Mi ha molto impressionato la notizia, letta su questo sito, secondo cui l’omofobia della Chiesa cattolica allontanerebbe i giovani.
Credo sia una reazione inevitabile alla chiusura di ogni possibile riconoscimento di vita comune al di fuori del matrimonio. Barricarsi non è una buona strategia ma un segno di debolezza e di incapacità di vivere il proprio tempo.
In questo periodo la Chiesa sta fronteggiando una serie infinita di grandi e piccoli scandali: qual è la tua esperienza?Non credo che oggi il clero ritenga l’attività sessuale un optional, ma certamente non vedo più il rigore di 50 anni fa, il principio che “de sexto non datur parvitas materiae”: cioè andava preso sul serio il sesto (o settimo in altre numerazioni) precetto di Mosè, anche se “non commettere adulterio” era stato cambiato in un generico “non commettere atti impuri”. La minima concessione all’istinto sessuale era un peccato grave da confessare prima della comunione per non commettere un sacrilegio. Lo stesso nono comandamento, che vietava i desideri incontrollati della roba altrui (moglie, casa, servitù, greggi), nella prassi del confessionale era diventato una divieto per pensieri impuri intorno al sesto comandamento. Le confessioni diventavano così una tortura spirituale che sfociava nei cosiddetti scrupoli, vera malattia di cui soffrivano tante persone pie. Non era facile stabilire se avevi o meno acconsentito a questi pensieri, ma certi confessori lo volevano sapere, non per curiosità malsana ma per stabilire il tuo grado di colpevolezza. Se un seminarista non resisteva alla tentazione di masturbarsi, gli consigliavano di andare via e divenire un buon cristiano nel matrimonio, altrimenti gli si negava l’assoluzione.
Ma si riusciva a resistere perfino a masturbarsi?Con fatica forse, ma con l’immensa gioia di sapere consacrata la propria castità all’amore della persona di Gesù. Ma all’epoca bisognava confessare anche le polluzioni notturne, se si sospettava di esserne in qualche modo responsabili. Alcuni portavano il cilicio o si flagellavano per vincere la natura ribelle.
Non stupisce allora che chi ha vissuto l’infanzia e l’adolescenza nell’immediato dopoguerra possa avere una formazione tanto rigida. Eppure qualcosa è cambiato col tempo…Scoprendo il vero senso dell’originale ebraico del sesto e nono comandamento, la ‘parvità’ di materia è stata riconsiderata e già molti autori (Valsecchi, Diez-Alegria) negli anni Sessanta e Settanta hanno scritto che la masturbazione non era peccato mortale. Lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica considera la cosa senza la severità di una volta: per molti ecclesiastici è uno sfogo naturale. Determinante è stato il rapporto Kinsey. Non che prima s’ignorasse l’esistenza del libertinaggio sessuale, ma Kinsey svelò all’America e al mondo che si trattava di un fenomeno comune. Verso la fine del Concilio Vaticano II avvenne infine un’altra scoperta: il criterio finale di ogni azione morale e immorale non era la legge, ma la propria coscienza. Questo provocò un enorme permissivismo e la perdita del senso dell’inevitabilità della confessione. Non per niente il cardinale Siri parlava del Concilio come di un vero disastro per la Chiesa e ultimamente parte del clero conservatore tende a rimetterne in discussione certi aspetti. Una fatica inutile, perché tornare indietro equivarrebbe a negare la libertà di coscienza. Ovviamente, essendo la natura umana quello che è, cioè incline al lassismo, non c’è da stupirsi per i recenti casi di cronaca.
Dei preti di Exit mi ha colpito soprattutto il loro scagionarsi: “Il mio non è peccato – dicevano, motivandolo in maniera poco convincente – mentre lo sono pedofilia, darkroom, ecc.”. Non credi che bisognerebbe fare autocritica piuttosto che assolversi e incolpare sempre gli altri? D’altro canto, una ricerca dei ‘colpevoli’ da parte del Vaticano che però ignori il fenomeno più generale, non rischia di diventare sterile o addirittura di aprire una stagione di caccia alle streghe, di cui qualche delatore potrebbe approfittare, magari per una scalata al potere?Noi preti dovremmo leggere il Vangelo in chiave autocritica. Tutto quello che Gesù dice dei farisei lo dovremmo applicare per primi a noi stessi, facendo un rigoroso esame di coscienza: la menzogna regna fra di noi e l’autogiustificazione ad ogni costo è accompagnata dal giudizio feroce verso i fratelli più piccoli, che spiritualmente hanno ricevuto meno di noi. Per non parlare dell’adulazione come strada alla carriera: i prelati sono i veri sadducei del nostro tempo. Quelli del Vangelo non credevano nella vita futura e pensavano solo alle promozioni e agli intrighi con gli occupanti romani. I nostri sembrano i loro diretti discepoli, vogliono avere tutto in questa vita: onori, potere, privilegi, riconoscenze (il cardinalato come ricompensa!). Quanto alla caccia ai ‘colpevoli’, pavento sia un ritorno ai giorni nefasti dell’Inquisizione, che il Concilio Vaticano II sembrava aver spazzato via definitivamente. Mentre Gestapo o Kgb avevano almeno una matrice politica e razzista esplicita, l’Inquisizione pretendeva di giudicare le tue profonde intenzioni religiose: nel Grande Inquisitore di Dostoevskij si finiva per condannare perfino Nostro Signore.
Don Narciso è un vecchio prete romano, come ce ne sono tanti, cosciente di aver sempre voluto seguire il messaggio di amore di Cristo, anche quando è in disaccordo coi vertici della Chiesa e con la loro crescente omofobia. Ha accettato, pur mantenendo uno stretto anonimato, di aprire un dialogo con i lettori di Gay.it. Chiunque sia interessato, può scrivere a Flavio Mazzini, che gli rivolgerà tutti i vostri pensieri e le vostre domande.Clicca qui per discutere di questo argomento nel forum Religione.
di Flavio Mazzini
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