‘GAY, NON VI GHETTIZZATE’

Serra Yilmaz, la 'fata' di Ozpetek, si confessa: la sua amicizia con Ferzan, il teatro, il rapporto con la chiesa. E sui gay: 'mica tutti sensibili, ci sono anche quelli stronzi!'.

'GAY, NON VI GHETTIZZATE' - Serra Yilmaz 3 - Gay.it
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TORINO – Sembra davvero un bizzarro incrocio tra un piccolo elfo e una fatina buona, con quei capelli azzurri che le danno un’aria insolitamente sbarazzina e quegli occhi grandi e attenti pronti a cogliere ogni sfumatura. Stiamo parlando di Serra Yilmaz, musa e conterranea di Ferzan Ozpetek, l’unica attrice turca ad avere una certa notorietà anche in Italia. La incontriamo in occasione del XX Festival Gay ‘Da Sodoma a Hollywood’ dove Serra era in giuria.
È la prima volta che viene a Torino?

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Sì, ma non sono riuscita a visitarla sia per mancanza di tempo per i film che devo vedere, sia per il maltempo: non ho piacere a passeggiare per la città non essendo attrezzata per la pioggia.
Vive in Italia ora?
No, ci vengo spesso ma vivo a Istanbul.
Parla benissimo italiano, complimenti!

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L’ho imparato senza mai studiarlo da amici italiani che vivevano in Turchia e che ho conosciuto quando avevo undici anni. Sono venuta poi in Italia per lavorare con Ferzan.
Il lavoro da giurata le piace?
Sì, mi piace molto. È come una vacanza: il mio unico compito è vedere film senza alcun senso di colpa, poiché non ho altro da fare.
Una curiosità: le famose polpette de ‘Le fate ignoranti’ le aveva fatte lei?
No, le polpette sono una ricetta di Gianni Romoli e le aveva fatte lui. Le ho mangiate e posso affermare che erano molto buone!
Come ha conosciuto Ferzan?

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L’ho conosciuto a Strasburgo nel dicembre del ’97 per una rassegna di cinema turco. Lui ci era andato per presentare ‘Hamam – il bagno turco’ per sole 24 ore. Un incontro voluto dal destino, evidentemente doveva capitare.
‘Le fate ignoranti’ era il suo primo film a tematica gay?
No, perché nel film che mi ha lanciato in Turchia, ‘Albergo Madrepatria’ (di Ömer Kavur, n.d.r.), una pellicola bellissima che è entrata nella storia del cinema turco, presentata a Venezia, non c’è un vero e proprio rapporto omosessuale ma è la storia di un uomo che diventa progressivamente schizofrenico, non riesce a comunicare e ha un rapporto con un giovane ragazzo. È un film che amo molto.
Com’era il clima sul set delle Fate?

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Eccezionale. Ci siamo divertiti tanto, abbiamo tutti un gran bel ricordo, era davvero un ‘set mitico’. Sono stati momenti di grande allegria e felicità, molto solari anche perché abbiamo girato d’estate, tra luglio e agosto.
Come si trova col metodo di lavoro di Ferzan e le sue ‘letture a freddo’ del copione?
Con ogni regista si stabilisce un rapporto particolare. Tra me e Ferzan c’è un rapporto molto forte che va al di là del set perché in effetti ormai siamo diventati amici e non solo collaboratori. Non siamo solo amici ‘puntuali’, lui è molto presente nella mia vita e credo che abbia anche dei difetti – che non dico, sono troppo intimi! – ma uno dei grandi pregi è che ama moltissimo i suoi attori e anche attraverso lo schermo ti rendi poi conto di quanto ti ama. Con ogni attore usa un metodo diverso, molto intuitivo, perché ognuno funziona a modo suo. Nel mio caso mi fa lavorare tanto sulla provocazione, è sempre una grossa sfida del genere ‘vediamo se ce la fa’ ma con me funziona. Io lo apprezzo molto, è forte nella direzione degli attori. Fare cinema significa vivere in un microcosmo chiuso, in cui vivi blindato insieme all’équipe e spesso finito un film non riesco ad adattarmi alla vita quotidiana perché girare è stata un’esperienza troppo intensa.
E sul set de ‘La finestra di fronte’ come è andata? Il rapporto con Girotti?

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Il set de ‘La finestra di fronte’ era diverso, la stagione era diversa e il set era molto più melanconico, non c’era la gioia che c’era ne ‘Le fate ignoranti’. Conservo un ricordo piacevole di Massimo, era un uomo discreto ma molto presente e la sua presenza era assai delicata con gli altri. Poi si è ammalato e vederlo sofferente mi ha commosso.
Come mai Ferzan non l’ha scelta per ‘Cuore sacro’?
Ho fatto una fiction per la tv con Maurizio Ponzi che si chiama ‘E poi c’è Filippo’ che uscirà a metà maggio e non avrei comunque potuto. Questo certo non compromette la nostra amicizia.
E il suo ruolo in ‘Vaniglia e cioccolato’?
Sono rimasta piacevolmente impressionata dall’insistenza con cui Ciro mi voleva. E’ una persona veramente molto piacevole, molto elegante, mi sono trovata molto bene sul set. Tra l’altro quando ho letto la sceneggiatura non riuscivo a capire quale parte mi avrebbe proposto perché per alcuni ruoli ero troppo giovane e per altri troppo anziana. Alla fine mi ha fatto fare una parrucca apposta per interpretare la nonna di Maria Grazia Cucinotta, una parte che non mi aspettavo. Ma con lei non avevo scene in comune.
E la sua carriera teatrale procede parallelamente al cinema?

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Quest’inverno ho recitato a Firenze in uno spettacolo che si chiama ‘L’ultimo harem’, nato da un’idea del regista Angelo Savelli del Teatro dei Ricordi. Parla dell’ultima notte di un harem, poi diventa una fiaba delle Mille e una Notte e finisce con due racconti dal titolo ‘Montecristo’ e ‘La via dei sogni’ che il regista ha mescolato: il primo parla di una casalinga che decide di scavare un tunnel nello sgabuzzino di casa sua e si ritrova in quello del vicino trasformato in una camera oscura e vive un amore con quest’uomo. La particolarità dello spettacolo è che il pubblico è seduto con noi sul palco e per questo motivo abbiamo avuto problemi di spazio. L’abbiamo anche recitato in Turchia in italiano e lo riprendiamo ad ottobre per un mese sempre a Firenze.
Tra teatro e cinema che cosa preferisce?
Mi piacciono entrambi ma ho un debole per il cinema: il momento del set è più forte, più intenso.
Noi la conosciamo per ruoli da buona, le hanno proposto ruoli opposti?
Sì, in un film turco che ha vinto molti premi, ‘Nove’ (di Umit Unal, n.d.r.), primo lungometraggio girato in alta definizione e poi trasferito su pellicola, che parla di una giovane ragazza ebrea senza tetto che viene massacrata. Sette personaggi sono coinvolti in questa storia e vengono interrogati: io sono la madre dell’assassino, la principale sospettata. Col regista abbiamo un altro progetto ambientato a Londra in cui interpreterò la parte di un serial killer.
I suoi rapporti col mondo gay?
Ho molti amici gay ma è un caso: non sono miei amici perché sono omosessuali. Non credo poi al fatto che i gay siano più sensibili, ci sono anche quelli stronzi! Ho notato che in Italia i gay rimangono molto tra i gay, c’è una tendenza all’autoghettizzazione. In Turchia non tanto, gli ambienti sono più misti, c’è più apertura.
Il suo film gay preferito?
Mi era piaciuto moltissimo ‘Boys Don’t Cry’, lo trovo molto emozionante.
Che cosa pensa delle dichiarazioni di Ratzinger contro l’ammissione della Turchia nella Comunità Europea?
Sono contro il potere religioso, sono molto spaventata da questa Chiesa, dal suo potere. L’Italia non è un paese laico come per esempio la Francia. Nella televisione francese si ironizza molto su Ratzinger, in Italia non farebbero passare trasmissioni così radicali. L’integralismo cattolico mi sciocca come l’integralismo islamico.
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