Salute mentale femminile: otto storie assurde

Dall’alba dei tempi, la salute mentale – e di rimando, verso le malattie correlate – è un argomento caratterizzato da un alone di stigma inspiegabile. Ma questo stigma risulta particolarmente accentuato – e a tratti grottesco – quando si parla di donne, vittimizzate tramite accuse di stregoneria e costrette a una quotidianità malata causa – e secondo gli esperti di allora cura – dei loro “morbi”. Sebbene la storia non sia spesso il soggetto più interessante su cui soffermarsi, in molti conosciamo il detto “coloro che non imparano dalla storia sono costretti a ripeterla”. Ecco otto fatti riguardanti la storia della psichiatria femminile che faranno impallidire anche il professorone più misogino. L’utero era il sospettato principale per qualsiasi malattia mentale femminile Tornando indietro di qualche millennio – approssimativamente verso il 1900 A.C. – gli egiziani furono i primi ad attribuire la causa dei disordini mentali al femminile a una cosina chiamata “movimento spontaneo dell’utero”. In pratica, si pensava che ansia, depressione e stress fossero causati da un utero ballerino, che quando si spostava o sussultava faceva danni. Ora, non c’è da prendersela con gli antichi egiziani per un errore del genere, perché ai tempi si cominciava appena a capire l’intricata e sottile complessità della sfera emotiva umana, tuttavia, questa credenza rimase ben fino al XVI secolo, e ancora oggi fomenta alcuni stereotipi e credenze difficili da abbattere – ES. Una donna non ha il controllo della propria emotività. Altra curiosità: il termine “isteria”, che definisce la prima malattia mentale tutta al femminile, deriva dalla parola greca “histerëcus”, ovvero utero. Grafica di Carly Berry 2. La cura per l’utero ballerino erano le essenze Le prime misure terapeutiche per far star tranquillo quest’utero che se la navigava a destra e sinistra vennero ritrovate in un documento medico risalente al 1600 A.C. – il Papiro Ebers – primissimo riferimento canonico alle malattie depressive. La cura era mirata a riposizionare l’utero al posto giusto, ma come? Ebbene, annusando sostanze incredibilmente sgradevoli, e nel contempo spruzzandone un po’ sugli organi genitali, andando a circondare il monellaccio da ambo i fronti, e costringendolo a ritornarsene dove stava. 3. La cura per l’isteria, tra il sesso costante e l’astinenza Un dottore greco chiamato Melampus era ai tempi determinato a trovare la soluzione per risolvere i problemi uterini. Egli credeva che tutti i malesseri psicologici di una donna potessero essere ricondotti alla mancanza di orgasmi. Una teoria decisamente ridicola oggi, e tuttavia ripresa più volte anche da psicologi moderni. Platone – che con la medicina ci azzeccava ben poco essendo un filosofo – sosteneva anch’egli che la donna è infelice quando non – ehm – copula o non porta in grembo un bambino. Anche Ippocrate ce l’aveva con l’utero depresso, additandolo come la causa dell’isteria. Una vita sessuale inadeguata pareva rendere il poverino un po’ abbacchiato, e la soluzione risiedeva quindi nel – rullo di tamburi – matrimonio! Quale garanzia di amplesso migliore e costante? Per il rovescio della medaglia, invece, il medico greco Soranus sostenne invece la teoria contraria: invece che gettarsi tra le braccia di un uomo, una donna isterica doveva astenersi e rimanere vergine. Quindi, le scelte erano due per una donna già di per sé depressa: o trovarsi un marito che le copulasse fuori il suo disordine mentale, oppure una vita di rimpianti. Sarei stata depressa pure io. 4. L’orgasmo femminile veniva definito un “parossismo isterico” Se volessimo per un secondo considera l’idea dell’isteria come una vera e propria malattia mentale, allora l’unico modo per curarla – o almeno ridurne i sintomi – sarebbe quella di garantire un flusso costante di orgasmi. Tuttavia, siccome le donne risultavano ai tempi delle creature mistiche, enigmatiche controllate dal proprio utero, un orgasmo era una questione medica, e come tale, meritava il proprio ridicolo nome, ovvero “parossismo isterico”. L’orgasmo maschile rimaneva invece un bell’argomento da taverna, ai tempi non classificato in nessun modo perché nessuno sosteneva che esso – o la mancanza di esso – causasse alcun disturbo mentale. Oggi, la situazione è decisamente diversa. Il linguaggio è uno degli elementi fondamentali del nostro raziocinio, ed è tristemente noto come esso sia spesso stato usato – e continui a esserlo – per mantenere la struttura patriarcale. 5. Ci fu un tempo in cui i dildi furono presidio medico I medici dell’Inghilterra Vittoriana – periodo storico che provoca già in sé moti di amarissime risate – furono ai tempi tuttavia pionieri di quelli che oggi chiamiamo vibratori. Come se non fosse già abbastanza grottesco definire gli orgasmi femminili “parossismi isterici”, una donna veniva definita incapace di provocarsi autonomamente piacere, e stava invece al dottore – rigorosamente maschio – fornire benevolmente un orgasmo tramite massaggio pelvico. Come in moltə sappiamo bene, il massaggio pelvico – insomma, la masturbazione femminile analogica – se protratta può diventare stancante e provocare crampi alla mano di chi la pratica. Quindi, grazie al Dr. Joseph Mortimer Granville, nacque il vibratore. Sì, il vibratore è nato per il privilegio maschile. Ti do qualche minuto per elaborare questa informazione. Per quanto oggi i dildi siano la salvezza per tantissime persone, e siano oggi studiati per offrire una user experience impeccabile verso l* vaginomunitə, a Granville e alla sua banda non interessava più di tanto il piacere femminile. È importante infatti ricordare che questi metodi venivano utilizzati per “curare” dei disturbi mentali, ma anche come mezzo per detenere il controllo sulla sessualità femminile. 6. Cornute e mazziate: se avevi qualche sorta di malattia mentale, ti additavano pure come strega E sappiamo tuttə che fine facevano le streghe. Tutti conosciamo la storia dell’inquisizione spagnola, ma – non avendola fortunatamente vissuta – il suo retaggio aleggia venendo quasi mitizzato, gli orrori di quel tempo risultano per noi così incomprensibili da non sembrarci reali. Tuttavia, per tantissime donne vittime di quegli eventi – molte delle quali affette probabilmente da problemi di salute mentale – i processi alle streghe erano un’orrenda quotidianità. 7. La parola “isteria” non ha abbandonato i tomi medico-scientifici fino agli anni 80’ Joyce Buyers se l’è scampata per il rotto della cuffia. La comunità medico-scientifica internazionale ci ha infatti messo un bel po’ di tempo per eliminare del tutto la patologia dell’”isteria” dal proprio vocabolario, fino ai recentissimi anni 80’. Ci abbiamo messo letteralmente secoli per liberarci una volta per tutte – almeno ufficialmente – di un termine estremamente discriminatorio e degradante. Immaginiamo solo quanto tempo ci vorrà prima che tutti i medici della vecchia scuola vadano in pensione insieme al loro retaggio misogino! 8. Infatti ci siamo ancora dentro fino al collo Se prendiamo ad esempio una patologia comunissima come la vulvodinia, in quantə ci siamo sentitə dire “È un fattore psicologico, prendi un po’ di lexotan e passa”? Gli stereotipi di genere nel contesto della salute mentale sono ancora troppo radicati per aspettarsi un abbandono totale di certi retaggi. Ed è lo stesso sentimento che porta in molti a diffidare dellə sopravvissutə a stupri e maltrattamenti. Se non crediamo che le persone con un utero possano avere il controllo sul proprio corpo, come possiamo pensare che siano narratorə affidabili delle proprie esperienze? Ciò che vale per l’ambiente sanitario, vale purtroppo anche per la realtà di tutti i giorni.

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