Tempesta “teo-con” sul ministro Rosy Bindi

Il neoministro della Famiglia dice in un’intervista che la Chiesa può dire quello che vuole ma che la politica deve poter rispondere alle esigenze di una società che cambia. I “teo-con" la attaccano.

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ROMA – A Rosy Bindi, ministro che viene dall’ala progressista della Margherita, è andato il Ministero della Famiglia, un ministero nuovo, a suo stesso dire «tutto da inventare». La battagliera ministra, già in passato ministro della salute, ha concesso un’intervista al Corriere della Sera di domenica che ha infastidito gli esponenti politici più filo clericali. Come noto in tale ambito si sostiene che riconoscere l’esistenza di “altri” tipi di unione oltre a quella del matrimonio sarebbe un non meglio identificato attacco volto a indebolire la famiglia tradizionale, un punto sul quale le gerarchie vaticane sono sempre più insistenti e chiuse, pare, a ogni concessione, tant’è che l’Osservatore Romano parla apertamente di “posizioni indifendibili” riferendosi alle dichiarazioni di Bindi. «Per la prima volta, finalmente l’Italia ha un ministro per la Famiglia.» ha detto il neo ministro, «Dovrò ascoltare la Chiesa, ma anche tenere conto dei mutamenti della società, delle tante forme di famiglia. Si tratta di trovare una sintesi tra i miei valori di cattolica e il rispetto per le idee e le inclinazioni diverse». Sui diritti delle persone che fanno parte di unioni di fatto c’è chi, come Rutelli, sostiene che a regolarli basta il diritto privato, mentre secondo molti altri c’è la necessità di un riconoscimento pubblico, come peraltro avviene già in moltissimi altri paesi europei. Su questo tema Bindi ha detto: «A me pare che non sia possibile né giusto separare rigidamente le due sfere, quando si parla di diritti delle persone. Dov’è il confine tra privato e pubblico? Se c’è una norma che si applica a due persone, anche i terzi sono tenuti a rispettarla. Vedremo. Ne discuteremo. Dovremo evitare uno scontro ideologico». Sul rapporto tra Chiesa e Stato la ministra è stata chiara: «La Chiesa non può non dire quello che pensa. Ma la politica non può non assumersi la responsabilità delle mediazioni e delle scelte. Non dovremmo preoccuparci per le parole dei vescovi, ma eventualmente per il nostro silenzio».
Prevedibili e immancabili le reazioni ai contenuti di queste dichiarazioni. L’ex ministro Giovanardi si dice preoccupato per la «deriva a sinistra di questo Governo» mentre l’ex ministro leghista Calderoli prima pronuncia una clamorosa inesattezza parlando dei Pacs come dei «matrimoni tra gay» e poi la butta sull’antiscientifico spinto affermando che «sono un atto contro natura e la natura non si può violentare!» Il segretario dell’UDC Cesa sostiene che «nel programma confuso e contraddittorio della Bindi non c’è nulla di cattolico, ma emerge il profilo di una famiglia che si avvia alla disgregazione» mentre Giro, responsabile per FI dei rapporti con il mondo cattolico, promette che «sui Pacs saremo cattivissimi». Nella compagine di governo Castagnetti della Margherita si augura che «non passeremo anche questa legislatura a litigare tra cattolici dei due poli sul tema della famiglia» e Mattarella dell’Ulivo commenta quanto sia «sconfortante che sui temi della bioetica e della famiglia non si esca dalla strumentalizzazione di parte». Pieno sostegno e apprezzamento alle parole di Rosy Bindi sono venuti da Emma Bonino («brava e coraggiosa») e Capezzone della Rosa nel Pugno, Luxuria e De Simone di Rifondazione Comunista e Zanda dell’Ulivo e Tonini dei DS. (RT)

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