Una storia vera? Una barzelletta? Una pratica sessuale di origine tribale? Di sicuro uno scandalo, l’ennesimo per Silvio Berlusconi. Dopo le rivelazioni di una ragazza minorenne di origini marocchine salvata da un arresto per una telefonata in questura fatta da Palazzo Chigi. Dice di aver parlato – non fatto, ma solo parlato – del Bunga-Bunga, un termine che mai ci saremmo aspettati entrasse nell’italiano. E’ bastato un solo giorno, infatti, perché fosse sulla bocca di tutti, perché Google lo indicizzasse in decine di migliaia di pagine e perché stampa tradizionale e web dedicassero speciali sull’argomento.
Dal prossimo anno, c’è da starne certi, entrerà anche nei dizionari. Quando c’è da essere grevi, gli italiani non si lasciano scappare l’occasione di imparare termini nuovi, magari senza conoscere a fondo il significato dell’espressione ma poco importa.
Questo Bunga Bunga, del resto, ha una storia particolare, che nasce ben due secoli fa. A coniarlo, tra gli altri, la poetessa lesbica Virginia Wolf. Travestita da nobile abissina insieme ad altri amici si fece ricevere dai militari inglesi su una nave da guerra. I burloni usavano sempre l’espressione "Bunga Bunga" per qualsiasi cosa fosse loro mostrata. Scoperti e puniti a bastonate sul sedere. Lo scherzo divenne di dominio pubblico e quando poi l’imperatore abissino, Menelik II, andò in visita ufficiale in Inghilterra la gente gli urlò addosso "Bunga! Bunga!".
Oggi il termine è uno slang che vorrebbe essere onomatopeico (?) e che sta a indicare un "brutale stupro anale, inflitto come forma di punizione a chi oltrepassa i territori delle tribù", come dice il sito Urban Dictionary che raccoglie tutte le espressioni giovanili e gergali in lingua inglese. Mica male. Chiaro che il Bunga Bunga si presti ad essere oggetto di barzellette che narrano – pure Berlusconi pare le narri alle cene organizzate nella villa di Arcore, gliel’ha spiegato Gheddafi cos’è – di uomini di colore con membri enormi e con la passione del "brutale stupro anale" per i malcapitati di turno.
Oggi anche in Italia possiamo dirlo perché sappiamo che cos’è. Immaginiamo ragazzi eterosessuali scherzare sotto la doccia della palestra: "Se ti cade la saponetta ti facciamo il Bunga Bunga". Oppure uomini proporre alle proprie mogli: "Ti va se proviamo a fare il Bunga Bunga?". E’ giusto però, per i gay, chiedere il copyright su questa pratica antica che di certo non è nata nell’800 ed è tutt’altro che una barzelletta. Adesso che pure il rapporto anale sembra sdoganato possiamo rivendicare con orgoglio la sua invenzione e trasmissione alle generazioni future.
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