AMARSI DA SOLI

Peccato che conduce alla cecità? Vizio adolescenziale da sospendere con l'età? O un modo di ricevere piacere da chi ci conosce bene?

AMARSI DA SOLI - masturbazioneBASE - Gay.it
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Esiste un’attività naturale di cui non ha senso né vergognarsi né vantarsi. Se proprio necessario se ne parla, ma con naturalezza, con la semplicità di qualcosa che accomuna davvero tanti di noi, ognuno a suo modo, con il suo stile, i suoi tempi, le sue preferenze. Sto parlando ovviamente della masturbazione.
Ci si masturba come si mangia, si beve o si respira. Magari ci si masturba meno di quanto non si beva, ma non è detto. Certamente si respira più di frequente, e in maniera anche più palese. Eppure nessuno se ne vanta né se ne vergogna. Se si hanno problemi di respirazione si cerca un medico. Se si ha l’affanno ci si ferma e si prendono ampie boccate d’aria. Nessuno ha mai la lingua di fuori come nei fumetti, eppure respirare è fondamentale. Come lo è bere (e poi fare pipì). Così masturbarsi, anche se si tratta di attività meno sociale di un bicchiere (o di una pisciata) in compagnia.
Poi accade invariabilmente che qualcuno ti chieda come ti masturbi, dove, quando, quante volte, con che frequenza, per quanto tempo. Sono domande fastidiose che non andrebbero incoraggiate ma, proprio quando vorresti chiudere definitivamente la porta sull’argomento, ti rendi conto che un po’ ti piace parlarne, come un bambino che mostra orgoglioso la sua cacca, che ci gioca o che la semina dappertutto senza ritegno.
Chi non si masturba non lo sa, e chi lo fa di fretta o solo per ripiego non ha capito, mentre chi continua a praticare con piacere e convinzione saprà di cosa sto parlando. Chi rimproverasse l’eccessiva perdita di tempo sbaglierebbe, perché si tratta di un tempo trascorso con se stessi, alla ricerca di emozioni e alla scoperta completa – senza finzioni e senza limiti – dei propri desideri: si potesse riuscire a fare sesso con gli altri come lo facciamo nei nostri pensieri durante la masturbazione saremmo del tutto realizzati.Amare se stessi vuol dire regalarsi piacere e soddisfazione come ad altri non è dato conoscere, un’abilità …
Continua in seconda pagina^d
Amare se stessi vuol dire regalarsi piacere e soddisfazione come ad altri non è dato conoscere, un’abilità che si affina con la scoperta del proprio corpo e la trasformazione del proprio immaginario erotico. Si matura e tutto diventa più ricco, più complesso e forse anche più difficile. Per raggiungere emozioni analoghe occorre faticare di più, ma al tempo stesso si è diventati più esperti: un circolo virtuoso che ci caratterizza al meglio.Esplorare un universo erotico che contiene sentimenti e sensazioni, sogni, ideali e speranze ancora non intaccate da alcuna frustrazione, pure e perennemente rinnovabili, cedere all’abbandono controllato, alla terapia distensiva e allo sprofondamento onirico da svegli ci porta a compiere innumerevoli efferatezze di cui mai saremmo incolpati e che nessuna conseguenza avranno su di noi.
Potremo sfiorare decine di corpi, entrare a contatto con decine di odori, di suggestioni tattili, di epidermidi, di labbra, peli, superfici concave e convesse, rigide e tenere, setose e profonde, respingenti e misteriosamente ammalianti, e sempre completamente indiscutibilmente nostre. La propria storia onanistica, generalmente una storia con molti capitoli, accompagna poi fedelmente e curiosamente lo svolgersi del proprio percorso amatorio.
A partire dalla scoperta meravigliosa, torbida e raggelante insieme, fatta in genere da bambini, da soli o con la complicità di pochi coetanei. Una breve cronaca, in verità, perché si parla di ragazzi – o di bambini – che casualmente si imbattono nelle proprie zone erogene e scoprono l’orgasmo, magari prima ancora dell’eiaculazione.
Gradualmente poi si comincia a manovrare con dimestichezza il mezzo, a sperimentare posizioni, a nascondersi e riprender fiato dopo l’atto. Ci si ritrova adolescenti e vittime del piacere, non ci si riesce a trattenere, a evitare almeno le situazioni più pericolose, in pubblico, in compagnia, senza possibilità di fermarsi.
Nel frattempo si comincia ad associare al gesto l’immaginazione, la rappresentazione nella mente di persone, situazioni, fantasie. Si ammortizza con l’autosufficienza quello che non si è ancora trovato all’esterno, o si compensano le delusioni con una mai morta fantasia, conducendo consapevolmente su due binari diversi il sesso reale da quello solitario, al tempo stesso reale – visto che si tratta di un rapporto fisico – e virtuale, unico ponte tra il mondo concreto e quello solo immaginato. Personalmente, sento di poter aggiungere solo un’ultima considerazione. Oggi che mi sento figlio di tutti quei me stesso che mi hanno preceduto e che riassumo e ricordo, oggi che contengo in un’unica storia tutte le storie della mia vita, tutte le fantasie sessuali e tutte le emozioni vissute, condivise o solitarie, dopo aver saccheggiato il mio patrimonio onanistico, mi accorgo che non ho proprio alcuna intenzione di smettere.
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista “dall’interno”, e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.

di Flavio Mazzini

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