The Observer, quotidiano d’informazione online statunitense, sarebbe entrato in possesso di una lettera inviata da Benedetto XVI nel maggio 2001 ad ogni vescovo della Chiesa Cattolica per impedire di rendere pubblico qualsiasi reato di violenza commesso su minori da clericali. Nella lettera, presentata come prova di accusa in una causa avviata contro una chiesa del Texas per difendere due vittime di abusi. L’avvocato Daniel Shea, avvocato dei due giovani, ha accusato Ratzinger di aver cercato di ostacolare il corso della giustizia. Nella lettera inviata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, all’epoca diretto dal cardinale Joseph Ratzinger, infatti, si ordinava ai vescovi di non rendere pubbliche le indagini su presenti abusi per almeno 10 anni dal raggiungimento della maggiore età da parte delle vittime. Chiunque non si fosse attenuto alle indicazioni riportate, sarebbe stato soggetto a scomunica.
Lo scopo del documento che porterebbe la firma dell’attuale Papa e quella dell’arcivescovo Tarcisio Bertone, avrebbe avuto lo scopo di evitare che le forze dell’ordine venissero a conoscenza di tali reati affermando che la Chiesa poteva rivendicare per questi episodi una propia autonomia di legislazione. La perplessità di Shoa, espressa nel corso del processo, riguardo tale ordinanza riguarda il decennio che sarebbe dovuto passare prima che il reato divenisse di dominio pubblico, una vera e propria occultazione dei fatti. Un portavoce del Vaticano ha fatto sapere che «Non trattandosi di un documeto pubblico, non è possibile parlarne» e che accusare il Pontefice di occultamento è falso e calunnioso. Intanto, però, molte diocesi americane continuano a fare il possibile per far fronte ai numerosi risarcimenti dovuti alle famiglie danneggiate dagli abusi emersi dallo scandalo pedofilia che ha investito il mondo Cattolico negli ultimi anni.
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