GENOVA – Fa un po’ impressione venire a sapere che oltre seicento anni fa era il notaio della Curia a formalizzare un’unione tra due uomini per molti aspetti simile ai “Dico” di cui si parla in queste settimane e che sono violentemente attaccati dalla Chiesa romana. Col pretesto di voler difendere la famiglia tradizionale si pronosticano disastrose conseguenze sociali per un qualcosa che invece è un impegno di auto-aiuto tra due persone (certo non privo di valore sociale) riconosciuto dalle autorità. Nella seconda metà del ’400 l’importante notaio genovese Andrea De Cairo, anche cancelliere dell’arcivescovato, stilava questo atto nel quale due uomini non legati da vincolo di parentela vivono insieme sotto le stesso tetto impegnandosi a vita nella cura e sostegno reciproco, nominandosi reciprocamente l’uno erede dell’altro. I vocaboli “unio” e “fraternitas” sono usati per descrivere un legame che forse oggi sarebbe definito come “omo-affettivo”.
La curiosa scoperta storica riguardante questi antichi documenti, riportata sulle pagine del quotidiano La Repubblica, è emersa nel corso di un progetto di ricerca finanziato dalla Direzione generale degli Archivi e curato scientificamente da Alfonso Assini dell´Archivio di Stato di Genova e dalla Società Ligure di Storia Patria. Un progetto avviato circa un anno fa ma che andrà avanti ancora per almeno un altro paio d’anni. Di documenti ne sono già emersi alcuni, stilati da diversi notai, il che lascia supporre che la pratica non fosse affatto inusuale nella repubblica marinara genovese del tempo. Insomma pare che questa specie di Dico esistesse, e non suscitasse particolare scandalo, già molti secoli addietro. (Roberto Taddeucci)
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