Padova: l’inchiesta sui gay credenti

Ecco le posizioni espresse da chi ha studiato il gruppo di gay credenti e dei suoi denigratori.

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‘La Difesa del Popolo’ si apre alle tematiche gay. Omosessuali nel cammino della fede. Una sfida alla comunità ecclesiale è il titolo dell’editoriale che apre la prima pagina del settimanale della Diocesi di Padova del 29 aprile, introducendo un’inchiesta in due parti che, con toni molto pacati, cerca di chiarire l’argomento ‘omosessualità’. "Un’inchiesta – spiega il direttore del settimanale cattolico, don Cesare Contarini – in cantiere da tempo, ma abbiamo voluto aspettare di pubblicarla in un momento tranquillo, favorevole alla riflessione e non sotto la spinta degli eventi". Lontana, forse, dalle polemiche innescate dal World Pride 2000 di Roma in pieno Giubileo, ma uscita con tempismo quasi perfetto con le prossime manifestazioni organizzate, a partire dal mese di giugno, in occasione della giornata mondiale dell’orgoglio GLBT. L’indagine si compone di interviste a psicologi e teologi che non sembrano portare novità al dibattito.

Le premesse con cui si apre il servizio sono incoraggianti: "Non si sceglie di essere omosessuali. E dove non c’è responsabilità di scelta, come può esserci ‘colpa’? Non si tratta di ‘malattia’ da cui guarire, di ‘devianza’ da ricondurre nei percorsi della normalità, di ‘immoralità’ da stigmatizzare e da fuggire"; sembrano anzi in contro-tendenza rispetto a dichiarazioni eminenti: "L’omosessualità è una pratica deviante, non è comportamento normale. (…) Condanno l’omosessualità, non i gay verso i quali ho compassione" (Mons. Elio Tinti, vescovo di Carpi). Lo stesso Contarini ammette che all’interno della Chiesa "esistono indubbiamente sensibilità diverse. C’è chi parte dai principi e si attiene solo ad essi irrigidendosi, e chi preferisce partire dalle situazioni concrete ed interrogarsi sul modo migliore per condurre il cammino verso la fede". Toni e posizioni concilianti che stridono con quanto espresso nell’intervista resa da don Giampaolo Dianin, delegato diocesano per la pastorale familiare: "Basilare è la distinzione tra tendenza e comportamento. Se della prima nessuno è colpevole, sui comportamenti è lecito esprimere un giudizio morale, siano essi i comportamenti degli eterosessuali che degli omosessuali". All’affermazione del prelato ribatte il presidente del circolo Tralaltro-Arcigay di Padova, Alessandro Zan: "Se la nostra colpa non è la tendenza omosessuale ma solo i comportamenti, mi chiedo come mai i comportamenti morali scorretti degli eterosessuali siano denunciati una volta l’anno ed i nostri, che siamo minoranza, invece sempre". Don Dianin rincara la dose: "A livello pratico la chiesa rimane contraria ai rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso, per i molteplici significati, unitivo e procreativo in particolare, che questi gesti portano con sé. Ma si tratta anche di aiutare queste persone ad accogliere la loro situazione, a smascherare eventuali sensi di colpa, e, come sempre per la morale cristiana, a vivere ciò che è possibile nella loro situazione". Ribatte ironicamente Maurizio Palomba, psicologo del Gay Counseling: "Mi viene solo una considerazione personale: li ringrazio della loro comprensione e pseudo-accettazione, e l’aiuto vada a coloro che coi sensi di colpa trovano (per tutta la vita?) il conforto, peccando e poi facendosi perdonare".

Nell’intervista a Erminio Gius, frate cappuccino e docente di psicologia sociale all’università di Padova, l’intervistatrice punta l’interrogativo sulle componenti della tendenza omosessuale: educazione, contesto socio-culturale, sfera psicologica o fattore biologico? "Resta fondamentale nella comprensione del problema -spiega Gius – la componente psicologica". E puntualizza: "L’omosessualità quasi sicuramente, dal punto di vista dello sviluppo psicologico della persona, potrebbe essere ricondotta a una particolare difficoltà incontrata nel normale processo di identificazione, di differenziazione e di individuazione". Risponde ancora Palomba: "Ci risiamo col concetto di normalità! L’assunto di base in questo discorso è che già si dà per scontato che esiste uno sviluppo normale, inteso come sano, ovviamente la risposta è inficiata in partenza". Sfera psicologica o biologica, identificazione incompleta e differenziazioni mancate, a tal proposito Elisabetta Torresin, responsabile del gruppo padovano ‘Drastica…mente’, semplifica e centra l’argomento: "Si inquadra sempre l’omosessualità muovendosi ancora nell’ambito della problematica: gay si nasce o si diventa? Il dibattito sicuramente è variegato, ma purtroppo inesistente in Italia. Personalmente non mi pongo questo tipo di problema, biologia, psicologia o cultura, credo che siamo soprattutto il frutto delle esperienze che viviamo giorno per giorno e che ci portano ad accettare la nostra omosessualità e a viverla serenamente".

Il problema evidenziato invece da Antonio Stivanello, psicoterapeuta della famiglia dell’Ulss 16 di Padova, chiama in causa il rapporto con i genitori che si sentono rifiutati dai figli nel processo fondamentale della crescita: quello dell’identificazione. "Scattano naturalmente meccanismi complessi, innanzitutto il rifiuto, almeno in un primo momento. I conflitti sono dettati per lo più da un fatto molto semplice. Per un padre, ad esempio, l’omosessualità significa chiaramente questo: ‘Papà, io non ho voluto essere come te, e dunque scelgo di identificarmi con la mamma. Io rifiuto il modello maschile che tu rappresenti e mi offri’. Così specularmente per la mamma di una ragazza lesbica". Una risposta al problema troppo semplicistica che non trova d’accordo Maria Luisa Bellavia, responsabile della rubrica ‘SpazioAgedo’ del mensile ‘Pride’: "Giudizio molto elementare. Il problema dell’identificazione è un problema urgente. Come sempre dobbiamo, da buoni eterosessuali, trovare una causa per di chi è diverso da noi, prendendo il modello eterosessuale come se fosse l’unico esistente e considerando ‘malati’ i diversi, deviati o devianti dalla giusta strada, quella della perfezione".

Se l’episodico interesse della ‘Difesa del Popolo’, indubbiamente, risulta un’apertura verso certe tematiche scottanti, l’esito dell’inchiesta però, puntualizza Alessandro Zan, "non segna novità rispetto al pensiero ufficiale della Chiesa". "Lo sforzo, seppur apprezzabile, – conclude Elisabetta Torresin – non sembra troppo riuscito ed in certi punti risulta anche banale. Si cerca sempre di inquadrare l’omosessualità nel cliché della problematicità, ci si pone sempre nella posizione di voler capire invece che prendere delle posizioni precise a riguardo".

Opinioni: il teologo, il sacerdote, lo psicologo cattolico, quello laico. Parole: rispetto, dialogo, comprensione, accettazione, accoglienza. Entrambi mischiati in un resoconto insipido che vuole tracciare un quadro generale, abbozzato con tratto leggero, del ‘problema’ omosessualità che, a conti fatti, risulta superficiale, più che divulgativo o teso a indagare e portare alla luce una realtà poco conosciuta, ma tuttavia popolata di storie e persone che cercano lo spazio che spetta loro di diritto nella società.

di Nicola Brunoro

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