“Né HIV negativo né sieropositivo: sono sierocoinvolto”: l’intervista per capirne di più

Raffaele Serra, attivita LGBT, ha un punto di vista molto interessante sul ruolo dell'HIV nella comunità gay.

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4 min. di lettura

Con Raffaele Serra ho un trascorso polemico che mi accompagna dal mio primo articolo pubblicato su Gay.it: qualche mese fa scrissi “Ho chiesto sesso bareback in chat gay: quasi tutti accettano“, un pezzo d’inchiesta volto a sondare alcuni costumi sessuali sulle chat di incontri per uomini che fanno sesso con altri uomini. Raffaele accolse questo articolo con aspre critiche, arrivando a definirmi sessista e moralista: insomma fu subito amore a primo click.

Qualche mese più tardi catturò la mia attenzione la sua scelta politica di definirsi sierocoinvolto. Né sieronegativo (HIV-), né sieropositivo (HIV+). Per capire bene di cosa si tratti questa interessante presa di posizione, ho deciso d’intervistarlo, in uno scambio ironico, ma puntuale sui contenuti.

sierocoinvolto-001Raffaele, raccontaci chi sei.
Mi chiamo Raffale, ho 29 anni e sono un’attivista compulsivo: “Ciao Raffaele”. Per dovere d’onestà, una mia presentazione dovrebbe cominciare così. L’impegno politico è praticamente la più grande costante della mia vita, oltre all’essere completamente e felicemente frocio. Quando mi chiedono di schematizzarmi rispondo, solitamente, che sono un Maschio gay cisgenere femminista frocialista e sierocoinvolto. Oggi, sono un volontario di UniLGBTQ, l’associazione degli studenti dell’Alma Mater StudiorumUniversità di Bologna.

Per quanto m’interesserebbe approfondire anche la definizione “femminista frocialista”, concentriamoci sul “siero coinvolto”: cosa significa?
Beh, è molto semplice: è una ennesima declinazione del mio femminismo che sento di dover specificare nella comunità gay dell’oggi, in cui vivo. Con sierocoinvolto ci si riferisce al sentimento di “empatia” e coinvolgimento verso la questione dell’HIV. È la scelta politica di dichiarare pubblicamente di non selezionare i partner sessuali sulla base del loro stato sierologico e il rifiuto di essere accettati come scopata solo in virtù del dichiararsi HIV-.

Magari la prossima volta, se i like a questo post supereranno gli insulti, potremo parlare di frocialismi.

Cosa ti ha spinto a prendere questa posizione?
Diciamo che vivo un grosso complesso da maschio cisgenere bianco e borghese. Ogni giorno, nonostante il mio essere gay, vivo una situazione di oggettivo vantaggio nella nostra società: io non voglio questo vantaggio. Quando mi chiedono, magari in una chat dove cerco una semplice scopata, “sei sano?” non riesco a rispondere, non posso rispondere! Se fossi sieronegativo sarebbe come accettare la forte discrimazione che vivono le persone con HIV nella comunità LGBT (sopratutto G), perché “tanto non mi riguarda“. Ecco: a me la questione riguarda – ovviamente, non avrai mai in questa intervista un coming out sul mio stato sierologico. Per quanto riguarda il rapporto tra me e gli altri, “positivo” o “negativo” è uguale, non deve fare differenza. Per semplificare, trattami come se sapessi che sono HIV+, il resto non t’interessa.

Mai mi sarei permesso di chiederti di fare coming out sul tuo stato sierologico, naturalmente. Dalla tua esperienza quanto è comune la discriminazione nei confronti della persone HIV+?
Dalla mia esperienza? Da quella di tutti, direi! Nella comunità gay, ancora oggi l’argomento è un tabù e c’è uno stigma fortissimo: due cose che contribuiscono la crescita dei contagi – seppur sia relativamente semplice convivere con l’HIV. Se non parli del contagio da HIV come credi di dotare una comunità vulnerabile come la nostra di strumenti di riduzione del rischio? Dico “nostra” perché mi pare di capire che anche tu sia un maschio gay o bisex, correggimi se sbaglio.

Grazie dell’interessamento, ma non parliamo di me! Come rispondono le persone quando spieghi che sei sierocoinvolto?
Hai ragione, torniamo a parlare di me. Molti mi bloccano su Grindr, perché lo leggono nel profilo, altri chiedono incuriositi. Le conversazioni più belle, però, sono con i ragazzi positivi che spesso rimangono colpiti se non interdetti da questa mia scelta, dopo avermi chiesto cosa io intenda dire. Quando sei abituato a sentirti respinto – spesso senza alcuna ragione reale – leggere che qualcuno è pronto ad accoglierti e scoparti come farebbe con chiunque altro (sempre che ci si piaccia, ovviamente) è una bella sensazione, mi dicono. Io, dal canto mio, mi sarei perso delle serate molto divertenti se non avessi incontrato alcuni dei partner HIV+ che ho avuto in passato.

Succede che venga scambiato il tuo dichiarati sierocoinvolto con l’affermazione di essere HIV+?
Ovvio che capita. Significa che preferiscono non parlarne per timore che “scenda l’ormone”. Mezza Bologna gaya è profondamente convinta di sapere cosa ho nel sangue.

Che ruolo pubblico può assumere il dichiararsi sierocoinvolti?
Come singolo posso fare poco e niente, come collettività si potrebbe costruire una comunità sierocoinvolta: sono convinto sia l’unico modo per liberarci dall’HIV una volta per sempre. Gli strumenti medici li abbiamo, sono quelli sociali che ci mancano.

Credi che, seguendo questo ragionamento, le associazioni LGBTI discrimino, anche non volontariamente, le persone HIV+?
Anche volontariamente! Pensa ogni volta che nel primo dicembre qualche associazione della comunità costruisce messaggi di prevenzione sul “terrorismo” del condom o sulle lezioncine su “come indossarlo correttamente”. Ora, se vogliamo raccontarci che i contagi da HIV (in costante aumento tra i maschi che fan sesso con maschi) siano frutto di condom rotti e lubrificante insufficiente, beh, allora siamo proprio fuori dal mondo. C’è un problema culturale molto profondo che mina la capacità della comunità gay di proteggersi, dobbiamo ricominciare a parlare seriamente dell'”elefante nella stanza”: lo stigma. Con la mia associazione studentesca, da qualche anno, abbiamo ribattezzato il nostro 1° Dicembre come “Giornata mondiale di lotta all’AIDS e allo stigma verso le persone con HIV“, perché siamo convinti che sia dallo sconfiggere le paure – in gran parte inguistificate – che si possa fare prevenzione efficace.

Dunque, le campagne per la prevenzione portano in sé una discriminazione verso le persone HIV+?
Capisci anche tu che se le campagne di prevenzione dicono “Proteggiti o muori” – roba vista dai miei stessi occhi non più di qualche anni fa – forse è il caso che due domande ce le si faccia tutti. Le persone con HIV e le persone che temono di avere l’HIV (ma ancora non hanno trovato il coraggio di fare il test) non sono tutte cieche, le campagne le leggono. Eppure…

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Fulvio Magni 2.12.16 - 10:46

Un piccolo appunto per Raffaele. Un gruppo di persone legate dalla comune passione per il cazzo NON fanno una comunità.

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arrives 21.11.16 - 18:45

Domanda: Dalla tua esperienza quanto è comune la discriminazione nei confronti della persone HIV+? Risposta: Mai mi sarei permesso di chiederti di fare coming out sul tuo stato sierologico, naturalmente. La realtà dei fatti è questa , il resto sono chiacchiere

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E pperò 19.11.16 - 14:27

interessante........bravi bell'articolo!sono questi i pezzi che ci piacciono!

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