Britney Spears, tra innocenza e ribellione

(Ri)percorrendo l'eterna ragazza della porta accanto che ci fa ballare fino alla fine del mondo.

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Britney Spears stronger
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L’icona è quella figura che appena compare sullo schermo tutti la riconoscono. Quel nome che porta con sé un immaginario fisso nella memoria e inscalfibile nel tempo. È quella star che ha cambiato le carte in tavola, lasciato l’impronta come poche altre, e aperto la strada per chi è arrivato dopo. Ogni generazione ha una sua icona, ogni icona lascia il segno a modo suo. Dalla musica al cinema fino alla televisione,  cerchiamo di riscoprirle e celebrarle di nuovo. Tra passato e presente.

 

Se cercate sulla Treccani, alla definizione di popstar troverete la foto di Britney Spears (e se ancora non c’è, forse sarebbe il momento).

Perché nessuna riassume alla perfezione il significato di questa parola come Britney Jean Spears: classe 1981 e originaria del Mississipi,  è l’epitome delle coreografie da imparare a memoria, dei cambi di costume, dei ritornelli fatti ad hoc per entrarti in testa fino alla tomba, è il volto della ragazza della porta accanto che potrebbe essere tua cugina ma nei fatti è una star famosa in tutto il globo.

Britney Spears, Baby One More Time, 1999
Britney Spears, Baby One More Time, 1999

Da quando aveva otto anni e faceva parte del Mickey Mouse Club, quello di Britney è un coming of age davanti i riflettori che a seconda di quanti anni ci portiamo dietro, ricordiamo tutti molto bene: è una sedicenne che nel 1999 si scatena e canta l’amore perduto tra i corridoi di scuola, e successivamente una creatura proveniente da universi paralleli, in tutina di latex rosso fuoco e non così innocente come credi.

Nel 2001 lascia da parte l’innocenza e abbraccia la sua sessualità, ballando in una stanza dove siamo tutti sudati e non passa un filo d’aria, o in compagnia di boa albini sul palco dei VMAs.

Si affaccia alla vita adulta mentre gira malinconica per il Grand Canyon, ricordandoci che non è più una ragazza ma non ancora una donna.

Nel frattempo la scoperta di sé va di pari passo con uno scrutinio maniacale, ossessione per la sua verginità, pressioni sul corpo, e madri di famiglia che la demonizzano come il peggiore esempio che una giovane donna può incontrare.

Così nel 2004 vola tra le nuvole come un hostess fuori di testa, una criminale che sfreccia tra le strage parigine, a ritmo di un motivetto che crea così tanta dipendenza da seguirci ovunque andiamo anche vent’anni dopo.

A farle compagnia c’è anche la regina del pop, che come una fata madrina balla al suo fianco e la bacia in mondovisione.

Ma la vita adulta è presto lo specchio riflesso di un’industria che la sfrutta e spreme fino a farla cadere davanti al mondo intero.

Quando la principessa del pop crolla è il 2007 e tra i media mainstream di salute mentale non se ne parla manco per sbaglio.

Al contrario, lo show non finisce più tra esibizioni terribili in prima serata, ombrelli contro i paparazzi, capelli rasati, e tante lacrime con i flash accesi per intrattenere chi guarda.

Nel blackout totale ci riserva l’album più sfrontato, irreverente, e dark della sua carriera, tra lapdance, foto del dèrriere ai paparazzi che bramano per un pezzo di lei, e video cartoon per ‘spezzare il ghiaccio’.

Quando ritorna nel 2008, Britney è una donna di ventisette anni che governa la musica pop come se fosse un circo e prende in giro i donnaioli.

Sembra rinata dall’incubo ma ogni sua mossa è in mano a quella conversatorship che la terrà sotto custodia della famiglia fino al 12 Dicembre del 2021, quando chiunque potrà finalmente gridare la sua libertà.

Nel frattempo le coscienze si smuovono, e il mondo comincia a considerare le donne che crollano non più come delle ‘pazze’ alla mercé del nostro entertaiment, ma prodotti di un sistema che le manovra, sessualizza, e oggettifica secondo standard impossibili.

Se oggi guardiamo soprattutto i suoi reel su Instagram, perché è ancora un’icona?

Perché ogni artista contemporanea non può non salire sul palco e pensare lei. Perché perché è protagonista di una fiaba tremendamente reale vissuta sotto gli occhi di tutti. Perché è simbolo di resilienza e ribellione contro un’industria musicale che impone alle donne di essere sempre più nuove, più belle, e più brave delle altre.

Ancora oggi, come quarant’anni fa, è l’eterna ragazza della porta accanto che ci fa ballare fino alla fine del mondo.

 

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