In Francia è stato il caso cinematografico dell’estate: è stato visto da circa 120.000 spettatori con un’ottima media per copia e osannato da lodi lusinghiere della stampa transalpina. Ammantato da un’aura trasgressiva (scandaloso! Osceno! Quasi porno!) che di per sé fa sempre da cassa di risonanza per il lancio, esce oggi in Italia “Lo sconosciuto del lago” di Alain Guiraudie, originale e intrigante thriller erotico vincitore a Cannes del premio per la miglior regia nella sezione Un Certain Regard e della Queer Palm. Potrete vederlo nelle città capozona, ovviamente vietato ai minori di 18 anni, dove arriverà in una decina di copie grazie a Teodora Distribuzione mentre in questi giorni il regista è impegnato nella promozione in alcune anteprime: l’altro ieri era presente al Cinema Ambrosio di Torino dove è stato accolto da un pubblico attento e incuriosito che l’ha applaudito ed è rimasto in sala partecipando attivamente al “Q&A” (domande e risposte) seguito alla proiezione.
Dopo una terza visione continuiamo a pensare che sia un film particolare, assai ammaliante: dal punto di vista lgbt va sicuramente controcorrente rispetto a una tendenza ‘omologante’ che tende a mostrare gay inseriti in contesti sociali etero alla ricerca di uguali diritti. In questo senso è più etimologicamente ‘queer’ de “La vita di Adèle”, e probabilmente per questo motivo la giuria della Queer Palm l’ha preferito al capolavoro di Kechiche. Guiraudie sceglie un punto di vista esclusivo che non vuole certo rappresentare l’intera comunità gay: l’unità di luogo rappresentata da un battuage sui bordi di un lago provenzale dove inscenare un sensuale teatro del desiderio in cui il malinconico Franck (l’espressivo Pierre Deladonchamps, nella vita etero con prole) si innamora perdutamente del gran nuotatore, amatore ed assassino seriale Michel (Christophe Paou, magnetico, curiosamente somigliante a Tom Selleck) ma si confida, senza rivelare però la colpa di Michel, col solitario Henri (Patrick D’Assumçao), bisessuale depresso, Buddha silenzioso che se ne sta sempre in disparte, il personaggio più positivo e più amato dal pubblico.
Riguardo a tutto il gran parlare delle appassionate scene di sesso – quelle esplicite in primo piano sono alla fine solo due, girate con controfigure – raramente si son viste così ben filmate, erotizzanti, prive di ogni malizia ammiccante. Il regista è onesto fin dall’inizio e la sua messa in scena è rigorosa, come i lunghi piani fissi sui corpi discinti: il desiderio è nudo, così lui stesso si mostra all’inizio del film senza vestiti a prendere il sole davanti al lago, e quest’immersione totale nella natura selvaggia (magnifica la fotografia di Claire Mathon che esalta la variazione di luce naturale) crea un’atmosfera di grande fascino. “Il sesso è molto importante nell’amore – spiega Guiraudie – e al cinema si vede spesso associato allo sporco, al porno. Ho parlato molto d’amore e amicizia nei miei film precedenti, in questo volevo parlare delle derive del desiderio. Capire fino a dove si può spingere la logica del desiderio. L’angoscia principale è l’assenza dell’altra persona”.
Guiraudie ci spiazza però con tocchi anche ironici (il tipo che cerca donne “ben calde”, il supergelosone, il voyeur ossessivo) sottoponendo allo spettatore una critica alle modalità da rito eco-libertino rappresentata dall’unico elemento esterno a questo micro Eden molto più malinconico che paradisiaco, ossia il segaligno investigatore che, quando scopre che in questo luoghi è usuale avere rapporti sessuali senza nemmeno dirsi il nome, chiosa giudicante: “Certo che avete un modo bizzarro di amarvi!”.
Riguardo alla tematica dell’Aids, che si affronta in maniera speculare perché da un lato c’è Franck che non usa il profilattico con Michel ma c’è anche il coscienzioso ‘uomo del martedì’ che non si fa fare un blowjob senza preservativo, Guiraudie ha spiegato: “Non si parla molto di safe sex al cinema, e non è un bene. L’Aids ha associato l’amore alla morte. Ma anche il mio film parla di eros e thanatos”.
Forse il vero ‘sconosciuto del lago’ è il finale aperto, di libera interpretazione. Oppure è l’amore romantico e i suoi rasserenanti contorni di dolce tenerezza, che qui lasciano spazio a una carnalità vorace (Bataille diceva: “l’atto sessuale è nel tempo quel che la tigre è nello spazio”). Ma chi frequenta i luoghi di battuage sa che non è proprio facilissimo trovarvi principi azzurri e mariti potenziali.
Curiosità: Guiraudie inizialmente voleva fare un film melò e ha girato un secondo finale del film che non ha voluto rivelarci.
Da vedere assolutamente.
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