Ciao io sono Massimo ho 24 anni e vivo vicino a Pavia. Vi scrivo perchè ho un problema che mi sta distruggendo…
Ho sempre avuto un rapporto bellissimo con mia madre, un pochino meno con mio padre ma credo sia normale, ho anche due fratelli ai quali ero molto legato. Ero considerato il sensibile della famiglia quello più dolce che cercava di tenere unita tutta la famiglia… Ero un ragazzo perfetto che studiava andava in chiesa… Solo che mannaggia a me sono gay….
E 4 anni fa cioè a 20 anni l’ho detto ai miei genitori che poi mi hanno obbligato a dirlo ai miei fratelli. Da lì la mia vita è stata un incubo… Mia madre non mi parlava più, mio padre mi trattava male e mio fratello voleva addirittura spaccarmi la faccia. Nel giro di due ore il ragazzo perfetto è diventato un mostro…
Nel frattempo ho avuto una storia con un ragazzo di cui ero innamorato perso. Io, perchè lui non mi dimostrava affetto, mi chiedeva soldi e mi trattava male… Ne ho parlato con i miei per cercare comprensione e mi hanno detto che me lo meritavo… Col tempo ho imparato che l’unica soluzione era stare zitto e non parlarne più, infatti le cose andavano meglio ma non si sono mai appianate..
Ora non ce la faccio più a stare zitto: circa sei mesi fa ho riaffrontato il discorso ed è andata peggio… Sei mesi da incubo terribile. Mia madre mi insulta dicendo che gli faccio schifo e gli ho rovinato la vita, mio padre mi dice che sono una merda, mio fratello non mi parla se non per dirmi ‘spostati frocio di merda’… Ora siamo arrivati al limite… Dopo 6 anni nell’azienda di familia mi hanno cacciato e mi hanno detto che entro settembre devo trovare un lavoro e una casa perchè di froci in casa non ne vogliono… Mia madre non mi lava più i vestiti.. non mi stira più nulla… Solo insulti e umiliazioni…
Non so in tre anni quante volte ho fatto e disfatto la valigia… E poi rimango… Quante volte ho guardato la finestra e non sono saltato… Non ce la faccio piu sto morendo sto morendo dentro… Fino a che punto il bene per gli altri puo danneggiare noi stessi? Perchè non ho il coraggio di andare via?
Ho 24 anni una famiglia che mi odia una relazione disastrosa alle spalle… Sono stato in cura da una psicologa che mi ha detto che non poteva fare nulla per me ma dovevo rivolgermi a uno specialista… Sono matto? Se non lo sono credo lo diventerò… Ho paura di fare del male agli altri ma ho paura di fare male a me stesso…
A volte vorrei solo chiudere gli occhi e sperare che sia tutto finito…
Scusate lo sfogo grazie…
Massimo carissimo,
posso capire il tuo non poterne più!
Hai però tentennato troppo tempo prima di decidere che forse è meglio non disfare più la valigia: ma, mi dici tu, ora, oltre alle continue umiliazioni morali, c’è anche quella legata al mio futuro, alla mia sopravvivenza, quella del lavoro. (Apro qui una parentesi per dirti che forse è il caso di rivolgerti ad un avvocato per tutelare legalmente i tuoi interessi: i tuoi possono – e qui è da vedere – forse, con una giusta causa, cacciarti dall’ azienda. Ma quale giusta causa? Non possono farlo solo perché sei omosessuale. Sappi che a Milano c’è un sindacalista, Massimo Mariotti, della CGIL, che difende i lavoratori licenziati perché omosessuali).
La tua pena però è proprio la paura di fare soffrire i tuoi: non voglio chiederti "ma loro cosa stanno facendo con te?", ma ti chiedo solo di volere bene, in questo momento, soprattutto a te: ne hai proprio bisogno! Forse non ci riesci perché tu stesso ti senti ancora quel mostro nato in così breve tempo da una splendida ed adorata farfalla. Era solo la visione della bellezza di questa farfalla che permetteva di amarla, ma quando questa ha cercato la sua libertà e di farsi valere anche per altre specifiche caratteristiche, ecco che l’immagine meravigliosa si è eclissata.
Non penso che proprio nessuno della famiglia ti ami: penso che gli insegnamenti insistenti della chiesa abbiano lasciato profondi segni in tutti voi, anche in te. È veramente difficile scrollarseli di dosso. Ma il secondo fratello che fine ha fatto? Non potrebbe, visto che almeno non ti è nemico, darti una mano, starti vicino? Hai provato a parlargli a tu per tu? Comunque, prima di adire a vie legali – e, se le cose non cambiano, io lo farei, proprio almeno per la tua personale dignità e per la sicurezza, di cui hai estremamente bisogno, per il tuo futuro – prova a rivolgerti direttamente a noi genitori dell’AGEDO, chiedi un incontro, visto che a voce tutto è più facile da spiegare e da capire. C’è la sede a Milano dove puoi telefonare ogni giovedì dalle 14 alle 17, oppure lasciare un messaggio. Il tel è: 02 54122211.
Cercheremo di aiutarti. Intanto cercati veramente un lavoro simile a quello che hai sempre fatto: l’esperienza ti aiuterà a trovarlo prima e staccati da coloro di cui attualmente sei vittima, liberati, se ti è possibile da questo terribile ruolo, sii fiero di te stesso. Spero che tu abbia degli amici con cui confidarti. Ti consiglio intanto di contattare anche il CIG, a Milano, Via Bezzecca 3, luogo d’incontro di persone come te, che possono aiutarti.
Non ti ho detto nulla riguardo i tuoi: sono solo costernata, e nonostante gli anni in cui noi genitori dell’AGEDO ascoltiamo storie di dolore, ancora non riesco ad assuefarmi a tanta gratuita crudeltà. Penso semplicemente che la tua famiglia manchi totalmente delle informazioni più elementari sull’essere omosessuali e che, in buona fede, privilegi , nonostante l’affetto che hanno sempre nutrito verso di te, quello che forse in un piccolo paese, dove i pettegolezzi e i pregiudizi circolano alla velocità del suono e feriscono come una spada, viene scambiato come valore. Penso che con il tuo essere buono, disponibile tu abbia cercato di coprire la parte di te stesso che reputavi negativa. Ora sai che essere omosessuali è un’identità come tutte le altre, di cui devi essere fiero e di cui non ti devi vergognare.
Ti chiedo di iniziare almeno tu ad informarti e ad avere i primi contatti con altri come te, che non sono mostri.
Ti chiedo di vagliare attentamente quanto ti ho scritto, di pensarci su e di farti aiutare prima di prendere una decisione.
Ti sono vicina.
Con affetto
Una mamma dell’AGEDO
di AGEDO
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