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Omosessualità e genetica? Gli studi smentiscono ogni correlazione

Uno studio basato su più di 408mila uomini e donne britannici nega ogni punto d’incontro. Ma il dibattito è più complesso di quanto sembra.

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C’è correlazione tra omosessualità e dati genetici? La risposta è no, ma molto più complessa di quanto sembra.

Se n’è occupato un gruppo di ricerca internazionale, includendo membri del Broad Institute del Massachusetts Institute of Technology e dell’Università di Harvard, che basandosi sui dati genetici di oltre 500mila persone ha rilevato che i geni influiscono solo parzialmente sull’omosessualità, e ampia parte dipende da fattori ambientali. Il gruppo di ricercatori – tra cui Andrea Ganna, ricercatore italiano tra le prime firme dell’articolo su Science che ne ha condiviso i dati – si è affidato all’associazione “genome-wide“, studiando i punti di contatto nel DNA di persone che avevano fatto sesso o provavano per lo stesso genere: il risultato rileva che l’influenza è meno dell’1%.

Rispetto i precedenti studi, la nuova ricerca ha preso sotto esame più di 408mila individui, tra cui anche un’ampia fetta di donne britanniche tra i 40 e i 69 anni, insieme a 70mila test genetici 23andMe. Tuttavia, tenendo fuori persone transgender o di origine europea, lo studio presenta ancora i suoi limiti, nonostante i notevoli passi in avanti. Il Broad Institute ha condiviso svariate riflessioni sul valore etico dell’intera ricerca, consultando più associazioni LGBTQIA+, e aprendo un dibattito ancora più complesso e delicato: numerosi scienziati appartenenti alla comunità LGBTQIA+ temono che una ricerca del genere rischia di venir strumentalizzata e utilizzata a nostro svantaggio, dando pan per focaccia a chi ritiene che l’omosessualità resta “una scelta” che può essere modificata e “corretta” grazie a terapie riparative: “Come persona queer e come genetista, faccio fatica a capire perché fare uno studio di associazione genome-wide per il comportamento non-eterosessuale.” commenta il ricercatore Joe Vitti: “Nessuno mi ha ancora dato un’argomentazione convincente secondo cui i potenziali benefici di questo studio superino i suoi potenziali danni”.

La pensa diversamente Ben Neale, ricercatore del Broad Institute che ha definito lo studio necessario per smentire, una volta per tutte, la credenza che l’omosessualità sia dipendente dalla genetica, in modo da comunicare e condividere dei risultati accurati prima che il tema venisse affrontato da gruppi di ricerca meno preparati, con il rischio di danni peggiori. “Sfortunatamente penso che alcune persone fraintenderanno o rigireranno deliberatamente i nostri risultati” spiega Neale in una dichiarazione ufficiale “C’è una lunga storia di persone che hanno utilizzato i dati genetici a favore della propria fuorviante agenda“. Ma aggiunge: “Grazie alla scienza possiamo capire meglio chi siamo e non dovremmo avere paura della conoscenza“. Neale spiega che l’intero gruppo di ricerca ha voluto coinvolgere sin dall’inizio numerose organizzazioni diverse nel mondo che li hanno aiutato a riflettere sulla ricerca in sé, su quali parole utilizzare, e definire al meglio la natura di questo studio. “Non tutti ritengono che questo studio sia una buona idea, hanno manifestato preoccupazioni valide, e possiamo perfettamente capirlo” riporta il ricercatore, concludendo: “Abbiamo pensato che queste connessioni sarebbero state tirate fuori presto, in ogni caso, e che fosse importante che cercassimo di unire la scienza e la comunità in modo corretto”.

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