GAY LIFE 8 – TOSCANA

Ragazzi che si tengono per mano per strada e sognano il matrimonio alla olandese, città piene di locali e associazioni gay e una costa tra le più friendly. Ma c'è qualche contraddizione...

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I locali gay in Toscana sono concentrati attorno a Firenze ed alla zona della Versilia e di Pisa. Il più gettonato è senza dubbio lo YAG bar, vivace punto d’incontro della gioventù fiorentina, ma anche la festa della Flog una volta al mese, come ci dice Stefano (in foto) è frequentatissima, e pure apprezzato è l’Alien che "si chiamerebbe Mesaloca ma il venerdì diventa Alien". Entrambi riapriranno a settembre, come il Flamingo dove si può pure ballare. Sempre aperto è invece il Crisco, locale con dark room, e il Tabasco che, come ci ricorda Fabio, è "il più vecchio locale gay d’Italia, è stato il primo". La serata preferita da Fabio però è "il sabato del "Nobody’s perfect" al Tenax, felicemente misto".

A Pisa troviamo l’Absolut, il bar Arcigay della città, e spostandoci in Versilia per l’estate troviamo, come ci dice Paolo con ricchezza di dettagli: "una spiaggia gay di 5 chilometri chiamata «La Lecciona», la sera ci sono due locali, il Mama Mia (foto sotto) e il Boca Chica, e dietro una pineta per il battuage; in più un locale storico, il Frau Marleen, ma è per travestiti ormai ed etero che vogliono fare con una donna con l’uccello", "la spiaggia è popolarissima, piena zeppa". Stefano racconta che: "i cosiddetti locali gay sono frequentati anche da ragazzi/e etero, ci si va per divertirsi, ballare e ridere ed i gestori del luogo

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(dagli albergatori ai ristoratori) hanno fiutato l’affare e quindi hanno fatto diventare la Versilia gay friendly".

Firenze è senz’altro una delle città italiane più accoglienti per i gay, «è una città piccola ma cosmopolita per tradizione, un po’ cinica, scettica, poco bacchettona, molto di sinistra – dice Paolo – be’, sai com’è, a Firenze "buhaiolo" (gay) viene detto anche per complimento, con il modo paradossale di esprimersi da queste parti; comunque ti racconto questa: due miei amici, fidanzati, si baciarono per strada, in bocca, nel popolare quartiere di San Frediano; una vecchina si fermò a guardare e quando ebbero finito disse: bravi! mi mancava di vedere una cosa del genere io che sono vecchia. BRAVI! pe’ dire – questo però non significa che alle Cascine, noto parco di battuage, spesso i gay non vengano picchiati e che ci siano anche tanti omofobi pure a Firenze».

In effetti Fabio spiega che «c’è un certo fascismo sessuale nella gioventù dell’immediato hinterland: ragazzi che ad esempio si divertono ad andare sui viali o alle Cascine a prendere per il culo il travestito o a picchiare i gay che battono davanti allo stadio, a Campo di Marte; c’è stato un episodio simile, recentemente, ne hanno parlato anche i giornali. Non ci sono spesso aggressioni, ma in zone dove si batte all’aperto, tipo Cascine, parcheggi ecc. ecc. è consigliabile stare attenti. La tecnica è: arriva un ragazzo particolarmente bello, ti corteggia, finge di starci e quando arriva il momento del "contatto" sbucano gli amici e ti prendono a calci e pugni. Sono picchiatori che vengono da fuori, dai dintorni».

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Firenze è certo il capoluogo della regione, anche per la vita gay, ma le altre cittadine toscane, Pisa in testa, non sono da meno. Gli unici posti dove sembra essere più difficile vivere la propria omosessualità, come racconta Francesco, sono davvero i paeselli sperduti sui monti, e anche qui più per la mancanza di luoghi di aggregazione che per l’atteggiamento della gente, perché un po’ dappertutto i gay sembrano aver imparato ad alzare la testa ed essersi convinti di non valere meno degli altri. Se in provincia c’è qualche risata se si vedono due ragazzi per mano, questo non turba nessuno, nemmeno i due ragazzi.

C’è qualche voce discordante però, e viene proprio da una parte della popolazione omosessuale, che può suonare contraddittoria. Alberto dice: «ti posso dire cosa ne penso io dei gay di Firenze; sono tutti donne o esibizionisti, i gay normali (?) non frequentano perché non fanno della loro omosessualità una bandiera. Il mio essere gay è un’attitudine sentimentale non uno stile di vita e spesso mi scontro coi gay che invece vivono solo per scopare e essere gay. Io non vado in giro pomiciando davanti a tutti, non lo faccio mai, non lo facevo neppure con la mia ragazza».

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Diffusa è la conoscenza dell’AIDS e come dice Stefano (in foto), «sicuramente sono molto più informati i gay rispetto agli eterosessuali, ma i coglioni ci sono sempre». Di avviso opposto Alberto: «mancano informazioni soprattutto nel mondo gay; una volta sentivo uno che diceva che lui non prende l’AIDS a fare rapporti orali perché ogni tanto mentre li faceva sputava… è allucinante, non capisco a volte se manca l’informazione o se la gente se ne sbatte pur di divertirsi! Il vero problema secondo me è che dovrebbe cambiare la mentalità di base proprio dei gay». Paolo dà un giudizio più articolato: «non ci sono informazioni sufficienti, parlare di AIDS significa parlare di sesso e di droga, due argomenti affrontati solo in maniera moralistica in genere… I gay, specie i più giovani, non ne sanno a sufficienza, del resto chi glielo insegna?». E d’accordo con lui è Fabio: «all’inizio se ne parlava abbastanza, ora invece mi sembra proprio di no, la scuola se ne dovrebbe occupare per i giovanissimi, poi ogni medico curante e lo stato dovrebbe mandare a casa materiale esplicativo, ma figuriamoci, ora poi…»

Forte è la tradizione associativa della Toscana in ogni campo e di conseguenza anche nell’associazionismo gay. Moltissimi sono coloro che hanno avuto a che fare con il movimento omosessuale e che in un momento o in un altro della loro vita hanno fatto parte di qualche associazione. Stefano spiega: «queste associazioni hanno senso fintanto che i cittadini omosessuali di questo paese continueranno ad essere considerati di serie C rispetto agli altri, ma nel momento in cui i diritti e i doveri saranno pari a quelli degli eterosessuali, a quel punto cesseranno di avere scopi, di avere senso, anche se credo che per un ragazzino di 16/17 anni sarebbe utile avere un punto di riferimento per poter prendere contatto con, che ne so, con uno psicologo, per potere prendere coscienza di sé, penso che sarebbe più facile entrare nella sede di una associazione Omo piuttosto che parlarne con il medico di famiglia o i genitori».

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Non mancano le voci un po’ meno fiduciose, come quella di Fabio (in foto): «non ne so molto, ma vivo bene lo stesso, non credo molto in questo genere di associazioni che finiscono più per ghettizzare che per essere utili, sono finiti i tempi di Mario Mieli… Grillini? Simpatico…»; e nemmeno quelle completamente in disaccordo, come Alberto: «credo che sarebbero utili se facessero qualcosa di differente, per esempio il Gay Pride, finché continueranno a trasmettere immagini di ragazzi vestiti da donna che urlano, scheccano e si mostrano in tutto… non servirà a niente, solo a far credere alla gente che tutti i gay sono così, mia mamma vede le immagini del Gay Pride alla tv e (ignorantemente) esclama: pervertiti e pedofili! Invece se ci si presentasse non dico in giacca e cravatta, ma come persone normali… forse sarebbe più utile, la gente capirebbe che il gay è anche la persona normale».

In generale però l’atteggiamento è di comprensione e di appoggio alle associazioni. Quando Riccardo dice "si vivrebbe anche senza", Francesco spiega: «il mio amico è un po’ scemotto, senza le associazioni non avremmo nessun punto di riferimento, è come una piccola garanzia in caso di bisogno, sia nel bene che nel male, ci puoi trovare amicizie e gente in gamba per un bel gruppo, ma a volte ti puoi rivolgere a loro anche per problemi di vita».

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In particolare «l’Arcigay PRIDE! a Pisa è davvero fatta benissimo, ci conosci amici, a Firenze invece hanno fatto casino nell’Arcigay e si sono formate due associazioni diverse, ma comunque sono in gamba».

Il sogno più diffuso tra i gay Toscani? Trovare un ragazzo (quelli che non l’hanno) o poter sposare, come in Olanda, il proprio fidanzato (per quelli che ce l’hanno). Paolo, meno romantico spera «che in ogni scuola superiore dei gay potessero parlare in un’assemblea pubblica di cosa sia essere gay e cosa significhi», cosa che in Toscana, in verità, si vede accadere piuttosto spesso.

di Riccardo Gottardi

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