Grazie, Cadinot!

All'età di 64 anni, s'è spento Jean Daniel Cadinot. Maestro indiscusso dell'erotismo gay, a lui si devono le prime fotografie e i primi film omoerotici europei. A lui si ispirano i maggiori registi.

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La notizia rimbalza da qualche giorno sui quotidiani francesi e non solo, per non parlare dei blog di mezzo mondo. Il 23 aprile è morto, a seguito di un arresto cardiaco, il regista Jean Daniel Cadinot. Aveva solo 64 anni e da 28 era uno dei maestri indiscussi della pornografia e dell’erotismo gay. La sua storia inizia quando, appena diciassettenne, lascia la sua famiglia per seguire i propri sogni e vivere liberamente la propria omosessualità (di cui diceva di essere consapevole da quando di anni ne aveva 12!). Voleva diventare pittore, ma strada facendo si è appassionato alla fotografia e al cinema, collaborando con vari registi mainstream. Il suo sogno, però, era di usare questi mezzi per dare forma ai suoi desideri e trasformarli in una forma d’arte. Nel 1978 aveva già pubblicato 16 libri di foto erotiche, prettamente per i collezionisti, ma questo non gli bastava: nel 1980 fonda una sua casa di produzione, la French Art, e inizia a realizzare i suoi film in 16mm (con lo pseudonimo di Tony Dark). 

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In Europa non esisteva niente di simile, e le produzioni statunitensi – che per altro avevano standard molto lontani dalla sensibilità del vecchio continente – erano molto difficili da reperire. Anche quando la situazione cambiò, grazie al boom dei videoregistratori, i film di Cadinot si potevano facilmente distinguere per la cura della fotografia, dei soggetti e per l’evidente intenzione di proporre emozioni erotiche piuttosto che filmare semplici rapporti sessuali. I meriti di Cadinot sono stati molteplici. Coi suoi film ha dato una voce alla realtà gay europea, con i suoi cruising, i suoi collegi e le sue torbide realtà urbane, lontanissime dalle rappresentazioni del porno statunitense, tutto spiagge californiane e ville di lusso. I modelli di Cadinot sono sempre stati ragazzi della porta accanto, capaci soprattutto di comunicare sensazioni attraverso la loro sessualità, anche perché il regista costruiva intorno a loro vere e proprie storie, spesso molto drammatiche e ricche di pathos (cosa non semplice visto che non si trattava di attori professionisti). Probabilmente, se non ci fosse stato Cadinot, tanti altri registi non avrebbero seguito il suo esempio (da George Duroy a Michael Lucas, che ha iniziato proprio lavorando come modello in un film Cadinot), e oggi il mondo dell’hard gay sarebbe molto più squallido. 

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Lui definiva il suo cinema militante, e in effetti non gli si può dare torto: ambientando alcuni suoi film nei primi del ‘900 (con tanto di costumi e scenografie) è riuscito a legittimare storicamente il desiderio omoerotico del suo pubblico, per non parlare poi della sua passione per il mondo arabo: in diversi film ha affrontato il tabù dell’omosessualità nel Magreb, coinvolgendo una quantità impressionante di ragazzi nordafricani, per giunta nei loro paesi d’origine (a suo rischio e pericolo). Inoltre molti suoi film hanno affrontato temi come l’omofobia in famiglia, il coming-out e l’ipocrisia delle gerarchie religiose (tutti elementi che per lui avevano anche risvolti autobiografici), ma anche la gioia di scoprirsi gay e realizzare liberamente le proprie fantasie sessuali. Col passaggio al digitale il suo stile si fa più sintetico e commerciale, ma rimane comunque inconfondibile. Coi suoi oltre 60 film Cadinot ha segnato intere generazioni di gay, aiutandoli a rapportarsi con i loro desideri, con le loro paure e con le loro emozioni. Chi lo ha conosciuto diceva di lui che era un gentleman d’altri tempi, ed è stato tale fino all’ultimo: quando sentiva di essere prossimo alla morte ha scritto un messaggio per il suo blog ufficiale, in cui ringrazia il suo pubblico, confida di non avere rimpianti e spera di essere ricordato come una persona piena d’amore. Di certo ci mancherà il suo modo di interpretare l’erotismo gay.

di Valeriano Elfodiluce

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