Cosa vuol dire essere membri della comunità LGBT in Armenia, piccolissimo Stato eurasiatico confinante con Georgia, Turchia, Azerbaijan e Iran? Nel 2003 avevamo riportato, qui su Gay.it, la notizia dell’agognata legalizzazione dell’omosessualità nel Paese: a distanza di quasi quindici anni, cosa è cambiato?
Lo scorso maggio sono stati installati nel centro di Jerevan, la capitale, alcuni cartelloni per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dei diritti LGBT: “Auguri a tutti la felicità? Augurala anche a noi”. Un altro recava lo slogan “Li incontri ogni giorno” con chiaro riferimento al mondo del lavoro, altri ancora raffiguravano due omosessuali stretti in un abbraccio o il mondo transessuale. I poster, parte di un progetto portato avanti dalla Deem Communications in collaborazione con la ONG Pink nell’ambito di un programma finanziato dall’Ue specificamente per Armenia e Georgia, sono stati prontamente rimossi dal Comune in quanto non autorizzati.
A che punto siamo? L’omosessualità, come dicevamo, è stata depenalizzata solo nel 2003 in Armenia (in ritardo di tre anni rispetto all’Azerbaijan e alla Georgia). Essere gay in Armenia non è più un crimine, ma persiste una società fortemente ostile e conservatrice. Nel 2016 l’IWPR (Institute for War and Peace Reporting) ha pubblicato un’intervista ad alcuni giovani LGBT armeni: in molti hanno lamentato l’assenza di idonei luoghi di svago, a Jerevan come nelle cittadine più piccole come Gyumri e Vanadzor, incastrate come tutta l’Armenia tra le montagne.
Nel corso del 2016 la sopracitata ONG Pink ha pubblicato alcune ricerche sulle opinioni della società armena sui diritti LGBT: il 93,8% ha affermato di non voler vedere coppie omosessuali che si tengono per mano in pubblico, il 97,5% ritiene sgradevoli eventuali baci.
Il cammino è ancora lungo.
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