IN ITALIA 5 MILIONI DI GAY

Il Rapporto Eurispes Italia 2003 dedica un'ampia scheda alla situazione degli omosessuali nel nostro Paese. "Un passo in avanti" dice Grillini e Lo Giudice conferma: "il nemico è la disinformazione"

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ROMA – Sarebbero circa cinque milioni gli omosessuali in Italia, ovvero un italiano su dieci, e oggi dichiara la propria identità sessuale più presto che in passato. Anche di loro parla il “Rapporto Italia 2003” dell’Eurispes, presentato oggi a Roma, che traccia un ritratto aggiornato e efficace della società italiana. E’ la prima volta che la comunità omosessuale entra a far parte di questo “ritratto”, anche se l’Eurispes ha il merito di aver svolto nel 1989 la prima grande ricerca sui gay in Italia. E questo di per sè è già un dato significativo: «Il fatto che la questione omosessuale sia trattata anche in un rapporto di questa importanza – commenta Franco Grillini, deputato Ds e presidente onorario Arcigay – sia dal punto di vista del nucleo familiare, che del mercato, di quello politico come del ruolo sociale, è un dato rilevante. Nel passato c’è stata grande omertà in questo senso».
«Il principale nemico degli omosessuali è l’ignoranza e la disinformazione – commenta Sergio Lo Giudice, presidente nazionale Arcigay – Mi auguro che adesso più persone si sentano spinte a interrogarsi sul fenomeno dell’omosessualità».
Ma diamo un’occhiata ai dati contenuti nel Rapporto Italia 2003: il primo dato che saltà all’occhio è quello relativo alle nuove generazioni. Si è abbassata notevolmente sia l’età della ‘consapevolezza’ della propria omosessualità che l’età del cosiddetto ‘coming out’, cioè l’aperta dichiarazione delle proprie tendenze sessuali, entrambe scese per la metà dei soggetti ai 14-19 anni. Inoltre, se negli anni ’70 l’omosessualità era interpretata come una normale espressione della sessualità solo dal 20% degli intervistati, nel 2001 questa percentuale è salita al 45%, e diventa addirittura del 60% se la domanda viene rivolta ai giovani tra i 16 e i 19 anni. «Un datop che trova conferma nella nostra esperienza – commenta anche Massimo mazzotta, presidente del Circolo Mario Mieli di Roma – sia nei locali che nell’associazione, aumenta il numero di giovanissimi, e questo non può che farci piacere».
«E’ un chiaro segnale che soprattutto nelle nuove generazioni è stato superato il pregiudizio antigay – dichiara ancora Grillini – Sono queste generazioni che vivono in maniera più diretta il clima di distensione della società che si è creato anche grazie alla visibilità otttenuta dagli omosessuali con l’attivismo gay. Una visibilità che ha prodotto un abbassamento dell’età del coming out, che, a sua volta, ha reso molto più facile per un adolescente incontrare tra i suoi amici e conoscenti un ragazzo o una ragazza omosessuale. E, si sa, il contatto diretto personale fa in modo che molti pregiudizi cadano naturalmente».
Sorprende leggere che al coming out dei figli reagiscono negativamente il 35% dei padri e il 45% delle madri. «Probabilmente questo dato risente del fatto che nella maggior parte dei casi il coming out viene fatto alla madre – sostiene Lo Giudice – D’altra parte, recentemente la ricerca analoga pubblicata da Barbagli evidenziava proprio come la madre sia ancora la figura di riferimento per molti gay».
Sul lato delle cattive notizie, occorre dire che i pregiudizi negativi non sono ancora cancellati, come dimostrano indirettamente anche i 111 omicidi di omosessuali avvenuti nell’ultimo decennio. «Questo è dovuto anche al fatto che non c’è prevenzione dell’omofobia – afferma Mazzotta – Una legge antidiscriminazione in Italia non c’è, e questo non può che alimentare le spinte intolleranti e anche violente».
Negli ultimi dieci anni, però, sono raddoppiate le associazioni gay in Italia, passate da 46 a 93. Permane un netto divario fra Nord e Sud, come pure fra la provincia e la grande città (nel Sud e nelle Isole esistono solo 19 locali omosessuali, contro i 119 presenti al Centro ed al Nord). Bologna, Roma e Milano sono dei punti di riferimento per chi arriva dalla provincia o dal Sud. Bologna si distingue per il clima di apertura e tolleranza, mentre Milano ha il maggior numero di locali gay, seguita da Roma; qui gli aspetti commerciali prevalgono su quelli politici e sociali, il movimento gay è infatti, secondo la ricerca Eurispes, un po’ meno vivo. «Mi dispiace – afferma Massimo Mazzotta – che ci siano delle città in cui prevalgono le attività di tipo comerciale. I diritti purtroppo passano dalle rivendicazioni positiche e dai palazzi, non dalle situazioni di divertimento».

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