Com’è crescere gay in Cina? Lo racconta chi l’ha vissuto sulla propria pelle

La mancanza di una cultura LGBT, la doppia personalità, i problemi a comprendere la propria identità: ecco cosa accade a chi si scopre omosessuale in un paese che non lotta per i tuoi diritti ma nemmeno ti perseguita.

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Com’è crescere in Cina ed essere gay?“. Questa è spesso la prima domanda seria quando qualcuno che sto conoscendo scopre che sono gay e che sono cresciuto in Cina. Capisco la loro curiosità – il concetto sembra quasi un ossimoro. Nella Cina totalitaria, dove tutto è controllato sotto lo stretto guinzaglio del Partito Comunista, essere parte della comunità LGBT non dev’essere facile. Dopotutto, il compare ideologico della Cina, la Russia, è diventato l’emblema dell’oppressione nei confronti della comunità LGBT. La Cina, in teoria, non è così differente.

Molte persone si aspettano che io racconti un’estenuante descrizione della sopravvivenza in una distopia omosessuale. Ma la verità è che raramente mi sono sentito in pericolo. Ci sono stati momenti difficili mentre stavo crescendo, ovviamente: quelle palpitazioni inspiegabili quando vedevo bei ragazzi, le conversazioni agitate con le quali mi presentavo a delle ragazze per inserirmi tra i miei simili, l’imbarazzo personale di sentirmi eccitato dagli uomini nei porno. Ma questi sono momenti che ogni ragazzo gay passa, non importa dove si è nati.

Tutto sommato, crescere da omosessuale in Cina non è stato così terribilmente difficoltoso per me. La Cina raramente si vanta di perseguitare le persone LGBT, per cui si è sentito raramente di dichiarazioni negative nei confronti della comunità. L’omosessualità è ancora considerata immorale e ampiamente deprecabile, ma essere gay era più come una sorta di infausta leggenda metropolitana che un peccato palpabile e punibile.

Questo ha reso il tutto fottutamente confuso all’inizio. L’insieme di sentimenti che sentivo non mi sembrava avere senso, visto che non capivo nemmeno che essere gay fosse una possibilità. L’assenza sostanziale di una cultura LGBT – sia positiva sia negativa – mi insegnò che non c’era nulla che mi mancasse e di cui potessi soffrire; niente film ultraromantici con colpi di fulmine, niente contestatissime icone gay, niente attivisti perseguitati. Nessuna battaglia, ma anche nessuna gioia. Avrei speso la mia intera vita addormentato, e questa sarebbe stata la forma più opportuna di silenzio.

Il motivo maggiore grazie al quale mi svegliai fu internet. Un sacco di persone LGBT della mia età erano fortunate ad avere la possibilità di riconoscere e costruire la propria identità attraverso i blog e i social media. La Cina moderna non è così oppressiva come molti potrebbero pensare quando si parla di questioni LGBT online. Nonostante all’inizio fosse abbastanza severa nella censura di contenuti LGBT, l’internet cinese negli ultimi 20 anni si è evoluto da un dominio vietato a un santuario virtuale per la comunità. Si può magari non essere sicuri di sé nel rivelare la propria sessualità in pubblico, ma sul web la nostra comunità cresce florida.

Il boom di internet ha aperto numerosi buchi nella roccaforte ideologica cinese, e le informazioni hanno iniziato a zampillare senza sosta, nonostante le policy draconiane sulla censura. L’internet senza limiti mi ha ipnotizzato. Ho iniziato a informarmi sull’esistenza delle persone gay online, sia accidentalmente sia intenzionalmente, ed essere gay ben presto è diventato non così improbabile.

Il grande momento è arrivato nel 2004, quando avevo 14 anni. Un amico che amavo – anche se inconsciamente – ha appoggiato la sua testa sulle mie gambe. Ho sentito qualcosa di strano quando ho passato la mia mano dolcemente tra i suoi capelli. Ho capito che amavo i ragazzi. E penso anche lui. Nessuno di noi ha fatto nulla negli anni a venire – eravamo troppo timidi. Ma ho ancora il suo numero salvato nel telefono. Dopo averlo realizzato, avrei voluto infilarmi in ogni situazione che mi si presentava dinnanzi per imparare su quell’argomento. Ho letto Allen Ginsburg e ammirato Freddie Mercury. Mi sono infatuato di serie come Queer As Folk, che guardavo quando i miei genitori non erano in casa. Internet mi faceva crescere laddove il mondo reale falliva.

Da teenager, passavo anche molto tempo a guardare porno gay. Avevo scoperto le password sul pc dei miei genitori e avevo letteralmente variato il mio programma a scuola per spendere notti intere negli internet cafè, a guardarli pagando con i soldi che rubavo dai miei. I classici internet cafè raggruppano 100 computer con gli utenti pericolosamente vicini l’un l’altro, per cui sceglievo sempre l’ultima sedia in fondo dove nessuno si siede. Mettevo la testa vicino allo schermo e mettevo le braccia intorno al monitor per impedire alle persone di vedere cosa stessi guardando. Ogni volta che qualcuno passava mi veniva un attacco di cuore, ma questo non mi fermava. Era eccitante e liberatorio. Col senno di poi, sono arrivato alla conclusione che quelli fossero alcuni dei momenti più puri ed euforici della mia vita – era la mia persona e minuscola forma di ribellione contro una società repressiva.

Durante la scuola superiore, ho incontrato un paio di ragazzi che furono coraggiosi abbastanza da fare coming out. Non ho mai avuto le palle di farlo. Avevo paura che tutti i miei amici mi avrebbero abbandonato se avessero saputo, e che i miei genitori lo avrebbero sentito dire. Ho persino preso parte a conversazioni in cui le persone insultavano gli studenti gay così da sembrare meno gay agli amici. Fino al diploma tutte le mie interazioni con altre persone gay erano rigorosamente online.

Quando sono andato al college, ero più consapevole della mia identità. Ho deciso di correre il rischio e fare coming out ad alcuni dei miei amici più stretti. Con mia sorpresa, ognuno di loro lo ha preso piuttosto bene, e molti dissero che comunque lo avevano già immaginato.

Ho visitato gli Stati Uniti per la prima volta quando ero al college. Sono andato a Los Angeles e San Francisco, e mi sono goduto la favolosità di West Hollywood e Castro. Il fatto che la comunità gay in America avesse occupato interi quartieri era sconosciuta e strabiliante per me. Ero sconvolto dal vedere ragazzi tenersi per mano e baciarsi in pubblico. Speravo di avere qualche incontro reale, che non avevo mai nemmeno sognato di avere in Cina. Sono andato in un bar gay per la prima volta in tutta la mia vita. Un ragazzo mi ha rimorchiato e ho perso la verginità. Non ho mai baciato un ragazzo prima“, dissi. “Ma sembrava che tu sapessi cosa stessi facendo”, mi disse meravigliandosi della mia spregiudicata naturalezza. “Ho guardato un sacco di porno” risposi.

Mi sono spostato negli Stati Uniti tre anni fa per la scuola, e da allora sono diventato molto più aperto sul fatto di essere gay. Nonostante la comunità LGBT subisca e affronti comunque una serie di problemi, spendo il mio tempo qui in un contesto liberale dove essere gay è sicuramente più accettato e celebrato che in Cina. Fare parte di reali comunità gay mi ha reso più forte. Le celebrità gay, i pride e la legalizzazione del matrimonio gay hanno nutrito il mio desidero di alzare la voce e difendere la mia comunità. Non sono mai stato il tipo di ribelle che da solo cerca di abbattere il muro dell’oppressione, ma posso essere uno dei tanti che cercano di buttar giù il muro insieme.

Al momento la Cina non ha ancora una comunità LGBT che sia rilevante per me. Legalmente la Cina non riconosce il matrimonio omosessuale e non si è impegnata nel dare alla comunità LGBT diritti egualitari. Ma la comunità online ha continuato a crescere a dismisura. Ci sono bar gay a Shanghai, e ci sono stati, nel piccolo, dei pride. Ma le conquiste sono ancora fragili; c’è ancora molto lavoro da fare per rinforzare i nostri diritti.

Molti giovani LGBT sono come me: sperimentano una frattura dell’identità e manifestano personalità diverse a quelli che accettano i gay e quelli che non li accettano. Non ho ancora fatto coming out ai miei genitori. L’onda internet non ha raggiunto la loro generazione, e loro fanno ancora parte della canonica architettura politica e culturale della Cina. Molti ragazzi condividono la mia esperienza: la possibilità di vivere apertamente e liberamente è ancora decisa dai pregiudizi delle altre persone. Abbiamo ancora molta strada da fare.

Zack Bu – tradotto da Quartz

 

 

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