegralista “I Tempi” e di “La Nuova Bussola Quotidiana”:
#Gender a scuola. L’emendamento Pd e le firme per fermarlo https://t.co/rEKvG3SMX3 pic.twitter.com/MhHuvl4ZCv
— TEMPI (@Tempi_it) 5 Maggio 2015
La nuova #Resistenza si chiama difesa della #famiglia. @sentinpiedi https://t.co/2YK1cuquWv pic.twitter.com/Fy9o5U5gZU
— la nuova BQ (@lanuovaBQ) 25 Aprile 2015
Insomma, su questi temi, Deodato la pensa in modo molto chiaro. In barba all’articolo 111 della Costituzione che recita: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale.”
Immediata la reazione di Rete Lenford, la rete di avvocati LGBT. “Il relatore della sentenza non è affatto persona imparziale“, denunciano ancora i legali di Rete Lenford, che contestano poi nel merito la sentenza del Consiglio di Stato su alcuni punti: “Il verdetto si regge su una interpretazione errata del diritto civile e costituzionale. L’articolo 115 del codice civile – sostengono gli avvocati – ha un contenuto differente da quello che sostiene il Consiglio di Stato. Esso fa espressamente riferimento solo e soltanto agli articoli del codice sulla maggiore età, sulla libertà di stato e sui gradi di parentela e affinità per poter contrarre matrimonio. Se sono soddisfatti i predetti requisiti, il cittadino italiano può contrarre matrimonio all’estero”. Si afferma, inoltre “l’inesistenza del matrimonio same-sex, contestualmente alla citazione della sentenza 4184 della Corte di Cassazione che dice il contrario, e si sostiene in maniera irrefutabile che il matrimonio same-sex contratto all’estero è improduttivo di effetti. La sentenza dei giudici amministrativi dice, poi, che l’articolo 29 della Costituzione ha costituzionalizzato il matrimonio eterosessuale – continua Rete Lenford – cosa che neppure la Corte Costituzionale ha mai affermato”.
“Al punto 2.2 in parentesi i giudici rilevano poi la natura dichiarativa e non costitutiva della trascrizione – spiegano ancora i legali di Avvocatura per i diritti Lgbti – ma più avanti parlano di surrettizia modalità per superare il divieto di celebrazione in Italia del matrimonio same-sex. Fanno salva non solo la circolare Alfano, ma tutta per intero la sua motivazione, incluso il passaggio sui poteri prefettizi, ridimensionando inaccettabilmente anche i poteri del giudice ordinario. L’unico elemento non negativo è l’affermazione che il matrimonio same-sex non può essere considerato contrario all’ordine pubblico”.
“Una sentenza che congela il diritto e tenta di renderlo impermeabile alla storia e ai suoi cambiamenti”: Flavio Romani, presidente di Arcigay, commenta amaro il pronunciamento dei giudici del Consiglio di Stato, chiamati ad esprimersi sull’annullamento delle trascrizioni dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero. “Nelle motivazioni – sostiene Romani – si percepisce una resistenza culturale, e poi giuridica, a considerare le coppie di gay e di lesbiche al pari di tutte le altre. La sentenza, insomma, ha un retrogusto pilatesco, perché tenta di deresponsabilizzarsi rispetto a un tema cruciale; nel contempo però i giudici non dimenticano di sottolineare che è la politica ad essere la grande latitante e a non permettere al nostro Paese il passo avanti che renderebbe insindacabile il riconoscimento delle coppie formate da persone dello stesso sesso. Per noi rimane tuttavia intatto il messaggio politico chiaro e coraggioso dato dai tanti sindaci che hanno voluto le trascrizioni: a loro continuiamo a dare il nostro pieno sostegno. E confermiamo il nostro appoggio anche alle coppie che hanno voluto sostenere questa battaglia: siamo certi che questa sentenza non fiaccherà la loro tenacia e che il cammino dei diritti, anche in questa Italia piena di contraddizioni, proseguirà imperterrito verso la sua meta”, conclude Romani.
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