Dai vari festival italiani a tematica glbt, l’innovativo Gender Bender diretto da Daniele Del Pozzo e arrivato alla quinta edizione (30 ottobre – 4 novembre) si differenzia innanzitutto per l’ecletticità – cinema, teatro, danza, musica – ma anche per l’approccio ‘overcrossing’ che confronta e analizza l’evoluzione del genere identitario da un punto di vista prettamente artistico. «Un’edizione color vento, molto performativa» la definisce Del Pozzo. «È il movimento il denominatore comune di quest’anno e la nostra Hitler del manifesto dimostra che possiamo immaginarci un’altra storia possibile, a partire dall’identità di genere e di orientamento sessuale. Se avesse indossato altri abiti avrebbe potuto cambiare il corso del tempo».
Nel fitto programma spiccano alcune perle decisamente preziose unite da un filo beige anziché rosso, ossia il tema ricorrente del corpo nudo: innanzitutto uno sguardo al passato con la stimolante rassegna d’arti visive The Sissy Avantgarde divisa in cinque aree tematiche (Body Art, Drag, Politica, Ecstasy for Everyone e Skin) che presenta film e documentari underground degli anni ’60 e ’70, vere pietre miliari per la liberazione sessuale, come dice Del Pozzo «capaci di immaginare una nuova storia, un nuovo modo di vivere le relazioni, la società e la cultura» – Yoko Ono/John Lennon, Kusama, Nauman – in connessione con personalità di quegli anni filtrate dalla tv americana: Genet non ammesso negli Usa, Warhol ferito da Valerie Solanas, Golda Meir rivisitata dal gruppo drag delle ‘Cockettes’, ecc. Tra le opere italiane emerge Transfert per camera verso Virulentia di Alberto Grifi dedicato al teatro di Aldo Braibanti, condannato a nove anni di carcere per plagio dopo la denuncia della famiglia del ventiduenne con cui conviveva.
Tra i film presentati, assolutamente da non perdere RARA di Sylvano Bussotti, «artista che meglio incarna la trasversalità di Gender Bender», collage surreale di ‘ritratti filmati’ dedicati a celebrities quali Laura Betti, Dacia Maraini, Dario Bellezza, Giancarlo Nanni e gli attori del Living Theatre; il bellissimo e struggente Avant que j’oublie (bel colpo, bravi!) di Jacques Nolot, opera ‘definitiva’ sulla terza età gay; il provocatorio Seven Easy Pieces di Marina Abramovic che già ci aveva deliziato con l’erotico Balkan Erotic Epic del sopravvalutato
Restricted (noi continuiamo a pensare che oltre alla Abramovic si salva solo l’accoppiamento maschio con cipollone nel sedere + trattore in funzione nell’inclassificabile Hoist – Montacarichi – del sempre grande Matthew Barney). Tra le chicche da recuperare, l’algebrico Palindromes di Todd Solondz e il documentario Jack Smith and the destruction of Atlantis di Mary Jordan già premiato al Togay.
Nella sezione ‘Teatro e Danza’ potrebbe intrigare Frans Poelstra, his dramaturg and Bach, omaggio nature alle variazioni di Goldberg con commento di Robert Steijn, drammaturgo ufficiale di Poelstra. L’elegante Gennaro Cosmo Parlato illumina invece Musica & Party alle Officine Minganti mercoledì 31 ottobre. Sempre lo stesso giorno, la finalista del Booker Prize Sarah Waters (Tipping the Velvet, Turno di notte) sarà protagonista di un’attesa lezione nell’Aula Magna di Santa Cristina.
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