CANNIBALISMO E VISCIDUME

Antonio Latella, diventato famoso con gli allestimenti equivoci di Shakespeare e Genet, si dedica a Pasolini. E porta in teatro a Salisburgo il suo "Porcile". Tra scandalo e poesia.

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Cannibalismo e viscidume umano accompagnato dai silenzi di una natura che sbircia il nostro squallore. Il processo discorsivo di Pier Paolo Pasolini non è solamente una sublimazione culturale, seppur atroce e tragica ma, proprio perché atroce e tragica, rappresenta in forme diverse il suo stesso sacrificio, i suoi dilemmi ogni volta translati nei personaggi delle sue opere che, in un modo o nell’altro, finiscono per trovare sempre una fine violenta. “La morte – scrisse – non è nel non poter comunicare ma nel non poter più essere compresi”. Per questo Pasolini viveva l’arte come una forma di tormento, un desiderio inenarrabile di comprensione, paradigma del corpo e dell’anima. Occorre cimentarsi in un non facile dialogo con l’autore per comprendere l’essenza nostra e altrui: un viaggio emotivo ed intellettuale!
E’ il caso di “Porcile“, dramma in undici episodi scritto per il teatro e ritrasportato quasi integralmente nell’opera cinematografica girata nel 1968 e ’69 nella Valle dell’Etna e a Verona. L’opera di Pasolini verrà riproposta ad un pubblico internazionale presso il Teatro Republic al Festival di Salisburgo, dal Nuovo Teatro Nuovo di Napoli, messa in scena da Antonio Latella. Il bravo regista napoletano, dopo il “sodalizio” artistico con Jean Genet, propone una trilogia di Pasolini iniziata con Pilade e ora seguita da Porcile. L’allestimento è immaginato in un luogo disperatamente concreto dove sarà la terra a farsi fecondare dalle parole dell’autore per dare vita ad un gesto estremo di disarmante “poesia”.
“Con Porcile – spiega Antonio – cerchiamo di fare una caratterizzazione di una certa borghesia. Il lavoro si divide in due parti: una più caratteristica e naturale che riguarda Julian e Ida, i due innamorati. L’altra è rappresentata da tante icone, simboli del potere, ed è la parte più geometrica, la più astratta”. A Salisburgo Latella porterà in scena l’opera nella sua integralità proprio perché il dramma si sviluppa come una sorta di via Crucis dei personaggi.
Porcile, chiediamo al regista, può diventare un inno al manifesto teatrale di Pasolini? “Il testo lo è – replica Latella – anche se poi, rispetto agli altri testi pasoliniani, è quello più borghese. Resta un manifesto, perché proprio come dicevi tu, va a toccare i temi a lui cari: il tormento come la sua morte. Cambia il modo di combattere. Se in Pilade il combattimento era rappresentato da un ragazzo che lentamente decideva di staccarsi dal mondo, di restare solo, di cominciare la sua rivoluzione senza tradire la sua coscienza; qui abbiamo un ragazzo inerte che combatte solamente all’interno della famiglia, cambiando ogni volta la sua disperazione e le sue urla. Una forma borghese che è pur presente nella vita stessa di Pier Paolo”.
Il lavoro che Latella sta alacremente preparando a Napoli con gli attori che lo seguono da anni presenta un filo conduttore con gli altri lavori di Latella nella loro essenzialità scenica. Il pubblico ha sempre una disposizione circolare interna, proprio per dare all’insieme una sorta di assemblea culturale. Il pavimento è luogo di rappresentazione e di ascolto, di incontro tra i recitanti e il pubblico. I colori dominanti il rosa ricordano la carnagione del porco ma è anche un colore candido che riesce a nascondere il malessere. Tra ricatti e diffidenza i personaggi rivelano fino alla fine la loro drammaticità e il dolore finale della morte. Julian ha un “vizietto”: ama accoppiarsi con i maiali e anche questo è frutto di ricatti e rivalsa. Con un montaggio parallelo la scena finale è quella dei patiboli dei cannibali e l’ingresso di Julian nel porcile mentre uno dei condannati recita a più riprese: “Ho ucciso mio padre, ho mangiato carne umana, tremo di gioia”. Gli attori sono quelli che da tempo seguono Latella nei suoi “excursus” teatrali.
“Tutto quello che sono riuscito a fare è grazie a loro e alla loro disponibilità. – li omaggia Latella – I lavori che rappresentiamo non appartengono a me perché in realtà sono frutto di una coralità. Io stesso li chiamo ad essere autori di quello che fanno e questo diventa per me la condizione ideale per dare corpo al testo su cui stiamo lavorando. Se non si realizzasse questa forma dicotomica diventerebbe un viaggio solitario che non mi appartiene e non mi interessa”. Porcile è uno dei tre spettacoli internazionali del “Progetto Giovani Registi” appedice “off” al Festival di Salisburgo (con l’Italia ci sarà una compagnia tedesca e una lituana) e si concluderà con la premiazione della compagnia che più conquisterà i favori del pubblico.
Latella e la sua compagnia è stata scelta a rappresentare l’Italia dopo che una commissione aveva visto, rimanendone entusiasta, il “Querelle” nel grazioso teatrino di Palermo. Una occasione questa che Salisburgo offre alle compagnie europee aprendo lo sguardo sul mercato internazionale, grazie anche al prestigio che il Festival ha saputo conquistarsi. La trilogia pasoliniana di Latella si concluderà con “Bestie da stile”, un testo difficile e meno rappresentabile dove lo stesso Pasolini non segue una forma teatrale di rappresentazione ma una sorta di autobiografia difficile da mettere in scena. Ma proprio per queste difficoltà Latella e la sua compagnia hanno cercato un testo che rendesse omaggio al grande Pier Paolo Pasolini. Dopo Salisburgo, Porcile andrà a Napoli, Roma e in altre città italiane.

Porcile di Pier Paolo Pasolini
Regia di Antonio Latella
Con: Danilo Nigrelli, Rosario Tedesco, Marco Foschi, Cinzia Spanò, Mauro Pescio, Stefania Troise, Giovanni Prisco, Giuseppe Papa, Annibale Pavone, Enrico Roccaforte. Scene di Mela D’Erba. Costumi: Cristina Da Rold. Suoni di Franco Visioli. Disegno luci di Giorgio Cerveri Ripa.

di Mario Cirrito

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