Non tutti lo sanno, ma "grasso è bello!" è qualcosa di più di una semplice battuta. E’ una realtà che è rimasta a lungo strisciante, ma che negli ultimi anni ha finalmente alzato la testa e oggi chiede di essere riconosciuta. È la realtà degli orsi, omosessuali maschi di corporatura robusta, a volte decisamente obesi, irti di peli e di barba, attratti in prevalenza dai loro simili. Sì, perché gli orsi amano stare in branco. Non si sa perché. Forse perché ognuno di noi tende ad assomigliare a ciò che più corrisponde alla sua idea di bellezza. Oppure perché riteniamo bello ciò che ci assomiglia. Ma non è questo il punto.
L’omosessualità è un crogiolo di mille realtà, ciascuna delle quali può avere caratteristiche più o meno spiccate. Pochi, tuttavia, sono stati bistrattati come gli orsi e chi li ama. L’estetica dominante nel mondo etero come in quello gay propone tutt’oggi modelli di avvenenza stereotipati. Immagini inneggianti alla gioventù, al fisico agile e palestrato se non proprio all’efebo classico. Cosa potrà succedere, dunque, quando qualcuno di noi scoprirà di provare interesse, tenerezza o addirittura desiderio dinanzi alla figura goffa di un uomo paffuto, magari non più giovanissimo? Un tempo ci si vergognava. Nell’ambito dello stesso ambiente omosessuale, molti orsofili si sentivano spinti a tacere sul proprio orientamento e il risultato era un’ulteriore forma di emarginazione. Lo sa bene chi, negli anni passati, si è sentito rispondere con sufficienza o addirittura con scherno quando ha provato a proporre l’idea di una comunità di orsi nella sua città.
Essere orsi è un po’ essere diversi tra i diversi. Un cane sciolto, una nota stonata. Non è così, ma purtroppo sono ancora in tanti a pensarlo. L’ignoranza, gli stereotipi irriducibili e a volte, purtroppo, anche l’indifferenza degli altri gay può causare un grande disagio. Spesso ritardare o addirittura precludere l’accettazione della propria omosessualità, con tutta la sofferenza che ne consegue.
Oggi, i tempi sembrano essere più maturi per dire coraggiosamente che la bellezza, in realtà, non esiste. Esistono canoni culturali imposti dalla storia e dalla società dei consumi. Esistono gli uomini, le donne, gli eterosessuali, i gay, le lesbiche e le loro diverse sensibilità. Bello è ciò che tenta la nostra anima e i nostri sensi, che conquista il nostro affetto, che ci fa cantare il cuore.
Nel nostro paese, il movimento ursino è rappresentato da associazioni come gli Orsi Italiani e il Club Magnum (diretti discendenti del movimento belga Girth and Mirth) e oggi anche da realtà come Epicentro Ursino, e il sito web SBQR.
Determinante è stato il ruolo di Internet. Grazie alla grande rete, quella degli orsi si è andata definendo sempre più come una forma di cultura alternativa, che presenta voci gergali, neologismi e un’estetica estremamente personalizzata. Oggi, anche il sito di annunci italiano, Me2, ha dedicato agli orsetti uno spazio tutto loro: Me2Bear.
La comunità degli orsi, nel mondo, sta producendo una quantità di materiale specifico che spazia dalla narrativa all’informazione, dalla fotografia alla pittura e persino ai fumetti. Tutto nell’ottica dell’ursinità. Insomma, ciò che a una lettura superficiale può essere etichettato come una mera preferenza sessuale, si caratterizza in realtà come una trasgressiva visione della vita. Come un progressivo ribaltamento dei cliché imposti dalle culture ufficiali, e un’irruenta proposta di nuovi modelli. La cultura degli orsi non è semplicemente relativa all’omosessualità, ma ha una forza iconoclasta e innovatrice di grande rilevanza.
Sta poi agli individui fare di questi elementi la propria fonte di energia piuttosto che una croce pesante da portare, e trasformare il proprio pelo, la propria pancia, la propria trasbordante voglia di tenerezza, in alcuni dei simboli più vitali di questo nuovo e già controverso secolo.
Filippo Messina dirige "WOOF!" dal titolo della fanzine gay bear prodotta a Palermo dal 2000 al 2006 dalla libreria AltroQuando. "WOOF!", oggi, sopravvive nella blogosfera, perseguendo lo stesso obiettivo di sempre: il rifiuto di un’estetica conformista e l’espressione di una cultura peculiare. Quella che, sin dall’inizio, ci è piaciuto definire "una cultura degli Orsi".
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di Filippo Messina
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