A distanza di due giorni dal successo all’Isola dei famosi dell’ex deputata transgender Vladimir Luxuria divide la sinistra, che se le suona dalle pagine dei quotidiani. Per Fausto Bertinotti, intervistato dal Riformista, "ha vinto Vladimir perché è quella persona lì e non perché è transgender e comunista". Insomma, "non è una vittoria di partito o della sinistra, ma solo sua".
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Ma la trionfatrice del reality di Raidue la pensa diversamente: «Ho vinto i pregiudizi – sottolinea in una intervista a Repubblica – anche il pregiudizio della provenienza politica». Poi conferma: «Non mi ricandiderò alle europee. Si può continuare a fare politica da un giornale o da una radio". Il quotidiano del Prc Liberazione la celebra anche oggi su due pagine.
In una intervista, l’ex parlamentare confida la sua amarezza per le critiche ricevute: «A volte si è andati al di là, c’è stato veleno. Addirittura mi sono state addebitate sconfitte non mie». Liberazione parla di «duello epico» con Belen Rodriguez e di risultato che «strepitosamente spariglia tutte le carte».
In un commento Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay, ringrazia Luxuria: "hai reso un grande servigio – scrive – non solo alle persone lgbt (lesbiche gay bisessuali e transessuali, ndr) di questo Paese, ma in generale a chi pensa che libertà e civiltà siano valori connessi, imprescindibili per cambiare l’Italia".
Stroncatura invece dal Manifesto, l’altro quotidiano comunista: in un commento intitolato ‘Il naufragio di Vladimir’, la critica tv Norma Rangeri liquida il successo televisivo con parole senza appello. "La sua – scrive – è la classica vittoria di Pirro, il successo di chi alza la coppa del trionfo come se fosse la bandiera rossa del transgender mentre in realtà sventola le mutande di Valeria Marini (messe come fascia per i capelli) nella pantomima che la incorona per meglio annullarne l’identità".
Dalle pagine del suo blog, il giornalista Pierluigi Diaco commenta il successo di Vladimir Luxuria con queste parole: «Ho molti dubbi sul significato che Luxuria ha attribuito a questa vittoria squisitamente di "sapore" televisivo (vincere un reality non è paragonabile, di certo, ad una "dolce rivoluzione culturale").» Il motivo presto detto: «Come è noto, molti diritti sono indiscutibilmente ancora negati.» All’esibizione della propria sessualità Diaco preferirebbe più riservatezza: «Credo che il "Gay Militante" – scrive il giornalista – abbia perso oggi gran parte del suo significato e della sua utilità: l’esibizionismo della sessualità è stata una grande occasione che ha segnato un pezzo fondamentale della storia del movimento omosessuale in tutta Europa. Ora i gay hanno un nuovo diritto da conquistare: il diritto alla privacy. Ovvero, il diritto (anche degli omosessuali) alla sobrietà, alla riservatezza, al pudore. Il diritto (anche per gli omosessuali) di vivere liberi e sereni, sottraendosi al "dovere" di dichiararsi in pubblico. E soprattutto in tv. La sessualità – conclude Diaco – non è una patente da esibire, ma una caratteristica della propria personalità».
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