D’Alema: “La crisi prima dei diritti gay”, polemica nel Pd

L'ex ministro dice di essere a favore delle unioni di fatto, ma aggiunge che la crisi impone alleanze ampie che mettono in secondo piano i diritti. Poi incontra Arcigay e si scusa.

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AGGIORNAMENTO: Alla Festa Democratica di Bologna D’Alema ha incontrato il presidente di Arcigay Paolo Patanè e si è scusato: «Chiedo scusa per l’equivoco. Può darsi che i miei riferimenti al testo costituzionale siano stati rozzi, che non mi sia espresso con chiarezza. Non ho mai detto che la Costituzione impedisce il matrimonio omosessuale. Ho detto che siamo in un Paese con una storia e una tradizione». Nel quale la lotta per i diritti deve fare i conti «con un ragionevole compromesso» tra «l’allargamento dei diritti per persone che convivono» e «la sensibilità di un mondo cattolico che si sente urtato». Sensibilità che – precisa – non è la sua: «Non ho la remora di definire il matrimonio un sacramento». D’Alema si è però anche detto «colpito» che le sue frasi, «o meglio spezzoni di un discorso durato tre ore», siano state riportate dopo quattro giorni, «quasi a voler mettere benzina sul fuoco»

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"Fermo restando l’inciviltà delle posizioni omofobiche che vengono da una parte del mondo cattolico, adesso il programma di un governo di questo tipo deve essere quello di risanare il Paese e di rimetterlo in moto. Sono due piani diversi: c’è quello del governo e poi quello di una battaglia politica e culturale". Così Massimo d’Alema ha risposto a Zoro che alla Festa dell’Unità di Ostia lo ha intervistato ponendogli anche domande sui diritti delle persone lgbt. "Noi, su questo tipo di diritti, abbiamo una posizione limpida – ha continuato l’ex ministro -. Ma oggi i grandi temi del governo del paese sono quelli di riformare lo stato e rimettere in moto l’economia: temi che richiedono un’ampia coalizione". Quello che si legge tra le righe è che il Pd pensa ad una coalizione con forze con le quali sa benissimo che sul piano dei diritti civili come quelli legati ai temi lgbt e alla procreazione assistita, per fare due esempi, sarebbe impossibile trovare un accordo.

La risoluzione della crisi, quindi, prima di tutto. Una sorta di ragion di stato secondo la quale il livello di riconoscimento dei diritti dei cittadini non avrebbe niente a che fare con la stabilità, il progresso e la democrazia di un Paese.
"Sono favorevole al riconoscimento dei diritti delle unioni – continua D’Alema -. Noi avevamo appoggiato un disegno di legge che riconosceva l’unione tra gli omosessuali, ma la distingueva dal matrimonio (i DiCo, ndr). Il matrimonio, come è previsto dalla costituzione, è l’unione tra persone di sesso diverso, finalizzata alla procreazione. Questo dice la Costituzione. Del resto, le organizzazioni serie di gay non hanno mai chiesto di potersi sposare in chiesa. Hanno posto un problema diverso, ovvero che vengano riconosciuti i diritti delle persone che si uniscono". "Penso – chiude il dirigente del Pd palesando ancora di più la confusione tra matrimonio religioso e matrimonio civile – che il sentimento degli italiani che ritengono che il matrimonio sia un sacramento vada rispettato. E’ possibile rispettarlo senza comprimere i diritti delle persone omosessuali, diritti che devono esser riconosciuti".

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Gli risponde il vicepresidente del suo stesso partito, Ivan Scalfarotto che dalle pagine del suo sito definisce "avvilente" l’intervento di D’Alema che "indica una subalternità deprimente alla Curia romana". Perché è di un ex ministro degli Esteri che parliamo, il quale "sembra ignorare che appena passata la frontiera a Ponte Chiasso o a Ventimiglia, le cose che dice lo proiettano dritto dritto in un cartoon degli Antenati". Un ex ministro che si lascia andare ad un "crescendo rossiniano sul matrimonio in Chiesa (…) all’anima della laicità dello Stato". "Caro D’Alema – scrive accorato Scalfarotto -, il matrimonio per un uomo di stato è un negozio giuridico, disciplinato dal codice civile, aperto ai cittadini di qualsiasi confessione o aconfessionali. Il tema è se sia ammissibile che possano esserci, con il nostro partito al governo, istituti giuridici a cui taluni cittadini non possono accedere a causa del ‘sentimento’ di altri cittadini. Questo è, nudo e crudo, il punto".
Il vicepresidente del Pd, nel ricordare che dai tempi dei DiCo ad oggi hano adottato leggi sul matrimonio gay perfino il Portogallo e l’Argentina, ricorda quanto accaduto non più tardi di tre mesi fa a New York.

"Ma possibile che D’Alema non si chieda come mai a New York un Senato saldamente nelle mani dei repubblicani abbia introdotto il matrimonio gay – si chiede Scalfarotto -? Che non abbia letto cosa quei senatori hanno dichiarato al momento di prendere quella decisione? Che non abbia riflettuto e meditato su quelle parole? Io non ci posso credere". Paola Concia interviene rivolgendosi direttamente all’ex ministro. "Caro D’Alema – scrive l’onorevole in un comunicato -, quando ti rimproverano che vuoi riproporre il Pci degli anni ’50, evidentemente una qualche ragione ce l’hanno: parli di diritti civili ancora come se fossero diritti borghesi. Forse ti sei sentito un cinico perché pensavi di sedurre l’UDC, ma sappi che Casini quel matrimonio con te, non lo vuole proprio fare". "Caro D’Alema – conclude Concia -, in ultimo voglio solo dirti che questo modo di fare politica non aiuta certo il Partito Democratico; al contrario non fa altro che avvelenare i pozzi".

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E a commento delle parole di D’Alema arriva anche un comunicato del presidente di Arcigay Paolo Patané che ritiene "mostruoso" l’intervento dell’ex ministro. "Le affermazioni di D’Alema sono talmente rozze da risultare incredibili – dice Patané -. Intanto finge di dimenticare che non esiste nessuna relazione tra matrimonio e procreazione, perché il matrimonio non è diritto esclusivo delle coppie che possono procreare. Poi confonde tra matrimonio civile e matrimonio religioso, dimenticandosi che esiste una differenza tra cittadini e credenti e tra Stato e Chiesa. E infine riesce persino a dimenticare la sentenza della Corte costituzionale 138 del 2010 che parifica i diritti delle coppie conviventi dello stesso sesso a quelli delle coppie coniugate eterosessuali. In qualunque Paese dell’Unione queste sarebbero le tipiche dichiarazioni di un esponente di estrema destra con smanie religiose, ma in Italia sono le dichiarazioni di un leader del PD, ovvero di un partito che si dice progressista e di sinistra".

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"Non è vero che in tempi di crisi i diritti civili sono secondari caro D’Alema – tuona Patané -: la sua è un’affermazione degna della più retriva cultura stalinista. In tempi di crisi aumenta semmai la necessità di riconoscere equità ai poveri di diritti ed aumenta il rischio di discriminazioni, come il suo pensiero ci dimostra". Infine, il presidente della principale associazione gay d’Italia chiede al Pd di prendere le distanze dalle parole di D’Alema: "Questo partito dall’incertissima identità vuole sinceramente cambiare il Paese? Inizi a cambiare se stesso e ci dica che il pensiero di D’Alema non lo rappresenta più". 
L’intervento di D’Alema – dice in una nota il segretario di Certi Diritti Sergio Rovasio -,non è altro che la sbiadita fotocopia delle "brillanti" posizioni (e pregiudizi) sostenute dalla maggioranza del sistema partitocratico italiano. Mister baffetto non fa altro che alimentare  l’incapacità di costruire strategie vincenti, e far arrendere alla disperata realpolitik".

"Quelle tesi – continua Rovasio – svelano nel miglior modo possibile il guaio di una sinistra italiana che deve combattere con una zavorra culturale (prima che politica) che D’Alema rappresenta al meglio". Infine Rovasio conclude ribadendo il sostegno a tutti i dirgenti locali del Pd che, invece, fanno scelte diverse: "Noi siamo al fianco dei tanti "ridicoli e poco seri" dirigenti del PD che invece hanno scelto di sposarsi, ma che, anche grazie ai D’Alema nostrani, questa scelta l’hanno potuta esercitare solo all’estero. E insieme continueremo questa lotta per il superamento delle diseguaglianze".

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