Il primo calciatore professionista svedese a fare coming out, Anton Hysen, si racconta in un’intervista in cui spiega che sì, anche nella civilissima Svezia, ogni tanto, dagli spalti del campo di Goteborg su cui si allena, gli arriva qualche "finocchio!", ma che non per questo si è pentito di aver rivelato la propria omosessualità. "Cos’avrò dispeciale – chiede alla giornalista del Corriere della Sera Gaia Piccardi – se tutti questi giornalisti vengono a cercarmi? Che sono gay?".
"Non ho niente da nascondere – spiega -, ho fatto coming out per poter vivere me stesso alla luce del sole. Certo vivo in Svezia, un Paese ateo e liberale, una scelta del genere in una nazione cattolica come l’Italia sarebbe stata più difficile. Ai tifosi dovrebbe interessare che sono un giocatore tecnico e non velocissimo, se mi schierano in difesa o esterno di centrocampo, e non con chi vado a letto".
E a proposito dei suoi compagni di squadra dice che sono persone gentili e che hanno reagito bene al coming out. Certo, gli spogliatoi sono gli spogliatoi e le battute ci sono. Ma, a sentire Anton, niente di cui preoccuparsi: "I soliti scherzi, le solite battute… – dice -. Tipo: c’è Anton, non lasciate cadere il sapone ragazzi! Non m’importa, a volte ci scherzo su anch’io, è normale. Io non sono religioso. Credo in me stesso, nella mia famiglia e nei miei amici. Vivo giorno per giorno. Il resto non mi preoccupa".
Come quello di tutti gli altir, non è stato un percorso facilissimo, quello di Anton, che però ha avuto il sostegno della famiglia. A cominciare dal padre Glenn, ex giocatore del Liverpool e della Fiorentina e ora allenatore. "Papà mi ha ascoltato e poi ha detto: non potrei essere più fiero di te, ti sosterrei anche se volessi fare la ballerina classica".
Adesso, però, Anton, che oltre al fare il giocatore di calcio lavora part-time in catena di montaggio alla Volvo, pensa al futuro, all’amore che vorrebbe trovare e, perché no, ad uno stipendio migliore.
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