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“La Consulta dica a mio figlio che anch’io sono sua madre”: domani Giulia e Denise potrebbero fare la storia delle famiglie arcobaleno

E’ attesa per mercoledì l’attesissima sentenza della Corte Costituzionale sul ‘caso’ di Giulia e Denise, mamme di un bimbo che per lo Stato italiano ha una sola madre. E non due.

"La Consulta dica a mio figlio che anch'io sono sua madre": domani Giulia e Denise potrebbero fare la storia delle famiglie arcobaleno - Giulia Garofalo Geymonat Denise Rinehart - Gay.it
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Giulia Garofalo Geymonat, 41 anni, è una ricercatrice di sociologia che nel 2014 ha sposato l’amata Denise Rinehart, 46enne. Le due donne sono diventate mamme 4 anni or sono di Paolo, nome di fantasia, nato a Pontedera. A partorirlo Denise, ad oggi considerata la sua unica vera mamma nel Bel Paese. Assistite dall’avvocato Alexander Schuster, Giulia e Denise potrebbero fare giurisprudenza nella giornata di domani, quando la Corte Costituzionale, per la prima volta in Italia, dovrà dare una risposta definitiva alla richiesta di Giulia, madre ‘intenzionale’, di essere iscritta nel certificato di nascita del figlio.

Sono la mamma di un bambino meraviglioso che ho cullato e tenuto in braccio dal primo istante di vita, eppure per la legge italiana non esisto. Denise e io ci amiamo, siamo una coppia salda, siamo mamma Didi e mamma Giulia. Esisto per le maestre del nido, per il pediatra, per i genitori degli amichetti, ma per lo Stato no, sono un fantasma senza diritti né doveri verso un figlio che ho voluto e desiderato, esattamente come mia moglie che lo ha partorito.

Parole, quelle di Giulia, riportate da LaRepubblica in una lunga e accorata intervista rilasciata a Maria Novella De Luca. “Se la Consulta dichiarerà incostituzionale le norme che mi impediscono di riconoscere il mio bambino“, continua la mamma,avremo vinto non solo per Paolo ma per tutti i figli delle coppie omosessuali che in Italia sono ancora senza diritti. E finalmente mi sentirò sicura per il futuro di Paolo. Sposatesi in America, le due donne hanno deciso di tornare, perché “per noi l’Italia vuol dire effetti, relazioni, appartenenza. A Pisa c’è la casa in cui sono cresciuta, con la mia famiglia allargata. A Pisa le maestre del nido sono state bravissime, Paolo non ha mai subito discriminazioni. Anche se la paura c’è”. Ancora una volta netto lo stacco tra la società civile e la politica, le istituzioni, lontane dal Paese reale.

Appena Paolo è nato abbiamo chiesto al comune di Pisa di iscrivere anche me sul suo certificato di nascita. In America siamo sposate, lì Paolo sarebbe stato ritenuto figlio di entrambe. Ma l’ufficiale di anagrafe ha detto di no, sostenendo che l’Italia non prevede la presenza di due persone dello stesso sesso sull’atto di nascita. Adesso la Corte costituzionale dovrà dire se, anche in armonia con la legge dell’Illinois dove ci siamo sposate, posso essere per la legge la mamma di Paolo. Quel bimbo, cioè, che era già mio figlio quando cresceva nella pancia di Denise, mio figlio dal primo istante di vita.

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