Quando si fa del buon sesso con qualcuno può capitare di chiedersi se è tipo da classifiche e, in tal caso, che posizione occupiamo noi nella sua. Anche se crediamo di avere dato il massimo e di averlo fatto divertire, non ci illudiamo di essere in testa: uno disinibito non lo è solo una volta e nella vita succedono storie strane.
Non tutti fanno sesso solo col partner e nel proprio letto oppure seguendo lo stesso rodato sistema di rimorchio: c’è anche la sorpresaTempo fa un ragazzo con cui feci del buon sesso mi raccontò proprio una storia strana. Buffa, pruriginosa, in odor di fiaba, creata per intrigare qualcuno. Sul raccordo anulare viene fermato da due agenti che, dopo un normale controllo, lo invitano a salire sulla camionetta e lo scopano a turno. C’è da credergli? Fate voi. Io in questi casi opto sempre per il sì: non mi costa nulla, nulla rischio e mi diverto di più a lasciarmi andare, ad ascoltare e ‘vedere’ con l’immaginazione, che non a dubitare.
A ciascuno di noi sono capitate situazioni strane, curiose coincidenze, incontri inaspettati. Non tutti fanno sesso solo col partner e nel proprio letto oppure seguendo lo stesso rodato sistema di rimorchio: c’è anche la sorpresa, l’imprevisto. Non serve sciorinare un elenco di situazioni eccezionali occorsemi personalmente per dimostrarlo, ma forse posso raccontare almeno la ‘mia personale camionetta’. Sono passati ormai otto anni e dovrebbe essere scattata la prescrizione del reato.
Non sapendo da che parte dirigermi mi affidai al caso, che nell’occasione aveva le fattezze di due ragazzi dell’est Si trattava della mia prima volta in un battuage romano, che in seguito avrei frequentato a lungo, ma in cui non sapevo ancora dove e come muovermi. Mi ci aveva portato un amico grasso che frequentavo di rado, visto che non era troppo affidabile. Infatti, appena raggiunti i luoghi, si era subito infrattato, lasciandomi sulla strada che separa i due lati del parco, quello dove si batte da quello dove al massimo si viene derubati.
Non sapendo da che parte dirigermi mi affidai al caso, che nell’occasione aveva le fattezze di due ragazzi dell’est scesi da un autobus, uno dei quali eccezionalmente bello: lunga chioma bionda e canotta che rivelava spalle e pettorali tonici al punto giusto. Camminai avanti e indietro finché non si decisero a separarsi e seguii quello bello oltre il varco di un reticolato. Ritrovandolo pochi passi dopo intento a giocare con il suo attrezzo: un attrezzo talmente bello da sembrare sprecato perfino in un corpo simile. Potete immaginare allora con quanta risolutezza mi sia offerto di prenderlo in consegna per occuparmene con abnegazione. Dopo pochi secondi però, colpo di teatro! e cambio luci.
Non che ci sia stato davvero un cambio luci ma nella mia memoria la scena è ormai fissata così: in un secondo l’altro sopraggiunse alle mie spalle, sguainandomelo via e spingendomi in una zona più buia. Poi, senza farmi male, mi prese il portafogli, lo svuotò e si impossessò dei soldi, permettendomi di recuperare il resto. Infine, l’evento eccezionale: il ragazzo bello convinse l’amico ad uscire e mi trascinò ancora più lontano, "costringendomi" a rinfoderarlo da dove mi ero interrotto. Una situazione mai più ripetutasi, un misto di shock per l’aggressione e consapevolezza che il peggio era passato, non mi avevano torto un capello e ci avevo rimesso solo ventimila lire: in fin dei conti un prezzo più che ragionevole.
Certo, c’erano i risvolti negativi: intanto che lui temeva di essere visto dall’amico e quindi mi spostava di continuo e sempre più verso il buio, impedendomi di ammirarlo. Inoltre che io potevo solo obbedire e che il rapporto, in un certo senso ‘monotono’, metteva a dura prova ginocchia e mascelle. Inoltre gli chiesi, inutilmente, di non venirmi in bocca. Doppiamente ‘maltrattato’, finii per impaurirmi: più che per il furto ormai digerito, per il timore di qualche malattia. Trascorso qualche giorno, mi ritrovai però ad eccitarmi ogni volta che ripensavo all’avventura.
Ancora oggi mi chiedo perché un ragazzo così bello, per togliersi qualche voglia, non si sia messo a battere: avrebbe di certo guadagnato di più e rischiato meno. Mi domando anche come mai non si sia minimamente posto il problema che io potessi ribellarmi – anche se aveva azzeccato in pieno. Ancor più mi domando che avesse mai detto al suo amico, che pure un’idea del nostro rimanere da soli doveva essersela fatta. Perché, dunque, allontanarsi sempre di più, alla ricerca del buio? Boh… A pensarci bene, mi piacerebbe incontrarlo di nuovo. Ovviamente solo per chiederglielo.
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista "dall’interno", e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.Per scrivere a Flavio Mazzini clicca qui
di Flavio Mazzini
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