GAY SI DICE ‘USCA’

Dopo il successo di Zelig, la dottoressa Fullin raccoglie le sue lezioni sulla lingua più inutile del mondo in ‘Tuscolano’, un libretto che è tutto uno spasso. L’abbiamo intervistata.

GAY SI DICE ‘USCA’ - Fullin02 - Gay.it
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Se vi siete persi qualcuna delle lezioni di tuscolano che la dottoressa Fullin ha tenuto in tv durante il Zelig Circus oggi potete recuperare. La archeologa più improbabile della televisione italiana ha infatti appena pubblicato un agevole volume in cui non solo raccoglie le regole della lingua più inutile del mondo ma illustra anche la società tuscolana, condendo il tutto con il suo consueto spirito ossessivo e grottesco. E per quelli a cui del tuscolano non gliene frega assolutamente niente, ecco Alessandro Fullin e la sua gayissima comicità raccolta in Tuscolano (Mondadori, 10 euro) un agevole libretto che si legge rapidamente e regala ampie manciate di ilarità. Alle quali il buon Alessandro ci ha abituato da tempo: Fullin frequenta locali ed eventi gay da molti anni, e non solo per piacere personale ma soprattutto per esibirsi per quelli che lui chiama “i suoi simili”. Lo abbiamo visto al Friendly Versilia Mardi Gras, al Gay Village, a vari Pride e in tutte quelle altre occasioni di ritrovo che gay e lesbiche organizzano in varie parti d’Italia. Poi è arrivato il successo in tv, ma lui non ha perso il contatto con la comunità da cui nasce. E dopo il successo, come spesso succede, è arrivata la possibilità di pubblicare un libro…
Alessandro, come è nata l’idea di questo libro?
Mah non so, le cose nascono perché hai delle bollette che sono scadute.
È stata una tua idea o della casa editrice?
No, è una vecchia idea che ho da tanti anni. Insegno da molti anni il tuscolano. Essendo che a Zelig

GAY SI DICE ‘USCA’ - tuscolana - Gay.it

avevo lasciato i simpatici italiani soltanto al presente indicativo, con il libro sono arrivato fino al futuro.
Nel libro, oltre che della lingua, si parla anche della società tuscolana però non si fa molto accenno alla omosessualità nel mondo tuscolano. Che cosa mi puoi dire di questo? Si sa qualcosa?
Le notizie, come sempre per gli omosessuali, sono molto incerte. Ci sono due termini per definire l’omosessualità: l’omosessuale in tuscolano si traduce usca mentre lesbica è il femminile di usca che è usco.
Con Zelig sei esploso nel firmamento della notorietà televisiva, però continui ad esibirti nei circoli gay come hai sempre fatto. Che cosa è cambiato nel tuo rapporto con il pubblico?
I simpatici eterosessuali li ho sempre temuti nella mia vita. E a ragione. Per fortuna la professoressa Fulin è un personaggio molto trasversale e ha avuto una fortuna strana perché piace molto ai bambini, un mondo per me assolutamente sconosciuto: l’ultimo bambino che avevo conosciuto ero io stesso. E poi piace alle signore di 40 anni.
Perché proprio a loro?
Perché c’è una somiglianza, forse una identificazione. Le signore quarantenni mi vedono e dicono: beh, un po’ pazzerella lo sono anch’io. In realtà quello che funziona è il travestimento: io ne ho fatto un uso minimo, mi metto un po’ di rossetto, mi trucco in trenta secondi. E così poco truccato c’è un effetto di realismo assoluto per cui alla fine risulti più vera come signora. Una archeologa si truccherebbe così, perché lei scava, poi deve correre in trasmissione, poi torna a casa, prende la vanga e continua. C’è una verità del personaggio. Se ti travesti molto, in questo viaggio che un uomo può fare verso il continente femminile, viene fuori una cosa meno realistica.
A proposito: il tuscolano è una lingua semplice, con pochi termini, ma in italiano e ancora di più nel gergo gay ci sono miliardi di parole per individuare le sfumature. Si parla di drag queen, travestito, trans, transgender…
La confusione regna sovrana tra i miei simili.
Esatto. Ma tu vuoi collocarti in qualche termine di questi o preferisci la libertà?

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La mia ambizione è che nei miei personaggi ci sia una punta di lesbismo. Se dovessi immaginare la sessualità della dottoressa Fullin la giudicherei un po’ ambigua perché ha delle durezze mascoline che mi divertono. A parte gli scherzi, i miei personaggi sono così asessuati e penso che anche per questo passino in tv. Certo quando fai una trasmissione così ti esibisci per le folle; io ho sempre avuto un pubblico gay che mi ha sempre coccolato e amato. Ho scritto per i miei simili perciò gli eterosessuali quando vedono le mie cose rimangono un po’ allibiti. Perché se c’è una cosa che è molto vicino all’orientamento sessuale è l’umorismo. Un gay capisce immediatamente dove voglio andare a parare.
Quindi secondo te esiste davvero una differenza tra gay e etero?
Per me questa cosa che non esistono le differenze non è vera. Io sono omosessuale e ribadisco alcune differenze che non sono solamente il fatto che ho un fidanzato e non una fidanzata. Ci sono delle cose che ci distinguono.
Ad esempio?
Il senso dello humour. Una volta andai a vedere un film di Almodovar: per caso in una parte della sala c’era il pubblico gay e nell’altra degli etero. Sembrava che non vedessimo la stessa pellicola! Si rideva in modi completamente diversi.
Questo forse fa parte della cultura specifica e dell’immaginario di cui ci nutriamo. E nell’ambiente televisivo ti è mai capitato di avere delle censure o discriminazioni per la omosessualità tua e dei tuoi personaggi?
Mi è successo più a teatro, non censure ma atteggiamenti molto duri del pubblico. L’Italia è un paese molto provinciale e in alcune parti il pubblico non ti capisce e si chiude. Se vedono un gay felice di esserlo non gli piace e si preoccupano, soprattutto il pubblico maschile. In tv no, anzi è stato il mio punto di forza. Anche perché così non ho concorrenti.
Se ricordo bene qualche critica ti è arrivata da parte di alcuni gay soprattutto per il personaggio del soldato omosessuale che avevi portato a Zelig. Alcuni ritenevano che mostrare lo stereotipo del gay che schecca in tv avrebbe rafforzato alcuni pregiudizi nel pubblico…
Mi sorprese molto la cosa. Capisco il punto di vista: è vero dire ‘non facciamo credere che tutti gli omosessuali scheccano’ ed è giustissimo. Ma io non ho un carattere universalistico. D’altra parte noto che i peggiori nemici degli effeminati sono i gay stessi. Che mi sembrano sempre più ossessionati dalla normalità. Per carità: se uno si vuol sentire normale si senta tranquillamente, ma non inaugurerei una caccia alle streghe verso chi volesse vivere le sue avventure in maniera più pittoresca. Io vedo che ora c’è questa esigenza di normalità nel mondo gay che si riflette anche nel modo di vedere la coppia. A me sembra che se sto con una donna è una cosa ma tra due uomini sia diverso: non voglio la domenica pomeriggio con i genitori, con tutti che mi comprendono, mi amano, invitano il mio partner a fare la Pasqua insieme. La sola idea mi irrita: vorrei un percorso diverso, non così canonico. Mi sembra che gli omosessuali oggi abbiano un desiderio di normalità addirittura superiore a quello degli eterosessuali.
Grazie Alessandro. A quando i tuoi prossimi spettacoli?
A gennaio sarà a Milano allo Zelig e poi si vedrà.
In bocca al lupo.
Grazie e saluti a tutti.

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