Nelle settimane e nei giorni che hanno preceduto il convegno “Difendere la famiglia per difendere la comunità”, contro il quale molte sono state le polemiche, sia per l’uso del logo di Expo che per il ruolo di organizzatore della Regione Lombardia, i relatori hanno respinto con forza l’accusa di omofobia che da più parti si rivolgeva loro. All’indomani del convegno non possiamo non constatare che è stata tutta fatica sprecata. Perché? Analizziamo quello che è accaduto in quella sala e scopriremo che ci sono almeno quattro dati inconfutabili che lo confermano.
1) Un ragazzo, uno studente, ha tentato di fare un intervento per cercare un confronto, come racconta lui stesso qui . Un intervento fatto prima delle conclusioni, quando tutti i relatori avevano già potuto esprimere il loro pensiero senza nessuna interruzione. Il risultato? Coloro che si appellano al diritto di dire quello che si pensa (fosse anche discriminatorio nei confronti di migliaia di persone) hanno prima urlato contro Angelo Antinoro, questo il nome del ragazzo, e poi lo
hanno allontanato con la forza. Dal tavolo della presidenza si sente distintamente Luigi Amicone, (il direttore di Tempi, quello che ha denunciato come un atto intimidatorio una scritta apparsa sul muro dell’edificio che ospita la sua redazione, per intenderci) dire “sei venuto qui a rompere le palle” e ” vai, vai a cagare”.
2) Come se non bastasse, prima che Angelo venisse allontanato dal palco, Ignazio La Russa, uno che è stato Ministro della Repubblica e che adesso si fregia del titolo di Onorevole, gli ha urlato contro “culattone”. In un paese civile, uno di quelli in cui i diritti di tutti sono garantiti e tutelati, qualcuno avrebbe già preteso le scuse ufficiali, se non le dimissioni di La Russa. Ma tant’è.
Ma neanche questo è tutto. (Al minuto 1.08 del video, l’urlo di La Russa)
3) A margine del convegno, il presidente della Regione Lombardia, lo stesso che aveva rassicurato il consigliere unico di Expo Giuseppe Sala dichiarando che si sarebbe dissociato se avesse sentito “cose strampalate”, ha fatto sapere che non era per niente intenzionato a “farsi fermare da quattro
pirla”. D’altro canto, stiamo parlando di uno degli alleati storici di colui che definì “coglioni” gli italiani che avrebbero votato per il partito avversario alle elezioni successive. È questa, da molti anni ormai, la cifra comunicativa di una certa politica, la stessa che poi, però, è pronta ad accusare di intolleranza chi le fa notare la sua omofobia. I “quattro pirla”, tanto per capire di cosa parliamo, sarebbero le oltre 2000 persone riunite in piazza Einaudi , poco distante dalla sede del convegno, che hanno manifestato non contro la famiglia tradizionale (sulla cui definizione, per altro ci sarebbe molto da discutere, come ci ha spiegato la professoressa Vassallo ), ma a favore dei diritti, dell’uguaglianza, dell’amore, del rispetto. E l’hanno fatto con colori, musica, gioia. Buona parte di loro, va sottolineato, sono lombardi, quindi cittadini che Roberto Maroni rappresenta e governa.
4) Il colpo di grazia che trasforma definitivamente in un clamoroso autogol il convegno è emerso in serata. La sindaca di Crema Stefania Bonaldi (Pd) e dell’onorevole Franco Bordo (Sel) hanno denunciato che tra il pubblico del convegno, seduto proprio dietro Roberto Maroni e Roberto Formigoni c’era don Mauro Inzoli. Secondo quanto riporta
al tweet del giornalista di Repubblica che riporta la notizia e che ribadisce che si trattava proprio di Don Inzoli, come confermato dagli stessi organizzatori. Ora bisognerebbe chiedere ai difensori della famiglia tradizionale e dei diritti dei bambini se siano questi i loro padri spirituali, quelli a cui affidare la difesa dei più piccoli, i modelli a cui ispirarsi.
Da una parte, dunque, c’era un presidente della Regione che ha insultato i propri cittadini (dimostrando anche qualche problema a far di conto), un membro del parlamento che ha dato del “culattone” ad un ragazzo che voleva fare una domanda (e che non aveva neanche detto di essere gay, per altro) e un convegno che ospita un prete accusato di pedofilia, per stessa ammissione del Vaticano. Dall’altra, invece, c’era una folla gioiosa che chiedeva alla propria classe politica semplicemente di avere gli stessi diritti di tutti per le proprie famiglie, i propri figli e le proprie esistenze. Questo è il quadro di quanto successo ieri a Milano. Poi ognuno decide da che parte stare. Ma dovrà deciderlo anche Expo, dato che Maroni ha fatto sapere che intende organizzare un altro convegno simile proprio nell’ambito dell’Esposizione Universale. E questa volta ha modo e tempo per intervenire in maniera efficace con il dovuto anticipo, dato che le pur nette prese di posizione postume contro l’uso del logo non hanno sortito alcun effetto.
di Caterina Coppola
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