Il pisello degli omosessuali è più grosso e più lungo di quello degli eterosessuali. E non lo dico per esperienza personale.
A sostenerlo è un bizzarro studio scientifico del 1999 di Anthony Bogaert e Scott Hershberger che non ha vinto, a differenza delle ricerche in campo militare per costruire una bomba che rendesse gay i soldati avversari, l’IG Nobel, un premio ai saggi scientifiche più folli. L’argomento è di quelli che hanno fatto (a continuano a far) versare litri di inchiostro (anche virtuale), che non fanno dormire sonni tranquilli a decine di adolescenti e non, che creano giri di milioni di euro sui lettini degli psichiatri o in acquisti di miracolose pompe che promettono (ma non mantengono) favolosi allungamenti e cioè la dimensione del pene.
Assodato che il 90 per cento degli uomini sono dotati di piselli dai 13 e i 18 centimetri la scienza è andata oltre con un confronto tra piselli gay e etero, nel tentativo di rispondere al macista quesito “chi ce l’ha più grosso?”.
La domanda, non neutra e carica di fallocentrismo, in realtà giungerà, come vedremo, a conclusioni persino utili alla causa gay.
Ma prima di dare i numeri, a sorpresa, scopriamo che, righelli alla mano, la questione era già stata dipanata nel lontano 1961.
Proprio quell’anno Karel Nedoma e Kurt Freund, due sessuologi cecoslovacchi, che avevano affidato ad un medico il grato compito di misurare il pisello a 126 omosessuali e ad 86 eterosessuali, pubblicavano i risultati dello studio morfologico (“Somatosexulnì nálezy u homosexuálnìch mužu”) sulla rivista “Ceskoslovenska Psychiatre”. Le conclusioni scientifiche?
Il pene degli omosessuali era mediamente più grosso di quello degli eterosessuali ma il numero relativamente basso di falli misurati lasciava aperta la questione. Ma come e dove trovare tanti piselli e sopratutto i fondi per una ricerca così importante?
Trent’anni dopo Bogaert e Hershberger hanno una intuizione genitale… ehm, volevo dire geniale.
Il Kinsey Institute, una istituzione americana per la ricerca scientifica nell’ambito di sesso, genere e riproduzione, conserva migliaia di interviste, raccolte tra il 1938 e il 1963, sulla vita sessuale di uomini e donne, misure comprese.
Tra questi migliaia di casi, cinquemila piselli di cui era nota e certificata la lunghezza e la circonferenza in stato di riposo e in erezione, nonché l’orientamento del proprietario, sono tornati utili per l’epocale confronto.
Ancora una volta il pene omosessuale ha battuto quello etero: 16,5 cm di lunghezza e 12,6 di circonferenza contro una media di 15,5 e 12,2 cm per gli etero. Un centimetro sembra davvero poco, ma è di quelli che contano.
I due scienziati, e qui sta l’interesse della ricerca, hanno individuato una differenza biologica tra omosessuali ed eterosessuali che potrebbe tornare utile per ricercare le origini dell’omosessualità.
Nel caso remoto la scienza trovasse fattori biologici indubitabili (geni o ormoni) all’origine dell’omosessualità la stessa risulterebbe naturale ed innata con le utili conseguenze del caso.
Si eliminerebbe dal dibattito la fastidiosa litania che vuole che l’omosessualità sia una scelta dell’individuo, che sia curabile, e, politicamente, andrebbero garantiti diritti ed eliminate tutte le leggi repressive dell’omosessualità. Insomma sarebbe una rivoluzione.
Purtroppo però il pene più lungo, nel caso specifico almeno, non ci aiuta molto.
Bogaert e Hershberger ipotizzano che le maggiori dimensioni del pene degli omosessuali dipendano da una diversa dose di ormoni a cui è sottoposto il feto o a fattori genetici. Peccato che non esistano certezze scientifiche sui fattori che determinano la crescita dei genitali. Sappiamo che il pene gay è più lungo ma non sappiamo perché. Che ci resta?
Mediamente un centimetro in più. Godiamocelo, ma alla fine le misure contano davvero?
di Stefano Bolognini
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