Perché la denuncia sui preti gay non fa giustizia per la comunità LGBT ma rischiamo solo di essere avvelenati da una vendetta personale.
Non potrebbe essere meno opportuna la malcelata soddisfazione con cui pezzi della comunità LGBT hanno accolto lo scandalo dei preti gay svelato dall’escort Francesco Mangiacapra, già noto per il libro su don Euro, il sacerdote che intratteneva una vita di vizi e faceva sesso con altri uomini fingendosi un agiato professionista grazie alle donazioni dei fedeli.
Stavolta Mangiacapra ha presentato un dossier in cui avrebbe raccolto testimonianze sulla condotta sessuale di quasi sessanta prelati, concentrati in diverse diocesi del Sud. Se la subdola tentazione di farne un’arma di rivincita contro l’omofobia della Chiesa è comprensibile, si tratta, è bene ricordarlo, di uomini che fanno sesso con altri adulti consenzienti, a pagamento o meno.
Si dirà che la loro doppia morale è ingiustificabile, che c’è un tradimento della loro missione ecclesiastica, perfino che smascherarli aiuta a mettere in ridicolo i messaggi omofobi che ancora sono parte della dottrina della Chiesa. Tuttavia se non c’è un dolo, nella distrazione delle offerte per opere religiose o una condotta penalmente rilevante che meriti di essere denunciata con nomi e cognomi, non mi è chiaro come distruggere la vita di preti qualunque possa essere uno strumento di lotta o anche solo di rilievo per la comunità LGBT.
La consegna poi del cosiddetto dossier all’autorità vescovile, cioè al cardinale Crescenzio Sepe di Napoli, è una delazione degna delle peggiori schedature che dovrebbe schiarirci le idee sulla natura e le conseguenze di questa operazione. D’altra parte è lo stesso Mangiacapra, la cui operazione probabilmente non aveva altro fine che non il proprio e giusto vantaggio, a dire che vuole che questi prelati vengano puniti per la loro omosessualità e la doppia morale.
È proprio in questo modo che il ‘dossier rivelatore’ presta il fianco a quella Chiesa omofoba che chi lo elogia vorrebbe colpire: credete davvero che mettere alla berlina sacerdoti gay possa far capitolare l’omofobia del cattolicesimo? Tuttalpiù susciterà una recrudescenza contro i preti anche solo sospettati di omosessualità o attivi nel dialogo tra gay e cattolicesimo o ci sarà un più comune nascondimento della polvere sotto il tappeto. L’arcivescovo campano ha già dichiarato a Repubblica che “Chi ha sbagliato pagherà. Ci sono misure chiarissime, e ogni vescovo si assumerà la sua responsabilità nell’applicare quelle norme previste dal codice di diritto canonico”.
Questa è l’unica conseguenza del dossier. Favorire una condanna dell’omosessualità, chiunque sia a praticarla, non potrà mai, mai essere uno strumento che rafforza la comunità LGBT né tantomeno qualcosa di cui altri omosessuali possano dirsi soddisfatti.
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