Un discorso sulla transessualità e su certi suoi antichissimi progenitori, non necessariamente deve toccare territori di marginalità, di sofferenza, o di esibita e chiassosa teatralità. Anzi, proprio la ricerca del perfetto androgino, dell’individuo capace di contenere in sé maschile e femminile, può diventare un percorso filosofico, una strada di elevazione.
Dice il Manifesto Futurista Della Lussuria (1913) di Valentine De Saint-Pont: "Ogni superuomo, ogni eroe, per quanto sia epico, ogni genio per quanto sia possente, è l’espressione prodigiosa di una razza e di un’epoca solo perché è composto, ad un tempo, di elementi femminili e di elementi maschili, di femminilità e di mascolinità, cioè un essere completo"
E quindi, come afferma Valerio Zecchini (anzi Zekkini), un artista e performer bolognese, rappresentante, come lui si considera, dei "post-contemporanei" una strana creatura notturna di geniale creatività, che da tempo sviluppa questi temi, "la scelta della transessualità, insieme alla pretesa mondana di apparire maggiormente affascinanti, seducenti e potenti, implica un anelito verso una condizione angelica. L’angelo, in quanto ambasciatore dell’assoluto, si presenta infatti come l’entità androgina per antonomasia, entità dunque in cui si ricompone ogni contrasto". Zekkini partecipa con sculture, spettacoli che lui definisce "ambientazioni che devono produrre in chi assiste una qualche forma di risveglio", CD di letteratura elettronica, sperimentazioni, al dibattito sulle identità sessuali mutanti con una voce sempre fuori dal coro, intelligente e complessa.
In questa impostazione controcorrente e affascinante della transessualità, si inserisce bene un discorso sugli Onnagata, gli Uomini-Donna della tradizione giapponese. Benché, col tramonto della tradizione nipponica si incontrano ormai in Giappone pochissimi Onnagata e ha preso piede il transessuale all’occidentale, la loro storia fa parte di una tradizione antica e affascinante. Ma per capire la complessità di queste figure, occorrono alcune spiegazioni storiche.
Il teatro Kabuki fu fondato in Giappone agli inizi del 17°secolo. Fu influenzato dall’aristocratico Noh, ma diventò subito più popolare e diffuso fra le masse.
Si dice che i suoi inizi si debbano ad Okuni, una splendida danzatrice che, quando si esibì per la prima volta a Kyoto, scatenò stupore e meraviglia per la magia misteriosa di una danza di derivazione religiosa ma carica di suggestione e sensualità. Da quella danza, nel corso dei seguenti trecento anni, si è sviluppata una sofisticata forma di teatro dove la magia è data dall’intreccio di musica, danza e colori.
Ritornando alle origini, dopo Okuni, altre danzatrici, ugualmente belle, seguirono il suo esempio. Presto però si cominciò a parlare di loro come di donne dai facili costumi, e alcune lo erano davvero, ma in fondo, anche la forma di prostituzione a cui si dedicavano quando non calcavano le scene, era più che altro un raffinatissimo tipo di cortigianeria. Ma tant’è.
Furono bandite dai palcoscenici, e il kabuki, benché creato da una donna, divenne predominio maschile e apparvero gli Onnagata (o Oyama), attori uomini specializzati in ruoli femminili come accadeva anche nel teatro elisabettiano.
Il primo grande Onnagata fu Yoshizawa Ayamei (1673-1729) che si dice abbia fatto strage di cuori maschili per la sua straordinaria bellezza. Era elegantissimo e aveva sempre un trucco accurato esibito anche in privato, per il quale si dice gli servissero ore e ore di preparazione.
Gli Onnagata sono i grandi protagonisti delle rappresentazioni di kabuki Maruhon, derivato dal teatro delle marionette, e proprio loro enfatizzavano questa connessione muovendosi come pupazzi, in maniera spezzata, senza tuttavia cessare di incantare gli spettatori. Fino al 1868 erano obbligati a mantenere gli abiti femminili anche nel privato, poi l’obbligo decadde ma molti continuarono ugualmente perché l’Onnagata si immedesimava nella parte anche nella vita quotidiana, facendo della sua intera esistenza un continuo esercizio di disciplina e di stile. Anche molti di loro, per ironia della sorte, finirono per dedicarsi alla prostituzione, ma questo non pareva preoccupare i severi censori della morale che avevano proibito alle donne di salire sul palcoscenico.
Perfetti uomini-cortigiana. Esperti nella lentissima arte della rappresentazione della commedia amorosa e sessuale.
Amatori sensibili, attenti ai dettagli, capaci di offrire tutto, riunito in un unico essere.
La figura dell’Onnagata, uomo-donna, era ben accetta da tutti, anzi rispettata e ammirata per le capacità artistiche , per la suprema eleganza e per la disciplina. La tradizione buddista -scintoista, in quanto religione immanente che tende ad armonizzare i contrasti in questo mondo, aveva trovato nell’Onnagata la perfetta incarnazione dell’ androgino.
Essi erano tenuti a seguire fedelmente i dettami dell"Ayamegusa", un manuale di regole di comportamento, risalente al diciottesimo secolo e a loro indirizzato dove troviamo ad esempio queste indicazioni: "Il fascino è l’essenza dell’Onnagata. Ma persino l’Onnagata che sia naturalmente dotato di bellezza perde il suo fascino se cerca di sottolinearlo con le movenze. Se cerca coscientemente di apparire grazioso, apparirà corrotto. Per questo motivo, a meno che un Onnagata non viva nella vita di ogni giorno come una donna, è difficile poterlo ritenere un Onnagata compiuto. Quando apparirà sulla scena, quanto più cercherà di assumere un particolare ruolo femminile, tanto più apparirà mascolino."
In fondo le regole di vita dell’Onnagata sono molto simili a quelle dei Samurai. Disciplina, perfezione, attenzione estrema a fare della propria vita un’opera d’arte compiuta.
Sesso inteso come arte , quasi un lunghissimo rituale.
Attualmente, l’Onnagata più famoso in Giappone, erede di una antichissima tradizione famigliare, è Ichimura Manjiro (foto), nato nel 1949. Per preparare il look di un Onnagata si richiede tutt’ora un make up lento e accurato che è considerato parte integrante della preparazione psicologica necessaria all’attore per entrare nella parte, è un vero e proprio rito. Oshiroi è il nome della crema bianca che viene applicata come base, mentre Mehari sono le linee rosse che sottolineano occhi e sopracciglia, ma se volete seguire tutte le fasi della preparazione potete visitare il sito www.fix.co.jp/kabuki/makeup.html, dove scoprirete molte altre affascinanti curiosità e dettagli su questa antica e affascinante forma d’arte e su queste figure, androgini perfetti, carichi di tutta la magia della tradizione orientale.
di Francesca Mazzucato
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