A 35 anni, per quanto non sia del tutto crollato e abbia un suo pubblico di affezionati (intendo amanti, non lettori, ovvio), il Mazzini comincia a soffrire i primi sintomi dell’età. Il suo medico, ancora molto attraente e che immancabilmente lo accoglie sorridendo dai quasi 30 anni che lo ha in cura, gli consiglia di iscriversi a nuoto, “se non vuoi fare la fine di tua madre”.
Ora, visto che non è bello parlare della propria genitrice in una rubrica di sesso, passerò direttamente all’esperienza acquatica. Trovata la piscina, concordati gli orari, mi presento alla prima lezione armato del mio costumino grigio antracite. Lo perderò presto.
Il gruppo dei super dilettanti, ovvero la “corsia uno”, è formato in prevalenza da persone molto più grandi di me (e anche più grandi di mia madre), signore romane dalla voce profonda e dalla risata sguaiata, con le quali finirò presto per scontrarmi, finché il mio istruttore, segaligno e particolarmente poco attraente, decide di passarmi tra i casi meno gravi.
Un applauso a Flavio Mazzini, dunque. Che continua a nuotare con le vecchie, ma non le abbatte più con la sua bracciata possente, limitandosi a sfiorarle dalla sua “corsia due”. A istruirlo non c’è più il tizio alto e magro ma uno bassetto e tarchiato. Possibile che gli istruttori di nuoto siano ridotti così male? Uno va in piscina convinto di trovare super bononi e finisce in mezzo a Stanlio e Ollio e al gruppo della canasta?
Alla prima assenza e al conseguente recupero in un differente momento della settimana si svela però l’arcano: i boni ci sono, non troppi ma più che sufficienti a compensare il resto. E Flavio Mazzini nuota più svogliatamente, non tiene la destra della corsia, sbanda, ingoia acqua e non vede l’ora di tornare dalle sue vecchie.
Poi però c’è la giusta compensazione: se si azzeccano infatti i tempi di quelli che più ci piacciono, è possibile fare la doccia contemporaneamente. Bisogna solo saper mantenere il giusto equilibrio tra sguardi indiscreti, controllo dell’erezione e l’apparente sublime indifferenza. Questo almeno pensa il Mazzini. Ma si illude. Perché i bononi non si spogliano. Fanno la doccia col costume e, al momento di manipolare con una schiumata veloce i genitali, si girano pure.
Ma dico? Scusate… ma fare la doccia col costume secondo me è come fare all’amore con le mutande! Non c’è …
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Ma dico? Scusate… ma fare la doccia col costume secondo me è come fare all’amore con le mutande! Non c’è gusto. Si sta comunque tra uomini, no? C’è un gioco sottinteso di complicità cameratesca e di paragoni inespressi… C’è, davvero! O almeno uno pensa che ci dovrebbe essere, perché si sa che noi finocchi agiamo sospinti da altre intenzioni e si sa anche che un etero piuttosto che confessare simili pensieri vanterebbe…
Però, andiamo ai fatti: quali sono i motivi che impediscono a questi corpi scolpiti, dalle spalle ampie, alti, asciutti, virili, insomma bononi, quali motivi impediscono di mostrarsi integralmente? Si tratta di omosessualità repressa? Paura di farsi sorprendere in erezioni fuori luogo? Oppure paura dei gay, perché si sa che sono dappertutto e quindi essere spiati non fa per loro? Oppure, ancora, paura del confronto? Possibile che si spogli solo chi è tanto sicuro di sé e magari prova perfino piacere a esibirsi?
In tutto questo, anche dopo la doccia, sempre con la coda dell’occhio, non mollo nemmeno un istante un ragazzo, il più pudico di tutti. Tiro fuori le mie cose dall’armadietto e lo osservo, di fianco a me, sfilarsi il costume di sotto l’accappatoio, asciugarsi accuratamente senza far mai trapelare nulla all’esterno (chissà se anche lui ha il pisello), infilarsi le mutande e restare ancora con l’accappatoio addosso. Finché non ha indosso i jeans, regolarmente abbottonati, non ha intenzione di mostrare nemmeno un pezzetto di pacco.
Eppure, con i jeans e a petto nudo mi sembra ancora più bello, forse perché fa un certo effetto, alto com’è, con quelle spalle ampie, ecc. O forse questo pudore, questo sottinteso divieto di guardare mi ha eccitato ancora di più. Per guardare lui ho perfino perso di vista gli altri, comunque non altrettanto pudichi. Uno di questi, non meno attraente, si asciuga i capelli, seduto sulla panca, con le parti intime avvolte senza troppa cura in un asciugamano. Sembra quasi aspettarmi, aspettare che distolga lo sguardo dall’altro. Come a dire: non fissarti su uno solo, non ne vale la pena.
Recupero in extremis e mi prodigo in tortuose gimkane per raccogliere le mie cose, al solo fine di cogliere l’angolo giusto da dove intravedere qualcosa tra le pieghe di quell’asciugamano. Ha ragione lui, l’altro sarà pure uno spettacolo ma non vale la pena struggersi per chi non ci merita. Dunque mi congedo, ancora eccitato ma soprattutto felice, perché so che la prossima settimana lascerò da parte ogni tentazione e mi dedicherò soltanto alla mia salute. Facendo attenzione a non sbattere contro le mie adorate vecchie.
Flavio Mazzini, trentacinquenne giornalista, è autore di Quanti padri di famiglia (Castelvecchi, 2005), reportage sulla prostituzione maschile vista “dall’interno”, e di E adesso chi lo dice a mamma? (Castelvecchi, 2006), sul coming out e sull’universo familiare di gay, lesbiche e trans.
Dal 1° gennaio 2006 tiene su Gay.it la rubrica Sesso.
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di Flavio Mazzini
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