SPOSATO, VADO A TRANS TRAVESTITO

La storia toccante di Riccardo, 38 anni, una moglie e una figlia. E una madre ossessiva che l'ha castrato. "Mi eccita sentirmi donna. Ora lo faccio anche con gli uomini".

SPOSATO, VADO A TRANS TRAVESTITO - leo7 6 5 - Gay.it
6 min. di lettura

Egregio dottore,
sono un 38enne della provincia di Benevento, di professione avvocato, con una storia familiare alle spalle purtroppo non molto serena. Ho famiglia, una moglie di 37 anni, una figlia bellissima di 8 anni, ma, nonostante mi segua uno psicoterapeuta da quasi venti anni, vivo tormentato da un problema che non riesco a trovare il coraggio di confidare neppure a lui, benché confidi tantissimo nelle sue capacità e lo ritenga una persona molto preparata professionalmente.
Il problema è quello della mia omosessualità che non riesco ad affrontare a viso aperto. Sono un omosessuale “nascosto”, nel senso che non mi reputo ancora pronto per venir fuori, e non mi sento in grado di uscire da una spirale perversa fatta di silenzio e di pensieri angoscianti. Sin da ragazzo sono stato oggetto delle vessazioni ripetute nel tempo da mia madre. Esse in parte si ripetono tutt’oggi. Quasi vent’anni di psicoterapia, mi hanno indotto a comprendere che, disgraziatamente, lei è portatrice di una personalità molto incline agli squilibri. Mia madre riversa un amore malato e possessivo nei miei confronti. È arrivata, in più di un’occasione, a rendermi impossibile la vita, ad amareggiarmela con comportamenti ossessivi, patologici. Non mi ha mai lasciato libero di avere le mie amicizie, si è intromessa in maniera maniacale nelle mie vicende personali facendomi terra bruciata attorno, con mille preoccupazioni, mille rimproveri (non esiste qualcosa che io faccia sulla quale ella non abbia da ridire!). Purtroppo questo suo amore patologico ha avuto nel corso degli anni non pochi effetti nefasti per la mia salute e per il mio equilibrio psicofisico, tant’è che nel 1988 fui ricoverato, anche se solo per qualche settimana, in preda ad un forte “esaurimento nervoso”: mi fu diagnosticata una sindrome dissociativa.
Ho compreso, con gli anni che la sindrome dissociativa era il minimo che mi potesse capitare per tutte le vessazioni e le umiliazioni subite. È stato comunque un modo per proteggermi e per segnalare quanto soffrissi. Mio padre, dal canto suo, all’inizio era un tipo caparbio, quando si metteva qualcosa in testa, anche strana, la faceva sempre, e si scontrava puntualmente con mia madre. In fondo era un ingenuo totale, un immaturo che non conosceva la vita e che si è limitato a lavorare indefessamente, concedendosi poche distrazioni. Dopo una serie di scontri più o meno cruenti con mia madre, egli è finito per diventare una sorta di fantoccio nelle mani della moglie, dalla quale si è fatto privare di ogni capacità decisionale e di iniziativa.
Per quanto riguarda il mio percorso affettivo, dopo alcune brevi relazioni con delle ragazze, per soddisfare il desiderio di avere una donna fissa, mi sono sposato. Dall’adolescenza in poi, nel corso degli anni, però, ogni tanto mi è capitato di avere qualche esperienza omosessuale con travestiti, quando ne avvertivo la voglia ed avevo i soldi per concedermela. Queste esperienze sono riconducibili a pensieri, sensazioni, immaginazioni di quando ero ragazzo: ogni tanto mi capitava l’idea del piacere che avrei provato se mi fossi trovato ad essere donna! Mi eccitava ad esempio l’immagine di una foto porno di una rivista ove era ritratta un’antica romana bionda e procace che veniva amata analmente, da tergo, da un centurione romano. Provavo eccitazione al pensiero di essere al posto di quella antica romana…
Eppure è strano: all’inizio quelle immagini, ed anche qualche esperienza omosessuale vissuta, convivevano benissimo con il resto della mia vita ordinaria prettamente eterosessuale: era quasi come se io volessi nascondere a me stesso il piacere che traevo da quelle esperienze, dimenticandole. E ci riuscivo benissimo, tant’è che era quasi come se io non ne tenessi conto. Le consideravo semplicemente come una forma di eccitazione particolare, una cosa sporca che mi faceva eccitare, ma io sicuramente non mi sentivo un omosessuale, neppure in misura minima, perché nel contempo mi sentivo realmente attratto dalle donne e solo dalle donne: il pensiero di fare l’amore con un uomo mi schifava interamente! Ma nel contempo mi eccitava sentirmi al posto di una gheisha o dell’antica romana, e mi piaceva saltuariamente avere rapporti occasionali con travestiti, agendo io la parte della donna.
Questo è durato fino a qualche anno fa. Da qualche anno a questa parte è invalsa una tendenza diversa, nel senso che ha iniziato a prendermi un desiderio di avere anche rapporti con uomini, sentendomi come una donna quando sto con loro. Per cui ho cominciato, di tanto in tanto, a travestirmi da donna, truccandomi, mettendo una parrucca, indossando biancheria intima femminile provocante, ecc., durante gli incontri omosessuali con travestiti. Da un paio d’anni circa, ho iniziato anche ad avere qualche esperienza con uomini veri e propri incontrati in chat e in qualche sauna gay. L’avrò fatto sei o sette volte in tutto, ma sono state esperienze eccitanti per me.
Ora sono veramente confuso: mi piacciono le belle ragazze, se penso di farci l’amore la cosa mi eccita (non quanto però la sensazione di fare l’amore con un uomo sentendomi come una donna fra le sue braccia), ed intanto penso sempre più spesso di ricercare esperienze di tipo omosessuale. Le chiedo aiuto, visto che non riesco a parlarne allo psicoterapeuta, le chiedo di aiutarmi a fare chiarezza. Le chiedo di alleviare con un consiglio la conflittualità interiore che tale stato di cose procura in me. Una conflittualità dannosa per il mio equilibrio e, di riflesso, potenzialmente, se non già attualmente, pericolosa anche per la salute emotiva della mia bambina alla quale tengo tanto.
La ringrazio per quanto potrà fare per me,
Riccardo

Caro Riccardo,
da quanto scrivi nella tua dettagliata lettera verrebbe da pensare che il tuo problema non riguardi tanto l’orientamento sessuale (“sono omosessuale, eterosessuale o bisex?”), ma una confusione più basilare e precoce concernente l’identità di genere, ovvero il sentirsi maschio o femmina. Potrebbe darsi però che questo problema sia più apparente che effettivo (certo bisognerebbe conoscerti e parlarne con te con calma per averne certezza): capita abbastanza di frequente che uomini gay repressi, in forte conflitto con l’accettazione della propria omoaffettività, si orientino verso una “identificazione” con il sesso opposto per placare almeno parzialmente l’ansia che avvertono. Come dire, “se sono mezzo uomo, se sono un po’ femmina, è comprensibile che io possa sentirmi attratto dagli uomini!”.
Si fatica ancora ad accettare, e qui il discorso si estende al campo sociale e comunitario allargato, il maschio che desidera altri maschi! Questo tipo di uomo gay (la stragrande maggioranza degli omosessuali peraltro) fa sentire troppo minacciati i cliché sociali predefiniti. Un uomo eterosessuale può sentire che l’uomo gay non è poi così distante e diverso da lui (e questa è la realtà dei fatti!), a differenza invece di un uomo che si traveste da donna.
Credo che il tuo problema centrale risieda nella non accettazione della tua omosessualità. Sono vent’anni (dico vent’anni!) che sei in terapia e non hai parlato di questo vissuto centrale con la persona alla quale “ti affidi”! Intanto dopo un percorso terapeutico così lungo penso che chiunque si interrogherebbe sulla necessità di continuarlo o meno, sul fatto che potrebbe avere magari esaurito da tempo la sua potenzialità “curativa” ed essere diventato una nicchia abituale e rassicurante nella quale rifugiarsi. Nel tuo caso poi ci sarebbe da interrogarsi sulla qualità del rapporto che hai con questo psicoterapeuta (oltre che sulla rigidità dei tuoi introietti omofobici): che senso ha continuare ad andare da lui e non parlargli di ciò che senti? Che senso ha più in generale continuare a mentire a te stesso e agli altri su questo? Che tipo di relazioni hai con gli altri significativi se non affronti con chiarezza quello che sei?
Scrivi lasciando trasparire un certo grado di consapevolezza riguardo a come i problemi con le figure genitoriali abbiano potuto condizionare il tuo processo evolutivo ed ancora influenzino nel presente il tuo rapporto con la realtà e con gli altri. Ma questa consapevolezza sembra ristagnare a livello cognitivo, non riesce a portarti ad una nuova “qualità di contatto”. Della serie “so un sacco di cose su me stesso, ma non cambia alcunché nel mio relazionarmi al mondo!”, se si esclude il fatto di avere iniziato ultimamente a sperimentare con più soddisfazione, ma con perdurante notevole ansia, una sessualità “tra uomini”.
Ti preoccupi di non creare problemi a tua figlia e mi sembra una preoccupazione apprezzabile e più che legittima, ma non è certo mantenendo la tua confusione che potrai aiutarla a non avere conflitti. I bambini sono in grado di accettare gradualmente la “verità” e di fare i conti con essa, specie se gli adulti sanno avvicinarsi con amore e rispettando le fisiologiche tappe della crescita emozionale. Per i bambini può essere più funzionale una situazione familiare in cui i genitori sono separati, ma sereni e definiti, piuttosto che una in cui papà e mamma rimangono insieme “tanto per”, sforzandosi di tenere in piedi un rapporto provvisto di un’unica funzione, quella di proteggere entrambi dalle proprie paure e dall’affrontare la vita. Con questo do per scontato che anche tua moglie possa non essere felice di stare con un uomo che non la ama pienamente.
Prova a guardare quanto ancora sei legato a tua madre e ai suoi condizionamenti nel vivere così confusamente, e all’ansia che provi all’idea di “separarti” sul serio da lei. È su questo che probabilmente hai ancora bisogno di sostegno. Mentre leggevo la tua lettera, nei passaggi in cui mi parlavi della relazione con tua madre, ho immaginato lei che, come un rapace, ti teneva conficcati gli artigli nel petto, e te che, a dispetto di ciò, non facevi granché per sottrarti alla presa!
Tua figlia ha bisogno di un padre capace di non confonderla e che, avendo maggiore rispetto per se stesso, per la sua identità di uomo che ama gli uomini, le insegni a riconoscere e ad esprimere adeguatamente i suoi sentimenti, a farsi guidare da essi nell’orientarsi nel mondo e ad avere rispetto per se stessa, qualsiasi cosa lei possa scoprire di essere.
Auguri
Giuseppe Iaculo
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di Giuseppe Iaculo

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