I cinema porno sembrano un reperto di anni remoti e puritani. Come certe radio di legno. Anni lontani, dove la trasgressione aveva un sapore ruspante e naif. In Liguria si racconta ancora la programmazione del primo film hard di Moana Pozzi, nel paese in cui era cresciuta. Un evento. I pettegolezzi, la ressa, la curiosità, la vergogna. Si tramanda quell’ avvenimento come qualcosa di mitico. E, nel mito, sono presenti e inscindibili le locandine, i titoli, le grandi porte protette da spessi tendaggi viola, la fila alla cassa. Quei cinema, un tempo, avevano un settore apposta nelle pagine dei giornali, adesso sono quasi scomparsi. Venivano dopo quelli "di seconda visione" (scomparsi anch’essi) e prima dei parrocchiali. Tutti noi, da adolescenti, abbiamo letto titoli espliciti e un po’ sconci, quelle metafore sordide e caserecce molto anni 70, con un misto di interesse e vergogna ("Porno collegiali all’assalto" "Cameriere discinte e disponibili" "Effusioni porcelline").
Adesso, le rare volte che i giornali segnalano i cinema porno, sempre decadenti, mal tenuti, con locandine logore magari con le tre X che segnalano l’elevata quantità di eros contenuta nel film, di solito scrivono "programmazione a luci rosse", e basta. Ed è già molto. La maggior parte delle volte vengono ignorati. Si sa dove sono grazie al passaparola o perché, girovagando in periferia ci si capita davanti. E’ come se fossero stati rimossi. Non certo per pudore o per censura, in un mondo in cui la pornografia è divenuta argomento da rotocalco e da talk show, le pornodive sono opinioniste molto richieste e i pornodivi ci vengono invidiati da raffinati registi francesi. Ma i cinema a luci rosse o vengono riadattati e recuperati ad altri usi, o sono accompagnati da un alone irreale, sembrano costantemente in via di estinzione, nascosti, quasi mimetizzati. Eppure esistono ancora. Pochi, ma ci sono. Resistono. A Bologna ce ne sono quattro, a Genova tre, persino a Savona ce n’è uno, il mitico Jolly. Almeno uno o due in ogni città, a volte di più. E alcuni fanno ancora lo spettacolo alle dieci del mattino. Ma chi ci va? Chi frequenta questi luoghi?
In tempi di videocassette, dvd, internet, chat, la domanda appare legittima. Le fruizione della pornografia è diventata accettata, normale e possibile in casa, nella sicurezza dell’anonimato. Da internet si possono scaricare film etero, pornogay, lesbo e di ogni genere. Coppie e singoli possono guardare una videocassetta o un dvd acquistato all’edicola sotto casa. Non è più necessario l’imbarazzo che spingeva a girovagare per le strade periferiche, a entrare furtivi senza guardare in faccia la cassiera, di solito grassa, truccata male, dallo sguardo spento, per poi entrare e farsi invadere da odori forti e da immagini invadenti e fuori fuoco, di film malfatti, prodotti a costo zero. Eppure esiste ancora un pubblico dei cinema porno. Esistono degli habituè. Una persona che li frequenta spesso mi ha raccontato alcuni dettagli, e le possibili motivazioni: "In un mondo patinato, fasullo, falsato dalla tecnologia, sono luoghi che non hanno niente di patinato… anche le saune gay sono luoghi che vogliono richiamare l’atmosfera del bagno turco, ricreare finte atmosfere raffinate. Nei cinema porno non c’è niente di tutto questo. Sono posti dove l’uomo tira fuori la sua animalità, spesso fanno schifo… fanno schifo gli odori, le strategie per abbordare, si perde ogni decenza, ogni pudore, fanno schifo le facce"
Ritengo possa essere una spiegazione plausibile. Una sorta di sottrazione definitiva. Via ogni freno inibitorio, ogni maschera. Certamente sono frequentati in gran parte da anziani, che ricordano quello che rappresentavano in passato (qualcosa di giusto e adatto per il maschio italiano medio, era praticamente "obbligatorio" andarci), e che adesso li hanno visti trasformarsi nel contenitore delle voglie represse da tutta una vita. Una perversa scatola di desideri invecchiati con loro, rugosi, molli. Non è raro vedere anziani che si toccano fra loro, che danno libero sfogo a desideri omosessuali negati da sempre. I giovani sono spesso marchettari. Prezzi bassi, si consuma sulle sedie o nei bagni, dipende dal prezzo concordato. Se qualcuno guarda chi se ne frega, se si avvicina troppo paga anche lui. Altri giovani sono solitari di passaggio o extracomunitari che trovano difficoltà a instaurare qualsiasi tipo di rapporto affettivo e sessuale nella società "fuori" e, dentro al cinema, si accontentano di qualsiasi mano, di qualsiasi contatto.
Ci sono ragazzi che hanno subito molestie nell’infanzia da persone più grandi e ricercano all’infinito di riproporre lo stesso meccanismo. Cercano anziani che li insidino, che li circuiscano con insistenza. Sulle poltrone rosse sdrucite, dall’odore muschioso, appoggiati alle pareti, ovunque (Sono una percentuale abbastanza alta, racconta la mia fonte). Non è raro trovare coppie di una certa età, uomo e donna fra i cinquanta e i sessanta. Guardano pezzi di film, si toccano fra loro e permettono qualche timida invasione da persone che si siedono davanti o accanto, una trasgressione capace di movimentare il loro rapporto.
Continua il mio conoscente che li frequenta saltuariamente: "Capita anche qualche donna sola, molto di rado, ma capita. Nel cinema dove vado io ce n’è una molto brutta. Viene spesso. Si siede in un angolo e a volte nessuno l’ abborda. L’ho vista rimanere da sola per tutto il film e uscire senza alzare lo sguardo da terra. Altre volte qualcuno le siede accanto e la tocca, e si vede che è contenta. Continua a guardare avanti ma sorride. Qualche volta entrano anche coppie giovani, ma restano poco e si capisce che quello che le spinge è la complicità, che l’ambiente nel suo squallore assoluto ha poca influenza su di loro. Non è raro l’uomo elegante in giacca e cravatta, molto esibizionista, che si spoglia, si tocca e rifiuta ogni contatto. Permette solo di essere guardato".
I cinema porno sono luoghi lontani dalla vita quotidiana piena di paillettes, riflettori, tecnologia, televisione, locali trendy, pub. Sono le tane puzzolenti dove l’uomo si riappropria della sua animalità primitiva e ne fa l’uso che crede. Sono un retaggio dell’Italia del passato, dal sapore dolce-amaro di certe canzoni. Concedono spazio a tutte le solitudini, a tutte le perversioni. E il contatto che ne può venire è reale, o almeno visivo. Uno o più sensi sono in gioco. In fondo quello che si vede sullo schermo è assolutamente ininfluente. Nonostante le evoluzioni tecnologiche credo che non verranno mai a mancare, ma saranno sempre più sordidi, sperduti, nascosti, carbonari.
di Francesca Mazzucato
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