Gay: siamo destinati ad essere soli?

È davvero così difficile trovare un compagno per una vita di coppia o siamo noi che preferiamo "divertirci" piuttosto che amare? Se lo chiede un lettore. La risposta dell'esperto.

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3 min. di lettura

Salve.
La mia domanda è una sola: ci siamo o ci facciamo? Mi spiego meglio. Intorno a me vedo troppa gente gay che si lamenta di non avere un compagno, si sbattono a destra e sinistra cercando, a volte come disperati a volte meno, qualcuno e non riuscendoci praticamente…mai. E con quei pochi che conoscono finisce immancabilmente male.

Allora io mi chiedo: non sarà che siamo proprio noi spesso a boicottarci, a screditarci, a non essere in realtà affattto convinti di voler stare REALMENTE con qualcuno? Ci si lamenta di stare da soli… ma in realtà non cerchiamo altro! Non accettiamo in fondo una relazione omosessuale, è questo secondo me il motivo di fondo!

Semplice, banale e fin troppo evidente. Ma il bello è che… NESSUNO CI OBBLIGA AD ACCETTARE UNA RELAZIONE DI COPPIA OMOSESSUALE… MA A VOLTE LA CERCHIAMO LO STESSO! Il gatto che si morde la coda.

Ciao a tutti.

La risposta
Carissimo,
anche se hai formulato una precisa domanda ho come la sensazione che quanto espresso nella mail sia più uno sfogo, o comunque un tuo liberarti da certi pensieri non facili da comprendere tanto quanto eventualmente da giustificare.

Credo che l’essere umano, a prescindere dall’orientamento sessuale di appartenenza, riesca ad "esserci" e a "farci" allo stesso tempo. Voglio dire che il lamentarsi e il riuscire a boicottarsi sono due elementi (lati) della stessa medaglia. In fondo quello che gli individui richiamano è l’ATTENZIONE dell’altro nel senso che ci si accontenta con troppa superficialità di essere considerati e così appaghiamo narcisisticamente la nostra sana parte egoistica.

L’essere umano è un "animale" sociale e in quanto tale non ama stare da solo, quando ciò accade è facile riscontrare delle difficoltà psicologiche, relazionali e sociali che alimentano più l’aspetto patologico del voler stare da soli.
Sono questi individui che possono aver subito delusioni, essere stati vittime di ingiustizie o comunque avere accumulato una forte tendenza ad essere scettici della fiducia dell’altro.

Vorrei però soffermarmi sulla difficoltà di rimanere da soli negli omosessuali, anche perché ho la convinzione di riconoscere in questo segnale una forte tendenza a rimanere incastrati nella paura di una non accettazione di sé. In fondo anche se oggi si riesce a parlare con molta più tranquillità del proprio e altrui orientamento sessuale; essere omosessuali non è più "patologico", anche se qualcuno continua imperterrito a inneggiare all’unico vero e sano orientamento sessuale (eterosessuale), non è detto che molte persone con orientamento gay/lesbico/trans gender si sentano sereni e in linea con le proprie scelte "sociali" di genere.

Ecco allora che una persona può quasi esasperatamente richiamare l’attenzione andando alla ricerca del partner ideale e allo stesso tempo, una volta trovato, avere paura di portare avanti quella tanto attesa relazione.
In fondo la nostra società che tanto accetta oggi le omosessualità non si è concessa il lusso di regolamentare la possibile convivenza sociale: sia con legislazioni a favore delle unioni civile, che con le regolamentazioni di ordine prettamente civico.

Fintanto che non saranno tessute le trame di quella rete sociale (generale) dell’essere omosessuale, fintanto che non saranno presenti anche elementi apparentemente stereotipici della vita psico-socio-affettiva delle persone gay/lesbiche e trans gender, il rischio più grande sarà quello di continuare a combattere con strani mulini a vento. E’ un po’ il gioco che forse avevi in mente tu: il gatto che si morde la coda. Mi piace l’idea di un piccolissimo errore in quanto solitamente è il cane che giocando si morde la coda, il gatto eventualmente decide egoisticamente di leccarsela!

Questo però mi permette di sottolineare quando ogni individuo ha dentro di sé la possibilità di cambiare le cose. Essere omosessuali non significa attendere che un "sociale" caratterizzato da tutti i possibili orientamenti sessuali decida di cambiare le regole, bensì iniziare seriemente a credere in quello che si sente e cosa più importante a creare nuove regole di vita sociale comune.

Un inciso: questo non deve essere fatto solo nei Pride o in certi quartieri definibili ad orientamento omosessuale. Sarebbe necessario promuoverlo ovunque e in qualunque momento di vita sociale. Forse molti individui che non riescono a concedersi la possibilità di una relazione affettiva coerente e "sana" potrebbero cominciare a comprendere cosa realmente desiderano.

Un abbraccio,
Dr. Fabrizio Quattrini

di Fabrizio Quattrini

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