Negli ultimi anni il corpo maschile modellato in palestra è diventato uno status symbol decisamente popolare, nel mondo gay come in quello etero, anche se in Italia si tratta di un fenomeno relativamente recente. Fino agli anni ’90, infatti, si trattava di una realtà decisamente marginale, che coinvolgeva più che altro gli sportivi, gli appassionati di fitness e i cultori del body building professionale, e non certo l’ampia utenza di oggi. Tutta questa cura per l’aspetto fisico e la struttura muscolare, però, non nasce nel nostro paese ed è un riflesso più o meno diretto della hunk culture che – dagli Stati Uniti – si è andata diffondendo nel resto del mondo, portando avanti una tradizione che affonda le sue radici addirittura nel XIX secolo.
Per celebrare la hunk culture e la sua storia, troppo spesso sottovalutata, è stato appena pubblicato un saggio fotografico molto interessante: American Hunks (edito da Arsenal Pulp Press), che ripercorre l’evoluzione del fenomeno dalle origini alla fine degli anni ’70, quando divenne ufficialmente parte della cultura gay. Da quel momento in poi, infatti, furono gli ideali estetici gay che modellarono la hunk culture e la rilanciarono nel mondo etero attraverso mode e tendenze (non ultimo il metrosexual, il cui arrivo in Italia portò ad un boom di iscrizioni in palestra che prosegue tutt’oggi). È praticamente impossibile riassumere in poche righe le ragioni e lo sviluppo della hunk culture, tuttavia analizzarne i passaggi fondamentali può essere interessante per capire meglio da dove arriva e perché continua ad avere tanto successo. Intanto precisiamo che il termine hunk, che non ha una traduzione letterale in italiano, indica un maschio muscoloso, ricco di sex appeal e che ha una certa tendenza a mettersi in mostra con disinvoltura.
Ciò premesso la hunk culture nasce all’indomani della nascita degli Stati Uniti, e probabilmente non è un caso: in una giovanissima e grandissima nazione, senza storia e senza reali riferimenti culturali, era necessario che gli uomini offrissero un’immagine forte e vigorosa di sé (e, per estensione, della loro nazione). Così, al volgere del secolo, i primi culturisti erano già diventati popolarissimi, ed erano presi come riferimento da tantissimi giovani che frequentavano le loro palestre per diventare come loro. La Prima Guerra Mondiale, che per la prima volta mise a diretto confronto tanti giovani americani, contribuì a diffondere ulteriormente questo ideale estetico, e ben presto gli hunks iniziarono anche a colonizzare la pubblicità. Già prima della Grande Crisi del 1929 il corpo muscoloso era diventato un vero è proprio status symbol per i maschi della classe media, ma anche per gli uomini d’affari che volevano offrire un’immagine competitiva. L’arrivo del naturismo dall’Europa e l’ascesa di Hollywood e dei suoi divi, che presto sposarono l’estetica hunk, fecero il resto.
Vale la pena ricordare che, mentre negli USA il concetto di hunk veniva associato a una serie di ideali positivi, nel Vecchio Continente la forma fisica divenne appannaggio dei vari regimi che si stavano affermando in quel periodo, col triste risultato di far prendere le distanze da certi ideali estetici nei decenni successivi al loro crollo. La vittoria degli USA nella Seconda Guerra Mondiale, al contrario, stimolò ulteriormente l’affermazione del maschio americano prestante e muscoloso: dalla seconda metà degli anni ’40 in poi la hunk culture divenne un vero e proprio fenomeno di massa. Nacquero concorsi di bellezza per hunks e dozzine di riviste specializzate, mentre le spiagge, come la storica muscle beach in California, assunsero un ruolo imprescindibile nella cultura pop dell’epoca. Ovviamente la realtà omosessuale veniva influenzata pesantemente da questa situazione, e presto finì per accantonare tutti i classici ideali estetici (efebici e androgini) che tenevano ancora banco in Europa.
Gli american hunks, così, diventarono il fulcro di quella floridissima stampa gay semi clandestina che – di fatto – creò quel circuito commerciale su cui avrebbe posto le basi la moderna comunità gay americana, che presto li prese anche come riferimento personale. Alcuni studi dimostrerebbero proprio che lavorare sul corpo per renderlo forte e prestante abbia degli innegabili benefici psicologici anche sull’autopercezione e sull’autoaffermazione della comunità gay. D’altra parte, se in Italia la comunità gay ha iniziato ad alzare la voce da una decina d’anni, e cioè da quando ha cominciato a frequentare le palestre in modo massiccio e costante, potrebbe non essere solo solo un caso.
di Valeriano Elfodiluce
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