“Tutti gli artisti sono gay. Possono essere velati o dichiarati” spiegava nel 2007 al Corriere della Sera il grande fotografo di moda Gian Paolo Barbieri. “Gauguin era etero, eppure davanti al ragazzo che lo conduce verso un panorama da ritrarre si sente turbato”.
“La bellezza? Una promessa di felicità”. Cita invece Stendhal quando gli si chiede che cos’è per lui ciò che il suo magico obiettivo, nella sua folgorante carriera, è riuscito a catturare da un generoso posato di Sofia Loren in pelliccia, un ampio cappuccio nero da cui spunta il delicato volto di Audrey Hepburn, una Bellucci provocante in lingerie con sigaretta e mani languide su spallina e coscia (per Dolce & Gabbana). Milanese, tre quarti di secolo ben portati, Gian Paolo Barbieri ha un ‘insospettabile’ passato da attore: due anni di scuola alla Filodrammatici e poi l’avventura teatrale, con due amici, nella compagnia “Il Trio” per poi conoscere Luchino Visconti e avere un piccolo ruolo da figurante nella Medea con Sara Ferrati e Memo Benassi.
Ma la passione per le fotografia stava già germinando, perché quando tornava a casa dal teatro o dal cinema cercava di ricreare in cantina quelle luci avvolgenti che creavano l’incanto intorno ai volti di Marlon Brando e Ava Gardner. Da completo autodidatta è diventato così uno dei più apprezzati fotoreporter di moda, firmando la prima copertina di Vogue Italia nel 1965 e inventandosi sfondi esotici in studio utilizzando per esempio il semolino per ricreare la sabbia di una spiaggia tropicale dietro le curve mozzafiato di Veruschka e delle altre modelle top di allora, lavorando poi per Armani, Valentino, Ferrè, Versace.
È possibile scoprire i suoi più intriganti nudi maschili nella mostra “Dark Memories” allestita fino al 20 giugno a Milano presso Sotheby’s, a Palazzo Broggi. Cinquanta foto selezionatissime, seducenti forme di classicità ellenica, muscoli guizzanti di virilità dominante che non possono non far pensare a Mapplethorpe anche per l’accostamento con altere orchidee ed esotiche calle. Ma si può cogliere anche un côté più ombroso, quasi fetish alla Lovett-Codagnone, nella sodomia brutale, fortemente erotizzata, della bellissima “Fuck Taboo” o più ammorbidita e naturalistica nei nudi realizzati per uno dei tre libri della trilogia sul mare, “Equator” dove il corpo maschile sostiene come trofei squali e razze o è avvolto sinuosamente da giganteschi polpi che sembrano una seconda pelle.
“I nudi di Barbieri risultano naturali, immediati, reali, gioiosi, in una purezza e semplicità sconvolgente – spiega nell’introduzione al catalogo Skira il professor Maurizio Rabuzzini che l’ha curato insieme al collezionista Nikolaos Velissiotis -. Così la serie di nudi “Dark Memories” è un inno a questa esuberanza di natura in tutte le sue forme. Senza falsi pudori, senza paure di banalità, giocando con la felicità e innocenza di un bambino sopra quella esile linea rossa che non ha mai diviso, con un taglio deciso, l’arte cosiddetta pura da quella inquinata, la poesia dalla volgarità, il sacro dal profano”.
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