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ADDIO, MONTRESOR

E’ morto lo scenografo vicino al mondo omosessuale.

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E’ morto pochi giorni fa, per le conseguenze di un male, Beni Montresor, scenografo teatrale e cinematografico dalla squisita sensibilità, e persona sempre molto vicina al movimento omosessuale. Montresor, che l’anno scorso aveva firmato le scenografie della Tosca in scena al Festival Pucciniano di Torre del Lago e lì aveva fatto parte della giuria del concorso Mister Friendly Versilia, lascia incompiuti molti lavori, in Europa e America. Sono molti, infatti, i registi e i teatri in tutto il mondo che erano ansiosi di assicurarsi la sua collaborazione, e che oggi piangono un artista che, con le sue scene conferiva a ogni lavoro una efficacia estetica raffinatissima.

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Appena finita la guerra, Montresor era fuggito a Venezia e si era iscritto al corso di pittura all’Accademia di Belle Arti: si pagava la scuola dipingendo ingrandimenti di cartoline o scrivendo commedie per la radio. E’ stata la radio a portare il teatro nella sua vita facendogli scoprire Shakespeare, Cechov, Pirandello, Moliere. Finita l’Accademia era andato a Roma, dove lo aveva aiutato il regista Francesco Rosi ed era diventato assistente di uno scenografo cinematografico. Poi arrivò il momento di firmare le scenografie del suo primo film, che fu stato candidato al Nastro d’Argento per la miglior scenografia dell’anno.

In sette anni partecipò a 29 pellicole. Poi partì per l’America. A New York disegnava bozzetti d’opera che piacquero a Giancarlo Menotti che lo invitò a Spoleto attirando su di lui l’attenzione del direttore del Metropolitan, Sir Rudolph Bing. A lui Beni confidò che il suo sogno era di lavorare al Metropolitan: e li lavorò, per vent’anni, diventando uno degli scenografi piu famosi del mondo, richiesto in tutti i teatri d’Europa e d’America.

Al centro delle scenografie di Montresor c’era il problema della luce: «Di solito ci si limita alle didascalie del testo – usava dire – luce fredda per la notte, luce calda per il giorno. Si dimentica che può essere più vera una luce che misurata sulla realtà non ha niente di reale. La luce va usata in funzione psicologica e di commento; luce teatrale, anziché verista e illustrativa».

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