Pier Giorgio Mazzoli, PiGi per gli amici, milanese purosangue 44 anni, è una figura storica del movimento omosessuale meneghino. Presente all’inizio degli anni ’70 nei collettivi del Fuori! di Corso di Porta Vigentina (ancora a quei tempi non affiliato al Partito Radicale), al fianco di Mario Mieli e Giovanni dall’Orto, ha da sempre apportato il proprio contributo di visibilità e di rivendicazione. Oggi è Progettista d’interni ed Arredatore. Sieropositivo dal 1983 mai conclamato in AIDS, non nasconde la propria malattia e anzi orienta verso temi come prevenzione e sesso sicuro la propria militanza all’interno del movimento. Ha una rubrica sul magazine ‘Pride’, e ha tenuto diversi seminari in circoli Arcigay rivolti ai giovani sulla conoscenza del safe sex..
Pigi, ti è mai capitato di partecipare ad un party bareback?
No, ma mi è stato proposto di invitare 3 o 4 persone a casa per fare un’orgia …
Di tutti sieropositivi?
L’unica cosa che mi dissero era che "potevamo non usarlo" (il preservativo n.d.r.).
E tu cosa hai risposto?
Ho detto no.
Tu quindi pratichi sempre e solo sesso sicuro?
Si, esclusivamente.
Perché?
Intanto perché sono sieropositivo, e quindi non voglio nè infettare qualche sieronegativo, né sovrainfettare qualche sieropositivo. Non voglio neanche prendermi altri ceppi del virus, e soprattutto cerco di non beccarmi sifilidi, epatiti, o cose che mi possono nuocere. Pensa che se solo beccassi l’epatite C, mi si dimezzerebbe la vita, che è già breve per cui non mi sembra il caso.
Cosa ne pensi di un sieropositivo che si accosta al fenomeno del "bareback" attraverso locali che organizzano party?
Vedi, se non fossero falsificabili i certificati medici, alterati al computer, o se fosse facile attestare lo status HIV con un apparecchio portatile come avviene per la glicemia, io non sarei nemmeno tanto contrario ad organizzare party bareback per sieropositivi. Per me il suicidio non è un reato. Sono anche favorevole all’eutanasia, credo che uno dovrebbe poter decidere di farsi aiutare a morire, se lo desidera.
Però stai parlando di sieropositivi. Il fenomeno invece interessa molto anche i sieronegativi.
Quello è assolutamente inaccettabile, è un po’ come se venisse da me uno sconosciuto che mi dicesse: ammazzami!
Un sieronegativo ti ha mai proposto di fare questo genere di pratiche sapendo del tuo status HIV?
Si, ma all’interno di un rapporto di coppia. Ci fu un fidanzato in passato che rifiutavo per via della mia malattia. Quando gli spiegai il motivo per cui non volevo mettermi assieme a lui, mi rispose che era disposto ad infettarsi a sua volta per poi poter stare assieme senza problemi. Fu però un momento irrazionale, e molto particolare di un rapporto sentimentale.
Pensi che il fenomeno bareback abbia preso campo anche in Italia?
Credo che ci sia l’dea pericolosamente diffusa che ormai si possa curare l’HIV e che quindi si possa anche correre il rischio di fare sesso senza protezioni. Poi, la gente vedendo che si muore molto meno, e che ci si ammala anche molto meno, nel senso che si va in conclamata con minore frequenza, ha la strana convinzione che ci siano meno casi d’AIDS in giro e quindi che ci sia meno rischio statisticamente di prenderlo facendolo. Invece non è vero. La differenza sta nel fatto che una volta chi era sieropositivo si accorgeva del proprio stato solo dopo molto tempo con il sorgere delle prime infezioni, adesso invece molti di più se ne accorgono con il test. Si confonde lo stato di AIDS conclamato con la sieropositività. Numericamente ci sono molti più sieropositivi adesso che una volta, mentre il pensiero comune è che ce ne siano di meno e che quindi si accetta con più fatalità il rischio d’infezione con la contropartita della qualità del rapporto sessuale, come se farlo non protetto fosse di una qualità maggiore rispetto al farlo con il preservativo. Che, secondo me, è una vera idiozia.
Come giudichi la qualità e la quantità delle campagne di sensibilizzazione alla pratica del sesso sicuro delle associazioni omosessuali?
Mah! Medie solo se rapportate al fatto che siamo in Italia. Non abbastanza capillari e non abbastanza coinvolgenti in ogni caso. Ho visto cose in UK e in Francia che andavano bene per il ragazzo di 20 anni. Il fumetto porno, il filmetto educativo a cartoni animati. In Italia invece abbiamo il librettino politically correct con il disegnino…
Tu hai tenuto apprezzatissime conferenze in circoli Arcigay verso i giovani per la pratica del sesso sicuro. Che opinione ti sei fatto sugli adolescenti del terzo millennio? Fanno sesso sicuro?
Credo che abbiano con la questione safe sex un rapporto non razionale ma fatalista, un po’ disturbato, come di una cosa della quale dà fastidio parlare … Ma il fatalismo che ti fa dire vabbè, se la devi prendere la prendi, è un grave errore.
Cosa diresti a un sieropositivo che per noia, per demotivazione, o per paura di essere emarginato, pensa di iniziare il bareback?
Gli dico che è una scelta che lo porterà fatalmente ad un abbassamento della qualità della sua vita perché è facile che si becchi qualche epatite o un herpes o condilomi che sono tutte cose molto noiose da curare (oltre che dannose). Ma soprattutto che a mio parere, se lo fa con un sieronegativo, equivale davvero ad ammazzare qualcuno.
E a un sieronegativo che decidesse di fare bareback?
Che è un coglione! Uno che insulta chi sta soffrendo e chi è morto infettandosi incolpevolmente. Ai nostri tempi noi non sapevamo dell’AIDS, ed andavamo al Ca.Ve. (un centro trasfusionale di Milano N.d.R.) a fare il test per la sifilide, stavamo attenti ai condilomi, alle epatiti e nonostante questo ci s’è trovato infettati nostro malgrado. Lo avessimo saputo, avremmo fatto anche noi sesso sicuro.
(3. continua)
di Luca Valeriani
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