L’apertura è arrivata nella serata di ieri, quando il presidente delle Filippine era a Davao, sua città natale.
Nel corso di una manifestazione della comunità LGBT a Davao, sua città natale, il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte ha sorpreso tutti prendendo la parola e dichiarando: “Sono favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Il problema è che bisogna cambiare la legge. Ma noi possiamo farlo”. Ha incoraggiato quindi la comunità a nominare uno o più rappresentanti che possano prendere parte ai lavori del governo per attuare la riforma: a tal proposito verrà istituita una commissione apposita. Harry Roque, portavoce presidenziale, ha spiegato in un comunicato: “Noi non facciamo distinzioni, siamo tutti filippini che godono di diritti, libertà e uguaglianza di fronte alla legge”.
Un autentico passo indietro rispetto a quanto dichiarato in precedenza dallo stesso Duterte, che dopo aver promesso l’istituzione di unioni omosessuali ai tempi della campagna elettorale, aveva ritrattato tutto a più riprese.
Sorprende l’apertura in materia da parte di un presidente sanguinario, che dallo scorso anno sta conducendo una serrata guerra alla droga, con migliaia di esecuzioni extragiudiziali e di morti sul capo (10.000 secondo numerose organizzazioni internazionali, neanche 4000 secondo le stime della polizia). I minorenni uccisi brutalmente sarebbero 60. Amnesty International ha invitato negli scorsi giorni il Tribunale penale internazionale dell’Aja a aprire urgentemente un’indagine preliminare su crimini contro l’umanità.
Un sondaggio del 2014 rileva che il 73% dei filippini ritiene che l’omosessualità dovrebbe essere accettata.
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