BANFI: IN TV CONTRO L’OMOFOBIA

A sei anni di distanza da "Difetto di famiglia" Lino Banfi torna a impegnarsi in una storia che ha l'intento di contribuire a combattere quella che lui definisce «questa maledetta omofobia».

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ROMA – Secondo Byrne Fone, professore emerito alla City University di New York e autore del libro “Homophobia, A History”, nella società occidentale moderna dove il razzismo è disapprovato, l’antisemitismo condannato e la misoginia ha perso ogni legittimità, l’omofobia – ovvero l’antipatia e il rigetto verso coloro che non sono eterosessuali – rimane forse l’ultimo pregiudizio accettabile. Un pregiudizio sorretto e perpetrato nei secoli da precetti religiosi e che ancora influenza negativamente la vita di molte persone. Lo stigma è talmente radicato che ancora oggi una buona fetta degli stessi omosessuali preferisce non affrontare l’argomento di ciò che sono con i propri familiari, temendo possibili ripercussioni e purtroppo, così facendo, contribuendo con la loro segretezza a mantenere in vita quello stesso pregiudizio (che nasce dalla non conoscenza) di cui sono vittime. Nel film tv

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Il padre delle spose, che Rai Uno trasmetterà lunedì 20 novembre in prima serata, Rosanna Banfi interpreta la parte di Aurora, una donna del sud che piuttosto che affrontare col padre il tema difficile del proprio orientamento sessuale preferisce allontanarsi dalla famiglia e perfino dall’Italia per vivere altrove, liberamente, la propria vita e i propri amori. A interpretare il ruolo del padre c’è Lino Banfi, uno tra i più celebri volti nazional-popolari del cinema e della televisione del nostro paese, che è anche l’ideatore del soggetto base da cui è nato il progetto. Gay.it lo ha intervistato in occasione dell’anteprima romana per la stampa.

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Come le è venuta l’idea di voler fare questo film?
L’ho voluto fare perché quando ero ragazzo avevo una cugina che era lesbica e che era vissuta per anni con un’altra donna. Stiamo parlando di una cosa successa quasi cinquanta anni fa. Un giorno ne parlavo con mio padre e gli dissi che secondo me era lesbica. «So’ cumpagne» rispose mio padre. Come dire, lasciale stare, sono amiche intime. In seguito quando ho conosciuto tanti amici gay o lesbiche che mi hanno voluto presentare i loro compagni e compagne ho ripensato a mio padre, che aveva accettato la cosa precorrendo i tempi. Quindi mi interessava capire e approfondire, anche perché nel corso della carriera ho sempre lavorato con tanti omosessuali, gente adorabilissima. Un giorno un giornalista mi ha chiesto: ma se lei va a casa e scopre che sua figlia è lesbica cosa fa? Beh, ho detto, non è che metto subito su una festa da ballo, però cerco di capire mia figlia e dirle che sa ha bisogno di una mano io non mi tiro indietro, perché le voglio bene come padre e voglio essere il primo a cercare di aiutarla nell’affrontare eventuali problemi. E se c’è una donna che sta con lei e la fa soffrire vado lì e le dico: «Disgrazieta!» Allora ho pensato che questa poteva essere l’occasione buona per farne un film, e con chi se non con mia figlia vera, Rosanna? Credo che abbiamo fatto un buon prodotto. Tutti coloro che lo hanno visto in anteprima lo hanno apprezzato speriamo che piaccia anche alla gente.

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Avete avuto problemi nel trovare i fondi per produrlo?
Avevo paura di poter trovare ostacoli da parte della Rai, invece il dottor Saccà, che è a capo della Fiction, è stato d’accordissimo e quindi lo abbiamo fatto insieme. Ma se non avessimo trovato coproduttori lo avrei prodotto io per il cinema. L’argomento sarebbe comunque venuto fuori. Un argomento delicato, trattato con grazia. È una commedia, anche divertente, a cui non mancano dei sapori un po’ amari che riguardano sia l’argomento stesso sia la terra di Puglia.

Il film è girato in parte in Spagna, a Barcellona. Cosa ne pensa di quei paesi che hanno già reso legali i matrimoni tra persone dello stesso sesso?
A loro sarà parso giusto. Da noi…

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Il film è girato in parte in Spagna, a Barcellona. Cosa ne pensa di quei paesi che hanno già reso legali i matrimoni tra persone dello stesso sesso?
A loro sarà parso giusto. Da noi servono piccoli passi per arrivarci. Ci arriveremo, ma non si può mettere subito tutto nel calderone, sennò diventa un minestrone fatto male. Vedo che pian piano i politici stanno capendo, anche perché i Pacs non riguarderebbero solo gli omosessuali come sappiamo tutti, ma anche gli eterosessuali. L’importante è che si cancelli questa maledetta omofobia di fondo che c’è in Italia da parte di alcuni. Quello che il nostro film voleva far vedere è che l’amore, anche quello di un genitore, supera tutte le barriere.

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A proposito di politici: tra loro c’è chi sostiene che riconoscere le coppie gay sarebbe una minaccia per le famiglie perché indebolirebbe l’istituto del matrimonio. Concorda?
I matrimoni che ci devono essere ci saranno comunque. Che effetto ci potrà essere sui matrimoni eterosessuali se un giorno si ammetterà che anche gli omosessuali possano unirsi? Sarà una formula diversa, magari sarà fatta se non da un prete da un’altra persona, ma questo che significa? Non toglierebbe niente a nessuno…

Lei da eterosessuale marito e padre si sente in qualche modo “minacciato” dall’idea?
Assolutamente no. Credo di avere aperto un bel libro e spero che verrà letto.

In molte famiglie ci sono ancora figli o figlie omosessuali che ancora non hanno il coraggio di parlarne e nascondono questo loro modo di essere ai genitori. Secondo lei cosa si può fare per aiutare le famiglie che vivono queste situazioni?
Per prima cosa bisogna aiutare i ragazzi a confidarsi, a dirlo ai genitori. È proprio quello che cerchiamo in qualche modo di fare con questo film, di togliere questa cultura mentale maledetta ai genitori, dicendo loro che devono cercare di capire invece di cacciarli via. Quelli che li cacciano di casa creano un duplice trauma al ragazzo o alla ragazza, che già ha paura a dirtelo e già è in una situazione di fragilità.

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Nel 2000 aveva girato “Difetto di famiglia” nel quale Nino Manfredi interpretava un personaggio gay, che nel film era suo fratello. Che cosa si ricorda del modo in cui Manfredi vedeva la questione e cosa in generale le è rimasto di quell’esperienza?
Manfredi ha fatto il ruolo benissimo, ispirandosi a un suo amico di una certa età che aveva tenuto il segreto dentro per anni, arrivando a dirlo e a “liberarsi” di questa cosa solo pochi anni prima di morire. Lo ha interpretato con grande grazia. Io facevo il fratello ancora chiuso di mentalità, che però alla fine recupera e facendo una full immersion in un mondo che pure non è il suo capisce e comprende tutto. So che il film è stato molto visto e che piacque molto.

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